Supportare l’autonomia delle madri sole e… CrescereInsieme. Contrastare la povertà educativa dei bambini da 0 a 6 anni, che vivono in famiglie monogenitoriali, è possibile accompagnando le loro madri nella costruzione di un futuro o nella ricerca di un lavoro e di una casa. Il progetto, finanziato dal bando di Con i Bambini, vede impegnata OASI ed altri 13 partner sul territorio della Regione Lazio

 

Crescere InsiemeAiutare i nuclei mamma-bambino accompagnando le madri nel raggiungimento dei propri obiettivi. Come? Collaborando con le strutture e i servizi sul territorio che si occupano di loro. Questa è la formula di #CrescereInsieme, il progetto che nei prossimi tre anni aiuterà centinaia di famiglie monogenitoriali (madri sole con bambini dai 0 ai 6 anni) che vivono nel Lazio.
Nella speranza di dare vita ad un sistema, una collaborazione permanente tra le organizzazioni che incontreremo, che semplificherà anche negli anni a venire la vita delle donne che si ritroveranno a crescere da sole, e in condizioni di difficoltà economica e sociale, i propri figli.

 

L’Esperienza con i nuclei mamma-bambino

L’esperienza accumulata in diversi anni insieme ai nostri partner, con progetti come Mam&Co, le ricerche sul territorio del Lazio e la mappatura delle strutture e dei servizi presentata insieme a Kairos, ci ha invitato ad intraprendere questa sfida. Sfida che non sarebbe stata realizzabile senza la fiducia accordata dall’Impresa sociale Con I Bambini e il supporto del fondo per il contrasto alla povertà educativa.
Esperienza che contraddistingue anche i partner di progetto, organizzazioni impegnate a Roma e nel Viterbese nella progettazione sociale o nella gestione di strutture e servizi che ospitano o assistono le famiglie in condizioni di disagio economico-sociale. Alcune di queste organizzazioni hanno anche dato vita alla Rete Mamma-Bambino del Lazio o l’hanno supportata con interventi di sistema.

 

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Come favorire l’autonomia delle famiglie?

CrescereInsieme è un progetto che prevede molte misure in favore delle famiglie composte da madri sole con bambini. Una molteplicità di soluzioni resa possibile dalla partecipazione di ben 14 partner con Kairos Cooperativa Sociale come capofila. Ti invitiamo a visitare lo spazio riservato al progetto sul sito Percorsi Con i Bambini, che raccoglie tutti i progetti nati dal fondo per il contrasto alla povertà educativa.


L’Agenzia per l’Autonomia aiuterà le madri nella ricerca del lavoro e di una casa. Lavorerà in stretta collaborazione con i servizi sociali, le strutture e le organizzazioni del Terzo Settore che ci segnaleranno le famiglie monogenitoriali da supportare. Progetti personalizzati guideranno le madri nella costruzione di un futuro stabile. Una condizione necessaria per permettere ai bambini di crescere pensando allo studio, al gioco e ad attività culturali e sportive. E alle madri di crescere insieme a loro.

 

Le mamme vanno aiutate anche nella vita di tutti i giorni, supportate psicologicamente o offrendo loro l’esperienza di altre famiglie. Per questo il progetto prevede anche la promozione di interventi di sostegno alla genitorialità, l’attivazione di reti di famiglie solidali e il consolidamento della Rete delle strutture e dei servizi per i nuclei mamma-bambino.

 

Parte #CrescereInsieme. Il comunicato che dà il via a 3 anni di progetto

Il Lazio è la regione con la più alta percentuale di nuclei familiari costituiti da mamme sole, 250.000 (Istat – Censimento 2011). Tra queste, diverse migliaia vivono in condizioni di povertà assoluta e di forte disagio per violenze subite, patologie psichiatriche e altri problemi. Mamme sole, con i loro figli, senza un lavoro, né una casa. Molte sono straniere, in fuga da situazioni di sfruttamento, prive di riferimenti e di reti parentali.

 

Secondo una recente ricerca (Oasi, 2016), nella regione si contano circa 50 strutture preposte all’accoglienza delle mamme con i loro bambini. Annualmente vengono accolte circa 550 donne e 700 bambini. Moltissimi altri nuclei ricevono supporto dai servizi sociali e dalle organizzazioni benefiche in diversi modi, dall’assistenza domiciliare al sostegno scolastico, fino all’aiuto materiale. Ma questo crescente impegno non basta. Uno dei problemi è il ritardo con cui questi nuclei sono individuati e presi in carico dai servizi territoriali, il che impedisce l’attivazione di interventi tempestivi per far fronte al disagio. Ciò ha conseguenze drammatiche sullo sviluppo del bambino, che assorbe anche inconsapevolmente i disagi della madre.

 

È questo il contesto da cui nasce il progetto #crescereinsieme, che unisce 14 organizzazioni con un’esperienza pluriennale sul campo, per migliorare l’efficacia e l’efficienza degli interventi a sostegno dei nuclei fragili mamma/bambino e contrastare la povertà educativa. Il progetto, finanziato dell’Impresa Sociale “Con i Bambini”, è partito lo scorso mese di maggio e ha una durata di tre anni.

 

FORMAZIONE PER OPERATORI: ECCO IL CICLO DI SEMINARI

Ecco i seminari del progetto #CrescereInsieme, che avranno luogo tra il 2018 e il 2021.

«Le difficoltà economiche, le difficili condizioni abitative, l’assenza di un lavoro e altri fattori personali e relazionali – spiega il responsabile del progetto Martino Rebonato, della cooperativa sociale Kairos, organizzazione capofila – possono ostacolare l’accesso ai servizi educativi per le mamme e per il loro piccoli. Il nostro progetto affronta i problemi della povertà educativa in un’ottica integrata e multidimensionale, favorendo il lavoro in rete tra i servizi sociali, le agenzie educative e le organizzazioni del terzo settore».

 

Il progetto intende soprattutto favorire l’autonomia delle mamme, offrendo loro nuove opportunità attraverso una serie di azioni tra loro strettamente collegate: un’agenzia per la ricerca della casa e del lavoro; interventi di sostegno alla genitorialità (visite domiciliari, supporto psicologico, promozione dell’allattamento materno, gruppi di mutuo-aiuto); attivazione di reti di famiglie solidali, che accompagnino le mamme nella loro quotidianità; consolidamento della Rete delle strutture e dei servizi per i nuclei vulnerabili mamma-bambino.

 

«Il modello di intervento che proponiamo mira alla costituzione di una comunità educante, in cui ciascuno faccia bene la sua parte. Dobbiamo essere consapevoli che il problema della monogenitorialità e della vulnerabilità sociale sono spesso interconnessi – sottolinea Salvatore Carbone, Portavoce della Rete delle strutture e dei servizi per nuclei vulnerabili mamme-bambino – e che il fenomeno delle mamme sole in condizioni di forte disagio sociale ha assunto una dimensione che non può più essere sottovalutata».

 

Comunitario è quindi l’approccio proposto dai promotori del progetto, 14 organizzazioni che hanno unito le forze e messo a disposizione le competenze ed esperienze maturate in anni di impegno: la cooperativa sociale Kairos, l’associazione OASI, Il Melograno Centro Informazione Maternità e Nascita, MYTANDEM Snc di Chiù Sara e Melandri Sabina, il Centro Italiano di Solidarietà don Mario Picchi, la cooperativa sociale Zoe, l’associazione Tutela Minori e Sostegno Adulti Fragili, il Consorzio Universitario Humanitas, l’Istituto Comprensivo Statale Via dei Sesami, l’associazione Ecococcole, l’Università LUMSA, l’associazione Romana Pro Juventute Tetto, l’associazione Rimettere le Ali, la cooperativa sociale La Nuova Arca.

