“La prima parola del nuovo Piano Sociale di Roma sarà ‘Sicurezza Sociale’. Una Rete di protezione per permettere alle persone di rischiare e innovare”. L’intervento di Angelo Marano, direttore del Dipartimento Politiche Sociali di Roma, in occasione del seminario di Oasi sui 20 anni della legge 285/97.

Angelo Marino: "La prima parola del Piano Sociale di Roma sarà Sicurezza sociale"Ha aperto il Seminario “20 anni dopo. Legge 285/97 a Roma: esperienze, attualità e prospettive” con un intervento che fa luce sul futuro del prossimo Piano Sociale di Roma. Angelo Marano, direttore del Dipartimento Politiche Sociali, Sussidiarietà e Salute di Roma Capitale, ha posto il concetto di “Sicurezza” al centro degli scenari futuri del welfare capitolino. Un intervento pensato per proiettare in avanti lo sguardo in occasione dell’appuntamento che vede Oasi, da anni impegnata alla Cabina di Regia 285 del Piano Cittadino per i minori di Roma, istituito dalla legge 285/97, celebrare i 20 anni di storie e progetti nati grazie al Fondo concesso alle grandi città dalla legge stessa.

Questo articolo è il primo di una serie di pagine che sintetizzano i contenuti espressi dai partecipanti al seminario del 3 ottobre 2017 alla Sala della Protomoteca del Campidoglio.

Sicurezza sociale: una rete di protezione per chi rischia e innova

“La proposta che farò è di inserire come prima parola del Piano Sociale la parola Sicurezza. Intesa come Sicurezza Sociale. Il welfare deve dare protezione. In qualsiasi momento ne abbia bisogno deve garantire una Rete di sicurezza che aiuti a far uscire da un momento di difficoltà“. Il direttore Angelo Marano porta, così, la sua esperienza da economista nell’ottica del welfare. “Avere una Rete di protezione è ciò che ti permette di rischiare, innovare, creare crescere economica. Se qualcosa andrà male non andrà tutto perso. L’investimento sarà incentivato da un sistema di protezione”.

Il futuro del Piano Sociale di Roma. Il video dell’intervento di Angelo Marano

L’attenzione del direttore del Dipartimento Politiche Sociali di Roma è, giustamente, incentrata sul Piano Sociale che sta prendendo forma nella capitale. Secondo le stesse parole di Angelo Marano, dovremmo vederne una prima bozza tra poche settimane.

Vi proponiamo in esclusiva le parti salienti dell’intervento del direttore Marano.

Per una città amica dei bambini e dei ragazziSegnaliamo ai partecipanti al seminario e ai curiosi il documento “Per una città amica dei bambini e dei ragazzi – 15 anni di attuazione della legge 285 a Roma”, i cui dati sono stati citati da Martino Rebonato durante il proprio intervento.

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Un seminario per raccontare 20 anni di storie e iniziative per i minori di Roma

Martedì 3 ottobre 2017, dalle ore 10 alle 13, la sala piccola della Protomoteca del Campidoglio (Piazza del Campidoglio, 55 – Roma) ospiterà un appuntamento che ripercorre una storia molto importante per tutte quelle realtà di Roma (centri di aggregazione giovanile, ludoteche e molto altro) che sono cresciute nella Capitale negli ultimi due decenni.

Seminario 20 anni dopo - legge 285/97

I posti in sala sono esauriti!

Per ragioni di sicurezza, non possiamo garantire l’ingresso a chi dovesse presentarsi a ridosso dell’inizio del seminario

La legge 285/97. I 20 anni trascorsi e il Piano Sociale Cittadino in elaborazione

A distanza di 20 anni dall’approvazione della Legge 285 del 28 agosto 1997, “Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”, il Seminario si propone di favorire una riflessione condivisa su quanto realizzato a Roma con le risorse del Fondo istituito dalla legge e sulle misure da mettere in campo nel quadro del nuovo Piano Sociale Cittadino in corso di elaborazione.
Il Seminario è rivolto ai decisori politici, agli educatori, agli operatori e agli altri soggetti che hanno responsabilità nell’assicurare diritti e opportunità ai “cittadini in crescita” che vivono nella Capitale.