Un partenariato forte e variegato, che sta già operando per costruire un sistema integrato di servizi innovativi e coordinati con i presidi socio educativi del territorio.

Per informazioni:

percorsiconibambini.it/crescereinsieme/facebook.com/Crescereinsieme.Progetto/

 

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A Viterbo, fino al 1 luglio, lo Slow Food Village 2018. E proprio nella serata conclusiva si parlerà de Il Mondo che Vogliamo: “Le sfide dell’agricoltura contadina, biologica, solidale: mercati, saperi, risorse” con la rete di aziende SolCare, Martino Rebonato e altri esperti

Martino Rebonato sarà il portavoce della rete SolCare allo Slow Food Village 2018Slow Food di Viterbo e Tuscia organizza anche quest’anno la manifestazione che porta un villaggio enogastronomico in città, dal 22 Giugno al 1 Luglio 2018. Quest’anno l’evento terminerà con una serie di eventi, tra i quali l’incontro Il Mondo che Vogliamo: “Le sfide dell’agricoltura contadina, biologica, solidale: mercati, saperi, risorse”.

 

Appuntamento con Alberto Valentini, presidente di Slow Food Viterbo e Tuscia, e Martino Rebonato di Kairos, cooperativa sociale che ha promosso la nascita di SolCare, rete di aziende della Tuscia che hanno unito l’agricoltura al sociale.

 

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Slow Food Village 2018: 22 Giugno-1 Luglio

Slow Food Village i svolgerà in piazza dei Caduti (Sacrario), la più grande area pedonalizzata della città di Viterbo.
Il tema dello Slow Food Village per il 2018 è “Il cibo buono, pulito e giusto salva il mondo”, in linea con le indicazioni emerse dal Congresso in Cina di Slow Food International e con il tema promosso dal Ministero dei Beni Culturali e del Ministero delle Politiche agricole e Forestali dedicato all’Anno del cibo italiano. Una kermesse, quindi, rivolta a famiglie, produttori, enogastronomi, ristoratori, educatori e formatori, persone interessate al benessere alimentare e alla salute, ambientalisti, rappresentanti istituzionali, esponenti di associazioni datoriali, sindacali e culturali.

 

Dal punto di vista architettonico, così come avvenuto lo scorso anno, viene realizzato un villaggio ecogastronomico, in cui i visitatori possono passeggiare e sostare prendendo parte a oltre 150 appuntamenti in programma.

 

Si parla di Agricoltura contadina, biologica e solidale

Domenica 1 Luglio, ore 20.00, nell’area Arena avrà luogo l’incontro dal titolo 

IL MONDO CHE VOGLIAMO: “Le sfide dell’agricoltura contadina, biologica, solidale: mercati, saperi, risorse” 

Parteciperanno: Martino Rebonato, portavoce di SolCare; Andrea Spigoni, portavoce Fattorie di Solidali; Christian Cabrera,  portavoce del Movimento Terra Contadina; Alberto Valentini, presidente Slow Food Viterbo e Tuscia.

conduce Saverio Senni, docente Università della Tuscia-DAFNE

 

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I progetti per il contrasto alla povertà educativa stanno partendo in tutta Italia. L’impresa sociale Con I Bambini presenta il suo primo Bilancio di Missione, insieme a Fondazione Con il Sud. I due documenti sono navigabili online. E sono un invito programmatico: “Facciamo Squadra” per “L’Unico Azzardo Possibile”

Bilancio di Missione di Con I Bambini e Con il Sud166 progetti per il contrasto della povertà educativa sono stati già approvati. Tra questi, due vedranno protagonista anche Oasi e partiranno a breve.
240 mila minori interessati dalle iniziative finanziate dai 3 bandi dell’Impresa sociale Con I Bambini dedicati a tre diverse fasce d’età.

 

Il Bilancio di Missione di Con I Bambini è stato presentato il 6 giugno a Roma. Nella stessa occasione, è stato presentato anche quello dell’organizazzione-madre, la Fondazione Con il Sud. Vediamo come è andato il loro 2017.

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Coesione sociale e Reti di buone pratiche

Dai Bilanci di Missione esce fuori una visione del Paese che orientata a rafforzare percorsi di coesione sociale, valorizzando esperienze e reti di buone pratiche.
Due bilanci e due differenti metafore per comunicarli, ma stesso messaggio: la necessità di fare squadra come cifra di un cambiamento possibile, come modello di intervento nel contrastare il fenomeno della povertà educativa minorile in un caso: favorire lo sviluppo del nostro Sud nell’altro.

 

Carlo Borgomeo: “Si lavora insieme a famiglie, scuole e Terzo Settore”

“Sono i dati e le esperienze che ci indicano questa strada. O si lavora insieme, con i ragazzi, le famiglie, le scuole, il terzo settore, le fondazioni, le istituzioni, i territori o saremo ancora fermi ad attendere soluzioni che piovono dall’alto come è avvenuto storicamente per il Mezzogiorno, a lamentarci o rivendicare, a perdere i treni che passano. E al Sud, purtroppo ne passano pochi”.
“Dunque, occorre “giocarsi le carte giuste” capendo che puntare sul Sud è l’unico azzardo possibile, per riprendere lo slogan del bilancio della Fondazione.

 

Sul tema della povertà minorile – prosegue Borgomeo – vorremmo che il concetto di “comunità educante” fosse sdoganato e compreso anche dai non addetti ai lavori, dai ragazzi alle famiglie, dal mondo della comunicazione alle istituzioni locali, perché rappresenta una svolta necessaria per affrontare efficacemente il fenomeno”.

 

L’invito ai giornalisti, parte della comunità educante

A questo proposito, Con i Bambini ha rivolto un invito all’Ordine Nazionale dei Giornalisti a sentirsi parte della comunità educante, accettando una sfida culturale che coinvolge tutti coloro che hanno a cuore il contrasto alla povertà educativa e la crescita dei giovani: scuola, università, istituzioni, famiglie, ragazzi, società civile.
È stato avviato un dialogo con l’Ordine per immaginare percorsi comuni di sensibilizzazione.

Il primo Bilancio di Missione si Con i Bambini e il Bilancio di Missione di Fondazione Con il Sud sono entrambi

NAVIGABILI ONLINE

Dati in sintesi: le cifre

CON I BAMBINI: in meno di due anni ha promosso 3 bandi (uno ancora in fase di valutazione) interessando circa 20.000 organizzazioni tra terzo settore, istituti scolastici ed enti pubblici, 166 progetti approvati e 240.000 minori interessati, oltre 135,5 mln di euro erogati, complessivamente 360 mln di euro per tre anni per sostenere interventi sperimentali e di comunità grazie al Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile (nato nel 2016 da un accordo tra Fondazioni di origine bancaria, Forum Terzo Settore e Governo).
L’impresa sociale Con i Bambini è stata costituita nel giugno 2016 per attuare il Fondo ed è interamente partecipata dalla Fondazione CON IL SUD.

 

FONDAZIONE CON IL SUD: in undici anni 1.100 progetti sostenuti con oltre 191 mln di euro di risorse private, 6.000 organizzazioni coinvolte (80% Terzo settore e 20% enti pubblici e privati), oltre 320.000 “destinatari” diretti coinvolti (40% studenti), 8.000 collaborazioni tra non profit, pubblico e privato avviate nei territori, oltre 160 nuovi soggetti giuridici nati nell’ambito dei progetti.
Il 2017 si è 
chiuso con un avanzo di esercizio di circa 23 mln di euro e con un patrimonio netto di oltre 416 mln di euro. Per le attività 2018, a disposizione 17,5 mln di euro. La Fondazione è nata nel novembre 2006 dall’alleanza tra le fondazioni di origine bancaria e il mondo del terzo settore e del volontariato per promuovere percorsi di coesione sociale favorendo lo sviluppo del Sud Italia.

 

CON I BAMBINI: Facciamo Squadra

Per il suo primo Bilancio, Con i Bambini ha scelto la metafora calcistica e lo slogan “Facciamo squadra”, con una sintesi del breve percorso di missione racchiusa in un album di figurine, dove i giocatori sono i ragazzi, le scuole, le famiglie, le organizzazioni del terzo settore, le fondazioni, le istituzioni locali (la “comunità educante” dei territori) e le squadre i singoli progetti messi in campo. Tre campionati non competitivi, come i bandi (Prima Infanzia 0-6 anni, Adolescenza 11-17 anni, Nuove Generazioni 5-14 anni)la speranza di vedere tanti gol!

Consulta il documento

 

Buone pratiche da condividere e incentivare, anche attraverso la promozione di una riflessione su tre concetti che hanno un forte significato per il futuro dei nostri giovani e del paese: periferie, povertà educativa, comunità educante. Attorno a queste parole sono stati promossi la manifestazione nazionale itinerante #ConiBambini – Tutta un’altra storia, che ha fatto tappa in diverse città italiane per incontrare e ascoltare le comunità educanti, e l’omonimo contest letterario gratuito rivolto agli studenti delle scuole che ha visto in Giuria gli scrittori Carlo Lucarelli, Chiara Gamberale, Giovanni Tizian e Manuela Salvi.

 

A ottobre è previsto un evento finale per restituire quanto raccolto con un incontro aperto con istituzioni, promotori, scuole e ragazzi. Da oggi inoltre sarà possibile scoprire i progetti selezionati da Con i Bambini grazie al portale percorsiconibambini.it, il network delle buone pratiche, che nelle prossime settimane si popolerà di tanti blog quanti sono i progetti, per condividere idee e scoprire le storie di contrasto al fenomeno della povertà educativa.

 

CON IL SUD: L’Unico Azzardo Possibile

La Fondazione CON IL SUD per il suo decimo Bilancio di Missione si affida alla metafora del gioco delle carte con lo slogan “Con il Sud, l’unico azzardo possibile”, come sfida non solo del Mezzogiorno ma dell’intero paese. Non a caso l’immagine del poster che accompagna la sintesi di bilancio è la foto della celebre partita a carte tra Pertini, Bearzot, Zoff e Causio, con in primo piano la coppa appena vinta ai mondiali di Spagna ‘82 e la frase “Giochiamoci le carte giuste per l’Italia”.

Consulta il documento

 

Nonostante la vittoria del 2006, è quella l’impresa che resta più impressa nell’immaginario collettivo. Un tempo che forse oggi appare lontano, un Paese più unito, in cui le istituzioni godevano ancora dell’ampia fiducia degli italiani e che, con sacrificio e gioco di squadra, raggiungeva importanti risultati. La metafora delle carte giuste, con quella bella Coppa del mondo in primo piano, non vale soltanto per l’Italia del Calcio.

 

Gli “assi nella manica” della Fondazione sono i bandi e le iniziative promosse durante l’anno. Sono 120 gli interventi sostenuti nel 2017 con oltre 15 mln di euro e che hanno coinvolto 395 organizzazioni. A queste si aggiungono le numerose iniziative sostenute al Sud sul tema dell’infanzia tramite i bandi di Con i Bambini. Le iniziative promosse nel 2017 hanno interessato la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie, i beni culturali inutilizzati e i terreni incolti, il contrasto alla violenza sulle donne, la promozione di percorsi partecipati di sviluppo locale in particolari aree meridionali, il sostegno delle fondazioni di comunità al Sud e la formazione dei quadri del Terzo settore meridionali.

 

Negli ultimi sei anni, inoltre, la Fondazione ha avviato collaborazioni istituzionali con oltre 100 Enti erogatori, creando un effetto “leva” determinato da un maggior afflusso di risorse per progetti di infrastrutturazione sociale al Sud. Nel 2017, in particolare sono state promosse iniziative e sostenuti progetti in cofinanziamento sui temi dell’infanzia, dei minori stranieri non accompagnati, delle imprese culturali under35, dell’agroalimentare, della comunicazione sociale.

 

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  • Articolo pubblicato il 24 Marzo 2018

Decreti correttivi alla Riforma del Terzo Settore: interessano il Codice, le imprese sociali e, in particolare, l’obbligo di revisione contabile. Il Governo recepisce le istanze dei soggetti interessati dalla riforma

Obbligo di revisione contabile. I decreti correttivi della Riforma del Terzo Settore la impongono solo alle Imprese Sociali di grandi dimensioniUn ottimo segnale in termini di apertura alla partecipazione e un giusto correttivo alla Riforma del Terzo Settore. Il Governo Gentiloni, ormai dimissionario, lascia in eredità ad una incerta nuova maggioranza il compito di completare il processo di riforma, ma non senza i correttivi proposti dagli enti interessati.

Il 21 marzo il Consiglio dei Ministri ha emanato norme integrative e correttive sia sul Codice del Terzo settore che sul decreto n. 112 che riguarda l’Impresa sociale.

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L’esame delle nuove Camere

I testi dei provvedimenti assunti ieri sono stati approvati “salvo intese”: ciò vuol dire che dovranno essere esaminati dalle commissioni parlamentari competenti, formate dopo l’insediamento delle nuove Camere, per la pubblicazione dei testi in Gazzetta ufficiale entro agosto.

È il comunicato stampa del Consiglio dei ministri ad anticipare i contenuti principali dei decreti correttivi, a partire dal Codice del terzo settore, il decreto legislativo più consistente di tutta la riforma, modificato “al fine di un migliore coordinamento con la normativa nazionale e regionale e tenendo conto, inoltre, delle osservazioni formulate dagli stakeholder di riferimento”.

Obbligo di revisione contabile per gli enti del Terzo Settore

La novità più importante riguarda gli obblighi contabili, che saranno proporzionati alle dimensioni degli enti di terzo settore: solo quelli più grandi dovranno sottoporsi alla revisione legale dei conti; in caso di revisione contabile obbligatoria, inoltre, le organizzazioni potranno rivolgersi all’organo di controllo interno, a condizione che in esso sia presente un revisore legale iscritto nell’apposito registro.

Giovanni Parente e Gabriele Sepio (consulente del Governo per la riforma) chiariscono meglio l’introduzione di questo “principio di maggiore proporzionalità”: “lo spirito di fondo” – spiegano – “è di uniformare la soglia spartiacque per definire grandi e piccoli enti. È destinato infatti a salire da 100mila a 220mila euro il limite di entrate annue per gli obblighi di trasparenza sui compensi erogati. Mentre, una volta approvato definitivamente il correttivo sull’obbligo di revisione contabile, basterà un rendiconto per cassa al posto delle scritture contabili per gli enti non commerciali con proventi annui inferiori a 220mila euro (e non entro i 50mila attualmente previsti), in coerenza con il limite oltre il quale scatta l’obbligo del bilancio di esercizio”.

Fisco 

Sul fronte fiscale invece, si prevede che gli enti con ricavi superiori ai costi, fino ad un limite massimo del 10%, saranno considerati comunque non commerciali: un intervento che consenta di avere dei margini in considerazione “dell’esigenza di mantenere la qualifica non commerciale dell’attività anche in presenza di lievi scostamenti tra costi e ricavi” sottolineano Parente e Sepio.