Il Programma

  • Apertura dei lavori
  • Gli obiettivi e le azioni previste per l’infanzia e l’adolescenza a Roma nel nuovo piano
    sociale cittadino
  • “20 anni di legge 285 a Roma”: breve narrazione del percorso e delle esperienze
    realizzate, insieme ad alcune riflessioni su quanto appreso, in vista delle nuove sfide
  • Esperienze a confronto: la voce degli enti promotori e attuatori
  • Tavola rotonda. Confronto a partire da punti di vista diversi sui diritti e le opportunità
    per l’infanzia e l’adolescenza
  • Conclusioni

Scarica il programma del seminario

L’esperienza e l’impegno di Oasi

Questo sarà, senza dubbio, un appuntamento molto importante per Oasi. Per questo, ci farebbe davvero piacere condividerlo insieme a tutti coloro che lavorano per il bene di Roma e dei suoi ragazzi e bambini. Magari, anche con gli operatori e i responsabili delle realtà che abbiamo incontrato sul nostro cammino.

Oasi, in quasi tutti questi anni, con il proprio intervento tecnico ha coadiuvato Roma Capitale alla Cabina di regia (oggi Assistenza Interventi 285) che coordina e monitora i progetti nati grazie al Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, assegnato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, grazie alle Legge 285/97.
La collaborazione tra Oasi e il Dipartimento ha garantito che i finanziamenti del Governo in favore dei minori di Roma si trasformassero in attività e strutture per bambini e adolescenti che rischiano un futuro di emarginazione sociale, in centri che aggregano i ragazzi dell’estrema periferia romana per ricostruirne una sana socialità, in azioni pratiche che contengono e prevengono il disagio giovanile. Avendo sempre cura che il denaro pubblico riservato a questi interventi non venga sprecato e non rimanga inutilizzato. Un duro lavoro di raccordo che porta a rapportarsi sia con i 15 Municipi di Roma che con le tante realtà territoriali che lavorano per i ragazzi; un lavoro fatto di numeri e documenti tanto quanto della dedizione degli educatori e delle opportunità vissute da bambini e adolescenti.

Iscrizioni

La sala ha posti limitati, pertanto, vi invitiamo a contattarci entro giovedì 28 settembre 2017 per avere assicurato il vostro posto.
I contatti dell’Associazione Oasi:

Tel: 06 51 60 05 39

E-mail: [email protected]

  • Articolo pubblicato il 6 Settembre 2017

La delibera 454/2017 attua la legge nazionale 112/2016 e delinea il riparto delle risorse previste dal Fondo nazionale

La Giunta Zingaretti ha approvato il Piano regionale sul “Dopo di noi”. Con questa delibera la Regione Lazio fissa le modalità operative di attuazione della legge 112/2016 sull’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare e ripartisce agli ambiti territoriali le risorse del nuovo Fondo nazionale per il “Dopo di noi” trasferite al Lazio, che ammontano a 9,1 milioni di euro.

Secondo quanto stabilito dal Piano, la Regione trasferirà a Roma Capitale e agli altri 17 ambiti sovradistrettuali 7,7 milioni di euro, che saranno destinati a percorsi programmati di accompagnamento per l’uscita dal nucleo familiare di origine e per la (5,5 milioni), a programmi per favorire l’autonomia delle persone con disabilità grave e una migliore gestione della vita quotidiana (1,5 milioni), per interventi di supporto alla domiciliarità in soluzioni alloggiative (400mila euro) e per interventi di permanenza temporanea in una soluzione abitativa extra-familiare (300mila euro).

Le risorse residue del Fondo (1,4 milioni) rimarranno invece alla Regione per la realizzazione delle soluzioni alloggiative per i disabili privi di sostegno familiare (case famiglia, gruppi-appartamento, co-housing) e per il sostegno alle forme di mutuo aiuto tra persone con disabilità.

“Con il nuovo Piano regionale il Dopo di noi diventà realtà anche nel Lazio”, spiega l’assessore alle Politiche sociali, sport e sicurezza Rita Visini.

Per l’assessore “si tratta di dare attuazione a una legge di civiltà e di assicurare alle persone con disabilità rimaste senza famiglia la continuità di cura, la dignità e l’autonomia. Il Piano regionale punta con forza sulla deistituzionalizzazione e sulla realizzazione di progetti di assistenza personalizzati basati su una valutazione multidimensionale. La direzione è quella dell’integrazione tra servizi sociali e sanitari, così come stabilito dalla riforma regionale del welfare approvata lo scorso anno”.

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  • Articolo pubblicato il 26 Luglio 2017

La legge 47/2017 prevede che ogni regione istituisca entro il 6 agosto 2017 un albo dei tutori volontari per minori non accompagnati. Solo il Friuli Venezia Giulia non ha ancora pubblicato l’avviso per individuarli.

Tutori volontari per i minori non accompagnati: ecco i bandi regionaliQuindici regioni hanno già pubblicato l’avviso per individuare i tutori volontari di minori non accompagnati. Altre cinque regioni non hanno ancora fatto un bando successivo alla legge 47 – Basilicata, Puglia, Sicilia, Emilia Romagna, Veneto – ma avevano anticipato la legge e hanno già albi di tutori volontari. Anche queste regioni devono siglare un nuovo protocollo con i tribunali e fare un bando per coinvolgere nuovi tutori volontari, ma lì si tratta di implementare una macchina rodata e di raccordarla con le indicazioni della legge 47 e delle Linee guida nazionali. Manca all’appello solo il Friuli Venezia Giulia, che non ha ancora pubblicato l’avviso e non aveva esperienze precedenti

Oltre ai bandi pubblicati da Lombardia, Piemonte (valido anche per i residenti in Valle d’Aosta), Umbria, Campania, Lazio, Liguria, Provincia Autonoma di Bolzano e il bando pubblicato dalla Autorità Garante Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza per le quattro regioni che non hanno un garante regionale (Toscana, Sardegna, Abruzzo e Molise), ecco la mappa completa, regione per regione, redatta dal magazine Vita non profit.

La Calabria ha il suo bando, senza data di scadenza, per la selezione dei tutori volontari. La formazione iniziale consiste in un corso base di tre moduli di 10 ore ciascuno, i tutori sono soggetti a «processi di formazione e supervisione permanente». Il bando della Calabria dice che «per i candidati che siano nominati tutori è opportuno prevedere un sistema di supporto e accompagnamento (ad es. con riferimento alla consulenza legale, consulenza psicologica, mediazione culturale, rapporto con i servizi, ecc.), ma anche di monitoraggio della rispettiva attività». La Calabria ha fin dal 2014 un albo di tutori volontari dei minori non accompagnati e i tutori già iscritti negli elenchi attualmente esistenti saranno inseriti automaticamente all’interno dell’elenco dei tutori volontari, fatti salvi gli approfondimenti e il monitoraggio dell’attività svolta. Il bando della Calabria specifica che «il Garante potrà validare la formazione degli aspiranti tutori volontari anche se portata a termine in una regione o provincia autonoma diversa da quella della residenza anagrafica in cui si chiede l’iscrizione».

Nelle Marche il Garante dei diritti, Andrea Nobili, ha avviato le procedure per la formazione dei tutori volontari per i minori stranieri non accompagnati. Per chi volesse partecipare, le domande vanno presentate inviando il modello entro l’11 settembre, secondo le modalità indicate nel testo dell’avviso. Fra il 29 settembre e il 14 ottobre avranno luogo, complessivamente, le 6 giornate formative previste. Qui l’avviso e le date del corso.