È confermata la previsione della non imponibilità delle somme destinate a riserva o al versamento del contributo per l’attività ispettiva, mentre sarà imponibile qualsiasi distribuzione di utili ai soci, anche sotto forma di aumento gratuito del capitale nei limiti delle variazioni Istat. Al fine di allinearsi alla normativa sulle start-up innovative, il comunicato anticipa inoltre che gli investimenti agevolabili dovranno effettuarsi dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 112/2017, e che la qualifica di impresa sociale deve essere acquisita da non più di cinque anni. Inoltre anche le Ipab, ovvero le ex istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza privatizzate, potranno acquisire la qualifica di impresa sociale

Previste inoltre integrazioni e correzioni concernenti la definizione della platea degli enti destinatari delle misure agevolative, anche con riferimento a quelli filantropici.

Volontari nelle imprese sociali

Anche il decreto sull’impresa sociale è stato oggetto di un correttivo che ha preso in considerazione in primo luogo i volontari che operano al loro interno, introducendo limiti più stringenti al loro impiego che dovrà essere “aggiuntivo” e non sostitutivo a quello dei lavoratori

Altre novità

Saranno integrate le attività di interesse generale esercitabili dagli enti non profit; aumenta di quattro unità il numero dei componenti del Consiglio nazionale del Terzo settore (oggi sono 33), al fine di assicurare una più ampia rappresentanza degli enti, comprese le reti associative.

Infine le Organizzazioni di volontariato di secondo livello dovranno avvalersi in modo prevalente di volontari provenienti dalle organizzazioni di primo livello che ne compongono la base sociale.  

Fonte: Clara Capponi per redattoresociale.it
Per approfondimenti: Comunicato Stampa del Consiglio dei Ministri

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Rete Rurale Nazionale e Crea hanno presentato al Mipaaf l’ultimo Rapporto sull’Agricoltura Sociale in Italia. Emerge un settore in forte crescita negli ultimi 5 anni e caratterizzato da varietà di forme giuridiche, interventi, beneficiari e canali di vendita e finanziamento

Rapporto sull'agricoltura sociale in Italia. I dati in sintesiQual è lo stato dell’agricoltura sociale in Italia dopo quasi tre anni di legge 141/2015? È stato presentato il 21 marzo 2018 il Rapporto sull’Agricoltura Sociale in Italia della Rete Rurale Nazionale. Lo studio portato avanti dal Crea-PB e dall’Inapp (ex Isfol) ci offre un quadro nazionale, alla luce dei questionari inviati nel 2016 che hanno permesso di censire 1200 realtà attive nel settore.

Non è un’indagine statistica, non essendoci un elenco ufficiale delle aziende che praticano l’agricoltura sociale, ma una mappatura che ci dà un’idea dell’evoluzione e delle forme che il fenomeno ha preso nel nostro Paese.

Vi proponiamo una selezione sintetica dei dati che caratterizzano l’agricoltura sociale italiana.

 

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Ad ottobre aprono le iscrizioni al Master in Agricoltura Sociale che Oasi organizza insieme alla Rete Fattorie Sociali.

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Forma giuridica delle realtà impegnate in agricoltura sociale

Relativamente alla forma giuridica, si registra la prevalenza numerica della cooperativa sociale che rappresenta il 46% del totale, seguita dall’azienda individuale (19%), dalle società e dalle organizzazioni del terzo settore (12% rispettivamente). Gli enti pubblici e le altre forme di cooperazione rappresentano le tipologie meno frequenti (6% e 5% rispettivamente). Tra le forme di cooperazione sociale, quelle di tipo B sono le più diffuse.

Tra le forme societarie si trovano soprattutto società di capitali (s.r.l., s.r.l.s., s.p.a) e società di persone (s.s, s.n.c., s.a.s., etc.). Tra gli enti pubblici sono censiti istituti penitenziari, istituti secondari superiori e con minor frequenza enti locali (comuni, regioni, ecc.), università/enti di ricerca, istituti o aziende sanitarie e GAL. Infine, al terzo settore afferiscono, in ordine di numerosità, associazioni di promozione sociale, associazioni di volontariato, enti religiosi, fondazioni, associazioni ONLUS, laboratori propedeutici al lavoro agricolo, reti progettuali e associazioni sportivo-dilettantistiche non a scopo di lucro.

Grafico delle realtà impegnate in agricoltura sociale suddivise per forma giuridica

Attività sociali svolte

Negli ultimi anni le realtà sono aumentate considerevolmente, differenziandosi, oltre che per forma giuridica, anche per i servizi erogati.
Per analizzare le attività svolte, si è ritenuto utile una classificazione ai sensi della L. 141/2015 che, all’art. 2, le definisce aggregandole in quattro categorie.

L’attività maggiormente presente è l’inserimento socio lavorativo, realizzata dal 71% del campione, mentre le altre tre tipologie non mostrano sostanziali differenze al loro interno, attestandosi poco sopra il 30%.

Grafico sulle tipologie di attività svolte

Grafico sulle tipologie di attività svolte – “Rapporto sull’agricoltura sociale in Italia”, p. 34, Rete Rurale Nazionale

Le attività vengono svolte direttamente dalla struttura nel 79% dei casi, ma ci si avvale anche di soggetti esterni, sia pubblici che privati, nella logica della rete di relazioni che consentono un interscambio proficuo e sempre auspicabile, necessario allo svolgimento delle attività stesse. I soggetti esterni coinvolti sono in primis le cooperative sociali (28%), grazie sia alla loro forma giuridica che all’esperienza di più lunga durata nel campo dell’AS, seguite dalle associazioni di volontariato, realtà che svolgono un ruolo sociale importante di aggregazione e di ascolto dei fabbisogni.

Soggetti esterni coinvolti nelle attività di agricoltura sociale

Soggetti esterni coinvolti nelle attività – “Rapporto sull’agricoltura sociale in Italia”, p. 35, Rete Rurale Nazionale

I destinatari dell’Agricoltura Sociale

Incrociando i dati relativi ai destinatari delle attività di Agricoltura Sociale con quelli relativi ai servizi offerti, si evidenzia che, nonostante la categoria più popolata sia quella delle persone con disabilità, se si rapportano i servizi offerti ai destinatari, le persone con disabilità usufruiscono mediamente di un numero minore di servizi, raggiungendo il valore unitario di 4,7, più basso della media (5,4) e decisamente inferiore ad altre categorie quale, ad esempio, quella delle donne vittime di violenza (7,1).

I servizi presenti in tutte le categorie di destinatari sono l’orientamento e la formazione, entrambi importanti per persone svantaggiate, in quanto consentono di acquisire competenze e informazioni, atte a indirizzare il proprio percorso di vita e di lavoro.
Anche l’inserimento socio lavorativo ha un peso rilevante, in quanto il lavoro è lo strumento principale per dare dignità alle persone e per favorire l’inclusione nella società.

Un altro elemento indagato nell’indagine è la modalità di coinvolgimento dei destinatari delle attività di Agricoltura Sociale che, proprio perché orientate all’inclusione delle fasce deboli della popolazione, non dovrebbero essere di tipo passivo ma prevedere una partecipazione attiva.