In Basilicata l’avviso arriverà entro il 30 settembre, ma già nel luglio 2016 era stato pubblicato un bando per selezionare 30 tutori volontari di minori non accompagnati e a dicembre 2016 aveva avviato il primo corso di formazione, per 41 tutori volontari. «Sono 152 i minori stranieri non accompagnati in Basilicata, accolti in 13 comunità» aveva detto il Garante dell’infanzia e dell’adolescenza lucano, Vincenzo Giuliano: «questi tutori legali volontari va il compito di far recuperare gli affetti perduti con supporto educativo, sociale, giudiziario e sanitario». Anche l’Emilia Romagna, in particolare i comuni di Reggio Emilia, Bologna e Ferrara, hanno il tutore volontario fin dal 2013/2014: ad oggi sono 15 le tutele volontarie attive, benché nel 2016 siano state formate 41 persone. «Un’offerta limitata rispetto al numero di minori presenti in Regione, 1.160», ha affermato nei giorni scorsi la Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza Clede Maria Garavini. La Garante ha parlato della necessità di sviluppare un “ruolo attivo delle comunità locali”, ai vari livelli istituzionali, forme associative fino ai singoli cittadini, che dovrebbero farsi carico di questi giovani. Il protocollo d’intesa tra il garante dei minori della Regione e il tribunale per i minorenni di Bologna è già stato firmato: l’avviso arriverà fra fine agosto e inizio settembre, ma è già possibile segnalare il proprio interesse.

Nella Provincia Autonoma di Trento il Difensore Civico e Garante per i minori ha già istituito dal 2015 l’elenco di tutori volontari, con 78 nomine: poiché i volontari di tale elenco sono stati formati anche per i minori stranieri non accompagnati, a giugno è stato sottoscritto un protocollo fra la garante dei minori, Daniela Longo, il Presidente del tribunale per i minorenni di Trento e i Presidenti dei tribunali ordinari di Trento e Rovereto, per formalizzare l’istituzione dell’elenco dei tutori volontari per i minori stranieri non accompagnati. Lo stesso la Puglia, che a febbraio 2017 aveva fatto un appello straordinario per selezionare 200 tutori volontari di minori non accompagnati, 50 per ciascuna provincia. Già il 7 aprile 2017 la Garante regionale dei diritti del Minore, Rosangela Paparella, e il Presidente del Tribunale per i Minorenni di Taranto, Bombina Santella, avevano sottoscritto un nuovo protocollo d’intesa. Anche la Sicilia ha da tempo gli albi comunali dei tutori volontari: il Comune di Palermo, ad esempio, a gennaio 2017 alla presenza del Ministro dell’Interno Angelino Alfano e dei rappresentanti delle istituzioni coinvolte, aveva siglato un apposito protocollo di intesa con il Tribunale Civile, il Tribunale per i Minorenni, la Procura presso il Tribunale per i Minorenni, la Questura, l’Università degli Studi, l’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo, l’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia, e il Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. In Veneto il Garante per l’Infanzia ha avviato a partire dal 2001 un ufficio dedicato ai tutori volontari per i minori che ha portato gradualmente ad abbandonare la prassi di nominare tutori i referenti dei servizi territoriali, spesso non in grado di seguire personalmente la vicenda del bambino o dell’adolescente sottoposto a tutela. Rispetto alle nuove indicazioni della legge 47/2017, per il momento la Garante dei diritti della persona del Veneto, Mirella Gallinaro, e la Presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia, Maria Teresa Rossi, hanno sottoscritto un protocollo d’intesa.

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  • Articolo pubblicato il 20 Luglio 2017

Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale i decreti che hanno definitivamente dato il via alla Riforma del Terzo Settore. Ecco nel dettaglio cosa cambia con la nuova impresa sociale.

Impresa sociale - cosa cambia?Poche settimane fa è diventata realtà la Riforma del Terzo Settore, con il varo degli ultimi decreti attuativi. Approfittiamo della loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale per scendere nel dettaglio di uno degli aspetti che cambia il mondo del sociale, ma anche quello del lavoro e dell’impresa ad esso legato. Come cambia l’impresa sociale?

Impresa sociale: la definizione

L’articolo 1 del decreto legge 112 del 3 luglio 2017 dà un definizione all’interno della quale bisogna rientrare per potersi definire “impresa sociale”: «tutti gli enti privati che esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività». In questo tipo di impresa è contemplata la possibilità di svolgere il volontariato. I volontari devono essere annotati in un apposito registro e non devono essere di un numero superiore rispetto a quello dei lavoratori.

Utili d’impresa

Come riporta Vita non profit, gli utili vengono di norma destinati «allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio»; è vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili e avanzi di gestione a fondatori, soci o associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali. Niente premi, dunque, né compensi «individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze», limiti comunque agli stipendi, che non possono superare del 40% quelli previsti dai contratti collettivi. Limiti vengono stabiliti anche per evitare conflitti di interesse (non si potranno vendere beni o prestare servizi a prezzi di favore per i componenti dell’impresa, né per i finanziatori e neppure per i loro parenti). L’impresa sociale può invece destinare parte degli utili (meno del 50%) per aumentare gratuitamente il capitale sociale o – ed è questo un elemento fondamentale – distribuire dividendi ai soci, «in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato». Può inoltre deliberare erogazioni gratuite in favore di enti del Terzo settore diversi dalle imprese sociali, che non siano fondatori, associati, soci dell’impresa sociale o società controllate.

Le imprese sociali possono destinare una quota non superiore al 3% degli utili fondi istituiti dalle associazioni di imprese sociali o alla Fondazione Italia Sociale, il cui scopo è appunto la promozione e la crescita delle imprese sociali anche attraverso il finanziamento di specifici programmi di sviluppo. Si tratta di versamenti – è bene ricordarlo – «deducibili ai fini dell’imposta sui redditi dell’impresa sociale erogante».

Agevolazioni fiscali

L’articolo 18 del DL afferma che utili e avanzi di gestione non costituiscono reddito imponibile nei seguenti casi:
1) se vengono desinati a una riserva destinata «allo svolgimento dell’attivita’ statutaria o ad incremento del patrimonio» o ai contributi per l’attività ispettiva;
2) se servono ad aumentare il capitale sociale.

Buone notizie anche per chi finanzia un’impresa sociale: chiunque – persona fisica o società – si vedrà infatti riconosciuta una detrazione fiscale del 30% sull’investimento nel capitale di un’impresa o coop che diventi impresa sociale nei termini stabiliti dal decreto, a patto che sia stata costituita da meno di tre anni. La detrazione è valida per tre anni e non può superare 1 milione nel caso delle persone fisiche e 1,8 milioni nel caso delle società. Tali benefici, tuttavia, saranno validi a partire dopo il ricevimento dell’autorizzazione della Commissione europea, ovvero non prima del 2019.

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A Bruxelles è partito l’iter per la costituzione dell’Euro+Med Agri-Social Forum. Dalle esperienze di agricoltura sociale sviluppate in Europa e nel bacino del Mediterraneo, la rete dalla quale potranno nascere e coordinarsi politiche di inclusione e cooperazione.

Euro+Med Agri Social ForumPartendo dall’area del Mediterraneo è possibile far crescere in Europa nuove esperienze di agricoltura sociale, sviluppare iniziative e politiche inclusive che possano offrire soluzioni anche nell’ambito dell’immigrazione. Obiettivi ambiziosi all’origine della rete europea promossa da CIA-Agricoltori Italiani e Forum Agricoltura Sociale.

La rete

Euro+Med Agri-Social Forum è una rete che vuole far incontrare realtà internazionali dell’agricoltura sociale per affrontare in maniera sinergica le opportunità e le problematiche dell’area del Mediterraneo. L’iter costitutivo è stato avviato ufficialmente l’11 luglio, a Bruxelles. Alla presenza del vice presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, e del vice ministro alle Politiche Agricole, Andrea Olivero, un convegno sostenuto dal Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici è stata l’occasione per dare il via ai lavori.

Si tratta di un’esperienza che vede l’Italia partecipare con un ruolo di apripista, grazie all’impegno di CIA e Forum Agricoltura Sociale. Sono stati già avviati contatti con varie realtà, al fine di favorire lo scambio di conoscenze ed esperienze e sviluppare una comunicazione efficace nei confronti dei cittadini Ue.