Categorie di destinatari delle attività di agricoltura sociale

Categorie di destinatari delle attività di agricoltura sociale – “Rapporto sull’agricoltura sociale in Italia”, p. 37, Rete Rurale Nazionale

Il fatturato delle aziende

Le realtà censite sono aziende di piccole-medie dimensioni. Infatti se si esclude la classe di fatturato inferiore ai 4.000, euro che raccoglie il 14% delle realtà censite, la classe di fatturato con la maggior numerosità è quella tra 8.000-25.000 (13,4% delle realtà censite), seguono le classi 50.000-100.000 euro e tra i 100.000- 250.000 euro (12,5% rispettivamente). Solo il 10% dei casi presenta un fatturato superiore al milione di euro. Si è stimato, in base a quanto dichiarato dagli intervistati, che il fatturato medio è pari a poco meno di 230 mila euro. Le realtà economicamente piccole, cioè con un fatturato complessivo inferiore agli 8.000 euro, appartengono al terzo settore (31%) o al mondo delle cooperative sociali di tipo A e B (28%), mentre le realtà grandi (fatturato sopra i 250.000 euro) sono nella maggior parte dei casi cooperative, soprattutto di tipo B.

La maggior parte delle realtà dichiara che la quota di fatturato derivante da attività agricola o connessa rappresenta più del 30% del fatturato totale, mentre circa il 26% del campione ha un fatturato che deriva quasi esclusivamente dall’attività agricola e/o connessa. In termini di valore, un quarto delle realtà presenta un fatturato derivante da Agricoltura Sociale inferiore a 1.000 euro. Meno del 10% sono le aziende con un fatturato derivante da AS superiore ai 100.000 euro. Mediamente l’attività di agricoltura sociale genera un fatturato medio di 56.000 euro per ogni realtà.
I ricavi derivano dalla vendita di beni e/o servizi a soggetti privati (67%), seguono equamente distribuiti i ricavi da vendita di beni e servizi a soggetti pubblici e le donazioni.

Classi di fatturato complessivo e derivante da agricoltura sociale

Classi di fatturato complessivo e derivante da agricoltura sociale – “Rapporto sull’agricoltura sociale in Italia”, p. 43, Rete Rurale Nazionale

Fonti di finanziamento e canali di vendita

Per avviare le attività di agricoltura sociale, un quarto delle realtà dichiara di aver fatto ricorso a finanziamenti: per il 30% dei casi l’avvio delle attività di Agricoltura Sociale è stato supportato con fondi pubblici di fonte europea (Programma di Sviluppo Rurale, Programma Operativo Regionale), nazionale (Ministero della Giustizia), regionale e provinciale/comunale. La seconda fonte di finanziamento è quella di origine privata che comprende, oltre ai fondi propri aziendali, quelli raccolti tramite operazioni di crowdfunding e le donazioni (5×1000; 8X1000); infine si registra un ricorso contenuto ai finanziamenti di origine bancaria o di fondazioni e a quelli derivanti dalle strutture sanitarie (ASL, AUSL, Distretti sociali).

Fonti di finanziamento delle attività di agricoltura sociale

Fonti di finanziamento – “Rapporto sull’agricoltura sociale in Italia”, p. 44, Rete Rurale Nazionale

I ricavi delle aziende multifunzionali

La vendita dei prodotti agricoli assume un ruolo di primaria importanza per molte aziende e nella maggioranza dei casi le diverse realtà di agricoltura sociale utilizzano più di una modalità di vendita con una netta preferenza per una commercializzazione senza intermediari, in quanto il contatto diretto con i consumatori contribuisce all’arricchimento delle reti di relazioni. Il canale più utilizzato è quello della vendita diretta in azienda (60,2%) seguito dai gruppi di acquisto (35,1%) e dai mercati contadini e rionali (32,2%), dalla ristorazione (22,3%) e da altri negozi del proprio territorio (19,9%).

Sono presenti, comunque, anche i canali più classici come la distribuzione organizzata (8,5%) e i grossisti (7,1%) e quello più innovativo dell’e-commerce (11,4%). Abbastanza rilevante è il fatto che oltre il 10% delle realtà di Agricoltura Sociale conferisce una quota delle proprie produzioni alle mense. Il 12% delle attività di Agricoltura Sociale non utilizza alcun canale di vendita mentre chi indica “altro” (7,6%) specifica di far riferimento nella quasi totalità di casi ad una tipologia di canale di vendita diretta.

Canali di vendita delle aziende multifunzionali

Canali di vendita delle aziende multifunzionali – “Rapporto sull’agricoltura sociale in Italia”, p. 46, Rete Rurale Nazionale

Il Rapporto sull’Agricoltura Sociale – Download

È possibile scaricare il rapporto completo pubblicato dalla Rete Rurale Nazionale

Rapporto Agricoltura Sociale 2018

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  • Articolo pubblicato il 8 Marzo 2018

M5S e Lega avevano votato contro la legge di Riforma del Terzo Settore. Gli atti previsti dai decreti attuativi sono nelle mani di Di Maio e Salvini ora. La sorte delle norme su fiscalità e Registro Unico del Terzo Settore dipende da una maggioranza ancora indecifrabile

 

Riforma del Terzo Settore: i partiti di Di Maio e Salvini avevano votato contro. Ora da loro dipendono i decreti attuativi

Tra gli ambiti che aspettano con ansia la formazione di una nuova maggioranza, più che mai complessa, c’è il Terzo Settore. Quale sarà il destino di una riforma che ha cambiato la stessa definizione di Terzo Settore e le caratteristiche necessarie per essere un’impresa sociale?

 

Approvata la legge 106/2016 ed emanati i decreti attuativi, infatti, mancano ancora 37 dei 43 atti previsti per dare piena applicazione alla riforma. Secondo il prospetto pubblicato a fine febbraio dal Forum Terzo Settore, infatti, sono stati adottati solo 6 atti relativi al Codice del Terzo Settore.

 

Lo stallo politico dopo le elezioni del 4 marzo

Le forze politiche che sono uscite (relativamente) “vincitrici” dalle elezioni politiche del 4 marzo non hanno votato a favore della tanto attesa Riforma del Terzo Settore approvata nella passata legislatura, dopo un lungo e complesso lavoro di sintesi tra posizioni, esigenze e realtà diverse. E le concezioni stesse di Terzo Settore, che emergono dai programmi di M5S e Lega e dalle dichiarazioni dei rispettivi leader, sono contrastanti anche tra loro. Idee di sociale e welfare molto diverse anche rispetto a quelle di Centro-Sinistra e Forza Italia. Questo significa che qualsiasi maggioranza riuscirà a comporsi in Parlamento troverà grosse difficoltà nell’individuare una linea comune in merito al contributo che la società civile dà al benessere della comunità.

 

Se non verranno attuati la fiscalità e l’istituzione del registro nazionale in tempo utile sarà un disastro, perché vedremo buttati tre anni di lavoro” è il giudizio del riconfermato deputato PD Edoardo Patriarca, Presidente dell’Istituto Italiano della Donazione.

Contributi pubblicati da Buone Notizie del Corriere della Sera, Redattore Sociale e Vita Non Profit a ridosso delle elezioni ci aiutano a capire cosa potremmo aspettarci da questa legislatura.

 

Ricevi aggiornamenti da Oasi sulla riforma e su bandi e opportunità di formazione per chi lavora nel sociale

Di Maio: il ritorno del welfare pubblico. Ma attenzione ai partiti!

Cosa pensa Di Maio del Terzo SettoreIl privato deve avere il suo spazio di azione e sviluppo ma ci sono settori, [sanità e servizi sociali], in cui il pubblico deve assumersi le proprie responsabilità, senza ambiguità“. Così Luigi Di Maio spiega a Vita Non Profit il no del Movimento 5 Stella alla riforma. Un Terzo Settore che sia privato, ma non troppo. Infatti, al Corriere ribadisce più chiaramente che “lo Stato non deve arretrare con la scusa del principio di sussidarietà. Nel nostro programma è previsto un ritorno intelligente dello Stato nell’economia […], e il reddito di cittadinanza, che punta a reinserire nel mondo della formazione e del lavoro chi ne è rimasto escluso e non ha redditi sufficienti per vivere dignitosamente. Stato e Terzo settore, con noi, cammineranno insieme“.

 

Le paure/1: la “logica del profitto” e le reti associative

Ci sono timori sulla “prevalente logica profit”: “quello che non abbiamo condiviso – aggiunge il candidato premier su Vita – è stato il modo in cui è avvenuta la riorganizzazione. Ci preoccupa la possibilità che venga snaturato il terzo settore e che la logica del profitto diventi prevalente“.
Il leader politico dei 5 Stelle vede l’origine di questa preoccupazione nelle Reti associative, organizzazioni che associano tra di loro enti del Terzo Settore (almeno 100) o fondazioni (almeno 20) che svolgono un ruolo di controllo e rappresentanza. Le “grandi” reti associative, così le chiama Di Maio, sarebbero un pericolo per “le realtà del volontariato di dimensioni medio-piccole […] che rappresentano l’anima del comparto e la spina dorsale del mondo del volontariato“.

 

Le paure/2: i partiti

Ma il Terzo Settore, privato ma non troppo, dovrebbe essere anche pubblico ma non troppo. Un’altra preoccupazione di Luigi Di Maio è la “possibilità che vengano creati enti che risultino collegati, in modo diretto o indiretto, ad amministrazioni pubbliche, partiti, sindacati“. Piuttosto, sarebbe il caso di  reintrodurre l’Agenzia del Terzo Settore, che avrebbe il compito di effettuare un monitoraggio e un controllo molto utile per garantire trasparenza.

 

Centro-Destra: diverse idee di Terzo Settore. Impresa sociale per Berlusconi, volontariato per Salvini

La formazione di destra si dimostra eterogenea anche in merito al sociale. Per Silvio Berlusconi, anche lui intervistato da Vita non Profit, “bisogna dare piena applicazione alla riforma del terzo settore, per la quale mancano ancora decine di decreti attuativi, per dare chiarezza e rendere operative le nuove regole. […] Penso in particolare alla parte delle nuove agevolazioni fiscali per chi investe nelle imprese sociali e dunque anche nelle cooperative“.
Un inaspettato endorsement al mondo del sociale arriva dal presidente di Forza Italia: “questa ‘tradizione italiana’ deve essere raccontata bene dai media, che spesso raccontano solo le poche eccezioni negative“. Sarebbe interessante, quindi, sapere come giudica le parole di Matteo Salvini al Corriere della Sera.

 

Per Salvini il Terzo Settore è solo volontariato?

Cosa pensa Salvini del Terzo SettoreDalle parole del leader della Lega traspare un mal celato pregiudizio negativo nei confronti di imprese e cooperative sociali. L’idea e la retorica del “business dei migranti” potrebbe avere ripercussioni su un settore che è molto più vasto e diversificato?
Salvini, interrogato in merito alla fine che farà il Terzo Settore, risponde “chi fa opera di volontariato non si aspetta niente in cambio e nutre il suo animo con gesti di solidarietà, assistenza e vicinanza ai più deboli. Persone a cui va tutta la nostra gratitudine“. Un punto di vista decisamente riduttivo, dato che il benessere delle persone richiede impegno costante e professionalità più che tempo libero e passione. Per centinaia di migliaia di persone in Italia il sociale è un lavoro, non un hobby.

 

Family Care Giver

Ma quando ammette che “un grazie non è sufficiente”, pensa a “Un contributo economico o un riconoscimento contributivo per il tempo dedicato all’accudimento [di un famigliare disabile]”.
Nello specifico, si parla di “un giusto assegno di invalidità a chi ne ha realmente diritto”. Sono previsti: un sostegno ai famigliari dei disabili con un riconoscimento economico e contributivo; il cambiamento delle norme Isee sull’ottenimento dei servizi assistenziali.

 

Il futuro della riforma del Terzo Settore

Sarà veramente difficile trovare una sintesi tra le forze politiche che comporranno una maggioranza che, al momento, non è neanche all’orizzonte. E sarà altrettanto difficile aspettarsi che la parte finale di questi 3 anni di lavoro sia coerente con la ratio della riforma.
La sensazione è che il Terzo Settore, almeno nella forma matura e professionale che differisce da quella riduttiva del volontariato, non sia una reale priorità delle forze politiche che possono dire di essere uscite vincitrici dalle elezioni 2018.

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  • Articolo pubblicato il 1 Marzo 2018

Lunedì 12 marzo, all’Università Pontificia Salesiana di Roma, la presentazione di due volumi sul ruolo dell’educatore e sull’importanza del Fare Rete nel sociale. Spazio a buone pratiche di lavoro in rete

 

Fare Rete per educare. Il Libro di Vittorio Pieroni e Antonia Santos FirminoCi chiederemo se “Educatori si nasce o si diventa” e vedremo perché e come “Fare-Rete per educare”. Lunedì 12 marzo 2018, ore 15.00, nell’Aula Juan Vecchi dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, saranno presentati i due libri incentrati sul lavoro educativo.

 

All’incontro moderato dal Prof. Don Giuliano Vettorato parteciperà l’autore di “Educatori si nasce o si diventa?”, Don Lorenzo Ferraroli.

L’altro volume che sarà presentato è “Fare-RETE per educare”, di Vittorio Pieroni e Antonia Santos Fermino.

 

Buone pratiche per fare Rete

C’è anche l’agricoltura sociale di Kairos tra le buone pratiche di lavoro in rete prese a modello nel libro di Pieroni e Santos Fermino. Ne parlerà Andrea Zampetti, pedagogista della cooperativa sociale che si occupa di empowerment e percorsi di inclusione socio-lavorativa di giovani e adolescenti. “Una rete educativa nel settore agricolo” è il titolo del suo intervento.

È possibile scaricare il programma dell’appuntamento del 12 marzo.

 

Fare-Rete per educare. La recensione

Può una comunità arrivare a mettere insieme il proprio “capitale educativo” per fronteggiare le problematiche educative emergenti? E come? Per rispondere a questi interrogativi la pubblicazione fa leva sulla seguente ipotesi: “Capitale” educativo + ”Rete” educativa = “Comunità educante”. Ossia, quel capitale educativo che ogni comunità possiede, “se” viene messo in rete, può trasformarla in una vera e propria comunità “educante” (con vocazione a educare). Tutto questo allo scopo di provocare il passaggio da una forma mentis delegante alle istituzioni la soluzione ai propri problemi/bisogni educativi, a un modello di comunità che riesce ad auto-organizzarsi per convogliare le proprie risorse/competenze educative in una “rete”, così da auto-rigenerare sempre nuovo capitale educativo.

 

A sostegno di questo obiettivo il testo è stato suddiviso in base alle tre parti principali che fanno capo all’ipotesi, più una serie di esercizi pratici (Laboratorio), mentre in Appendice vengono riportati, come esempi di buone pratiche, alcuni attuali modelli di reti a scopo educativo.

 

Destinatari sono tutti coloro che hanno voglia di farsi “agenti di cambiamento” della propria comunità (docenti, genitori, educatori, leader comunitari, stakeholders, responsabili di attività formative in vari settori istituzionali civili e religiosi, pubblici e privati) investendo energie nell’educare mettendosi in rete.

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  • Articolo pubblicato il 31 Gennaio 2018

Inaugurato il Bed & Breakfast della Casa della Mamma, il centro che accoglie a Roma madri in difficoltà e i propri bambini. Il B&B della Mamma dà loro un’opportunità di crescita professionale

B&B della Mamma. Bed & Breakfast a Roma della Casa della MammaIl 25 gennaio 2018, in via Forli’ 40 a Roma, abbiamo festeggiato l’inaugurazione del B&B della Mamma. Il Bed & Breakfast nasce nella Casa della Mamma, il centro che accoglie ragazze madri che da sole crescono i propri bambini affrontando diversi tipi di disagio. La struttura, aderente alle Rete delle strutture e dei servizi per nuclei vulnerabili mamma-bambino del Lazio, ha completato nel dicembre 2017 la ristrutturazione dell’interno di una palazzina Liberty degli anni ’20, dotata di un bellissimo giardino.

Il B&B offre 5 stanze doppie e 1 singola. E darà a queste giovani madri l’opportunità di lavorare sulla propria crescita personale e professionale. Si trova in una posizione strategica, tra la Stazione Termini e la Stazione Tiburtina.
Prenotare una stanza, è possibile farlo direttamente sul sito www.bnbdellamamma.com

Questo nuovo esempio di impresa sociale nato nella Capitale ha attirato anche l’attenzione di Vita non Profit, testata molto importante nell’ambito del sociale e del welfare, dalla quale riproponiamo le parole e i momenti catturati in occasione dell’inaugurazione del B&B.

Bed & Breakfast della Mamma: l’inaugurazione

«Dopo due anni molto impegnativi finalmente ha aperto le porte il nostro Bed and Breakfast», racconta la direttrice dell’associazione “Casa della Mamma” Lucia Di Mauro. «Abbiamo raccolto in un anno 250mila euro di fondi e poi sono partiti i lavori. È una grandissima soddisfazione, le ragazze dell’associazione sono entusiaste, sarà una bellissima esperienza per tutti. Una crescita personale e professionale che permetterà alle nostre giovani mamme di prepararsi alla vita di domani».

Il progetto, attraverso il coinvolgimento quotidiano e attivo delle ospiti dell’associazione nel Bed & Breakfastprevede, infatti, il raggiungimento di due importanti obiettivi: la ristrutturazione della personalità emotiva e psicologica delle ragazze grazie al lavoro e l’inizio di un percorso di formazione professionale. Aspetti entrambi indispensabile per il loro futuro.
Il Bed & Breakfast ha 6 camere da letto, 5 matrimoniali e una singola, tutte con il bagno privato, aria condizionata e internet wi-fi. Il ricavato dell’attività andrà a sostegno dei tanti progetti sostenuti dall’associazione Casa della Mamma. Oggi la Casa della Mamma ospita sei ragazze madri, dai15 ai 23 anni, con i propri figli, spesso allontanate dalle famiglie dal Tribunale per i Minorenni. Tra le attività presenti si segnala il “Laboratorio di taglio e cucito” avviato nel marzo 2016, uno spazio per imparare con creatività, un percorso di avvicinamento al lavoro divertente e proficuo. Dal 1994 è attiva anche laa Compagnia Teatrale “Casa della Mamma”. Iniziativa nata un po’ per gioco un po’ per scommessa, con e per le ragazze ospiti, soprattutto per arricchire lo spirito di condivisione all’interno della comunità.

Il progetto del B&B

Ora è stato avviato il B&B della Mamma, un progetto di impresa sociale nato grazie allo spirito e all’impegno che Carla Berti Guerra, presidente dell’associazione, profonde da decenni in ogni attività avviata. Punto di partenza, segnala una nota stampa, il timore “che la società discrimini troppo spesso le persone deboli portandoci alla cultura dell’assistenzialismo”. In quest’ottica il bed & breakfast permetterà alle ragazze di percepirsi membri attivi della società, cittadine con diritti e doveri e di interrompere quel circolo di marginalità e devianza in cui rischierebbero di perdersi insieme ai loro bimbi. Il progetto offre, inoltre, una formazione professionale facilmente esportabile nel mercato del lavoro laziale, fortemente turistico, soprattutto nel territorio romano.

«Fino a due anni fa non sapevo chi ero, cosa volevo e cosa sarei diventata» racconta Mara, giovanissima ospite della struttura insieme alla sua bimba di due anni. «Oggi, sempre supportata dagli operatori della Casa della Mamma, lavoro non solo per essere una madre più consapevole, ma anche una donna più responsabile. Ho fatto la prima esperienza di formazione e lavoro nella sartoria creata per noi mamme e adesso mi viene offerto un ulteriore input di crescita personale, grazie al coinvolgimento nell’avventura del Bed & Breakfast Casa della Mamma. So bene che questa meta è solo l’inizio di un nuovo cammino, ma questa volta sono pronta e pienamente consapevole di ciò che voglio essere e diventare: una madre e una donna pienamente consapevole e indipendente».

Il progetto “Il B&B della Mamma” è stato realizzato grazie contributo di: Amarelli, Ariston Thermo, Bracco, Campari, Confalone Design, Enel Cuore Onlus, Eurosanità, Fondazione Agnelli, Fondazione BNL, Ghella, OTB Foundation, Permira, Romana Diesel, Angella Studio 3G; Diego Della Valle, Maria Rosa Fachinetti e Renzo Pellicioli e Gemma Bracco Baratta.

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  • Articolo pubblicato il 21 Dicembre 2017

Inserita nella legge di Bilancio la proposta di legge Iori che riconosce le professioni di pedagogista ed educatore professionale socio-pedagogico, distinguendo quest’ultima da quella di educatore professionale socio-sanitario

Educatore e pedagogista ora sono professioni riconosciute per leggePiena dignità e riconoscimento, da oggi, per 200 mila educatori e pedagogisti in Italia. Diventano figure professionali ben definite, riconosciute dalla legge, alle quali si accede attraverso determinati percorsi di formazione.

La proposta di legge Iori per riconoscere professionalmente educatore e pedagogista

La proposta di legge della deputata Vanna Iori è stata inserita nella legge di Bilancio appena licenziata della Commissione Bilancio della Camera, pronta per essere votata dall’Aula. Non ci si potrà più improvvisare educatori, parafrasando le parole pronunciate dalla stessa parlamentare. Specifici corsi di laurea sono stati identificati per formare chi si appresterà ad esercitare la professione di educatore e di pedagogista.
Altre forme di riconoscimento, in base all’età e all’anzianità di servizio, sono previste per chi già esercita da anni questi professioni così importanti nell’ambito del sociale per il contatto, e il ruolo, che assumono nella vita di moltissimi utenti con diverse tipologie di svantaggio.

Questo, dunque, è lo sbocco che ha preso il tanto atteso disegno di legge denominato “Disciplina delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista”. Un momento storico e cruciale per coloro che fanno questo lavoro con una adeguata preparazione ed esperienza. Un punto fermo per i ragazzi che sognano di seguire questa strada e vogliono sapere se seguire un determinato corsa di laura possa loro garantire uno sbocco professionale garantito.

Formazione universitaria ed anni di esperienza: chi sarà educatore e pedagogista

Vediamo nel dettaglio cosa prevede la legge di Bilancio al comma 115, in merito al riconoscimento delle professioni di educatore e pedagogista:

Il comma 115-bis definisce le figure professionali di educatore professionale socio-sanitario, educatore professionale socio-pedagogico e pedagogista e traccia la loro formazione. In sintesi, all’educatore professionale socio-sanitario continuano ad applicarsi le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 8 ottobre 1998, n. 520. L’esercizio della professione di educatore professionale socio-pedagogico è subordinato al conseguimento della qualifica attribuita a seguito del rilascio del diploma di un corso di laurea della classe di laurea L-19 Scienze dell’educazione e della formazione e la qualifica di educatore professionale socio-sanitario è attribuita a seguito del rilascio del diploma di laurea abilitante di un corso di laurea della classe L/SNT2 delle professioni sanitarie della riabilitazione. La qualifica di pedagogista è attribuita a seguito del rilascio di un diploma di laurea abilitante nelle classi di laurea magistrale LM-50 Programmazione e gestione dei servizi educativi, LM-57 Scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua, LM-85 Scienze pedagogiche o LM-93 Teorie e metodologie dell’e-learning e della media education.

 

Il comma 115-ter definisce i servizi in cui educatore professionale socio-pedagogico e pedagogista operano. Il comma 115-quater/quinquies/sexties disciplinano la fase transitoria: possono acquisire la qualifica di educatore professionale socio-pedagogico, previo superamento di un corso intensivo di formazione per complessivi 60 crediti, da svolgersi presso le università, anche tramite la formazione a distanza, coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono in possesso determinati requisiti e intraprendono i corsi intensivi entro tre anni. Acquisiscono direttamente la qualifica di educatore professionale socio-pedagogico coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono titolari di un contratto di lavoro a tempo indeterminato negli ambiti professionali definiti dalla legge e abbiano almeno cinquanta anni di età e dieci anni di servizio oppure almeno venti anni di servizio. Chi ha svolto l’attività documentata di educatore per un periodo minimo di dodici mesi, anche non continuativi, può continuare ad esercitare l’attività di educatore ma non può avvalersi della qualifica di «educatore professionale socio-pedagogico»: tuttavia il mancato possesso della qualifica di «educatore professionale socio-pedagogico» o di «educatore professionale socio-sanitario» non può costituire, direttamente o indirettamente, motivo per la risoluzione unilaterale dei rapporti di lavoro in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

“Tutti educano ma solo alcuni sono Educatori. Definire questa professione garantisce dignità alle persone di cui ci si prende cura” sono le parole con le quali spiega l’importanza di questa legge Andrea Zampetti, pedagogista della Cooperativa Sociale Kairos, attiva a Roma in percorsi di empowerment e inclusione socio-lavorativa.

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Ripercorriamo 20 anni di legge 285/97 e di impegno per i minori a Roma. Gli interventi di Martino Rebonato, Angelo Marano e di alcuni dei responsabili delle realtà del sociale che hanno camminato al fianco di bambini e adolescenti in questi anni

 

20 anni di legge 285 a Roma

Raccogliamo in questa pagina le parole di alcuni protagonisti di un capitolo importante del welfare della Capitale. Il Fondo della legge 285/97, che finanzia progetti per i minori di alcune grandi città italiane, ha visto nascere e crescere storie bellissime e i giovani cittadini che le hanno vissute. Insieme ad educatori, operatori, assistenti sociali. E, a volte, non solo professionisti nell’ambito del sociale, se pensiamo agli imprenditori agricoli dei progetti di agricoltura sociale.

 

L’esperienza di Oasi con la Legge 285 del 1997 a Roma

Oasi, in quasi tutti questi anni, con il proprio intervento tecnico ha coadiuvato Roma Capitale alla Cabina di regia (oggi Assistenza Interventi 285) che coordina e monitora i progetti nati grazie al Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, assegnato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, grazie alle Legge 285/97.

 

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La collaborazione tra Oasi e il Dipartimento ha garantito che i finanziamenti del Governo in favore dei minori di Roma si trasformassero in attività e strutture per bambini e adolescenti che rischiano un futuro di emarginazione sociale, in centri che aggregano i ragazzi dell’estrema periferia romana per ricostruirne una sana socialità, in azioni pratiche che contengono e prevengono il disagio giovanile. Avendo sempre cura che il denaro pubblico riservato a questi interventi non venga sprecato e non rimanga inutilizzato. Un duro lavoro di raccordo che porta a rapportarsi sia con i 15 Municipi di Roma che con le tante realtà territoriali che lavorano per i ragazzi; un lavoro fatto di numeri e documenti tanto quanto della dedizione degli educatori e delle opportunità vissute da bambini e adolescenti.

 

“20 anni dopo”: il seminario al Campidoglio. L’esperienza di Oasi

A distanza di 20 anni dall’approvazione della Legge 285 del 28 agosto 1997, “Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”, ci siamo proposti di favorire una riflessione condivisa su quanto realizzato a Roma con le risorse del Fondo istituito dalla legge e sulle misure da mettere in campo nel quadro del nuovo Piano Sociale Cittadino in corso di elaborazione.
Il Seminario, organizzato da Oasi nella sala piccola della Protomoteca del Campidoglio, ha richiamato l’attenzione di decisori politici, educatori, operatori e altri soggetti impegnati nelle politiche sociali e nel Terzo Settore della Capitale.

 

È proprio in occasione del seminario “20 anni dopo” che abbiamo registrato questi interventi di Martino Rebonato e Andrea De Dominicis, tra i fondatori dell’associazione, Angelo Marano, direttore del Dipartimento Politiche Sociali Sussidiarietà e Salute di Roma Capitale e, nel corso della tavola rotonda, di rappresentanti del mondo del Terzo Settore come Marco Caputi (Cooperativa Diversamente), Luigi Infantino (Meta Centro giovanile), Claudio Tosi (Cemea) e del mondo dei servizi sociali come Margherita Occhiuto (Unità Minori Stranieri di Roma Capitale) e Maria Anna Bovolini (assistente sociale del XV Municipio).

 

20 anni che, per buona parte, si sono intrecciati con la storia di Oasi. Impegnata alla Cabina di Regia del Piano Cittadino, ufficio che ha monitorato l’accesso ai fondi e fatto in modo che i soldi dello Stato fossero spesi nel migliore dei modi: tutti in favore dei giovani beneficiari.

 

Gli interventi [Video]

Martino Rebonato, ex presidente di Oasi, ha ripercorso questi anni. Ha raccontato come sono cambiati Roma e i suoi bambini e ragazzi negli ultimi 20 anni. Quali esperienze ha vissuto il sociale con il Fondo della legge 285/97 e quali saranno le prospettive future. I dati e le informazioni presentatati durante l’intervento possono essere consultati nel documento “Per una città amica dei bambini e dei ragazzi – 15 anni di attuazione a Roma della Legge 285″

“La prima parola del nuovo Piano Sociale di Roma sarà ‘Sicurezza Sociale’. Una Rete di protezione per permettere alle persone di rischiare e innovare”. L’intervento di Angelo Marano apre l’evento del 3 ottobre 2017 al Campidoglio facendo luce sul futuro del Piano Sociale di Roma Capitale.

Il Seminario ha dato vita a una riflessione condivisa su quanto realizzato a Roma con le risorse del Fondo istituito dalla legge e sulle misure da mettere in campo nel quadro del nuovo Piano Sociale Cittadino in corso di elaborazione. Il Seminario del 3 ottobre 2017 ha coinvolto decisori politici, educatori, operatori e altri soggetti che hanno responsabilità nell’assicurare diritti e opportunità ai “cittadini in crescita” che vivono nella Capitale.

Alla Tavola Rotonda, aperta da Andrea De Dominicis (Oasi), hanno preso parte:
Maria Anna Bovolini – Assistente Sociale di Roma Capitale
Marco Caputi – Cooperativa Sociale Diversamente
Luigi Infantino – Meta Centro Giovanile
Margherita Occhiuto – Unità Minori Stranieri di Roma Capitale
Claudio Tosi – Cemea

Di seguito è disponibile il video integrale del seminario

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