“L’agricoltura sociale: un’esperienza concreta di welfare”

“L’agricoltura sociale rappresenta un’esperienza concreta di welfare, prima di tutto nel nostro Paese – ha detto Cinzia Pagni, vicepresidente vicario di Cia e componente del Forum Nazionale Agricoltura Sociale -. L’Italia si colloca ai primi posti dello scenario europeo con oltre 3.000 progetti e pratiche di agricoltura sociale all’attivo, 4 mila addetti su tutto il territorio e un valore della produzione di 200 milioni di euro. Ecco perché ci candidiamo a guidare questo percorso di condivisione e confronto a livello internazionale per la nascita di Euro+Med Agri-Social Forum, un’associazione aperta alle organizzazioni agricole, alla cooperazione sociale, alle organizzazioni del no profit, anche per affrontare la sempre più attuale questione dell’immigrazione”.

“L’agricoltura sociale – ha aggiunto Dino Scanavino, presidente nazionale di Cia- è una delle pratiche che maggiormente può contribuire a conseguire gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile contenuti nell’Agenda 2030 come la lotta alla povertà, alle disuguaglianze, il contrasto alla fame nel mondo e ai cambiamenti climatici. Allo scopo di costruire un’economia sociale, solidale e responsabile, dove il settore primario assolve una funzione di servizio al benessere dell’intera comunità, partendo dai più deboli. In questo senso, l’agricoltura sociale può davvero rappresentare un’esperienza concreta, anche simbolica, capace di rilanciare il progetto di un’Europa Unita”.

Fonte: cia.it

  • Articolo pubblicato il 6 Luglio 2017

Quali sono le Linee guida della Regione Lazio in materia di co-progettazione dei servizi sociali tra Amministrazioni locali e soggetti del Terzo Settore? Ecco le condizioni e le fasi identificate dall’allegato A del DGR 326/2017.

Linee guida per la co-progettazione dei servizi sociali della Regione LazioDa giugno 2017 sono definite le procedure standard omogenee che guideranno le Amministrazioni locali del Lazio nella co-progettazione dei servizi sociali in partenariato con organizzazioni private.

La delibera DGR 326/2017

La delibera 326/2017, che dà attuazione alle norme della legge-quadro nazionale 328/2000 e della legge regionale 11/2016 di riforma del welfare del Lazio, riporta nell’allegato A le Linee guida per la co-progettazione dei servizi sociali. La Giunta regionale del Lazio offre, così, uno strumento utile per la realizzazione di interventi innovativi e sperimentali nell’ambito dei welfare. Lo scopo è quello di garantire elementi di qualità, efficacia e funzionalità nell’erogazione dei servizi in ambito sociale.

L’importanza della co-progettazione dei servizi sociali

È lo stesso assessorato alle Politiche Sociali della Regione Lazio a manifestare l’importanza di questa novità. “La co-progettazione, così come stabilito dalla legge 328/2000 e dal DPCM attuativo del 30 marzo 2001, è uno strumento che promuove la collaborazione tra i diversi attori che si muovono nell’ambito del sociale e permette di diversificare i modelli organizzativi e le forme di erogazione dei servizi. Attraverso una corretta co-progettazione le Amministrazioni pubbliche possono favorire la partecipazione di soggetti no profit all’esercizio della funzione sociale, in applicazione dei principi di sussidiarietà, e nel rispetto dei principi di pari opportunità e trasparenza“.

La delibera, nelle Linee guida per la co-progettazione dei servizi sociali, specifica in modo particolare le condizioni e le fasi che devono essere soddisfatte.

Le condizioni per la co-progettazione

Nella co-progettazione devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:

  • Attraverso la co-progettazione le Amministrazioni pubbliche saranno supportate e coadiuvate dai soggetti del Terzo settore nella ricerca di soluzioni tecniche utilizzabili per l’attuazione di progetti innovativi, che abbiano come obiettivo il soddisfacimento della domanda di servizi individuati dall’Amministrazione.
  • I soggetti della co-progettazione devono essere scelti con una procedura aperta a tutti i soggetti del Terzo settore. La collocazione degli stessi all’interno del piano di zona assume caratteristiche strategiche rispetto al modello di sussidiarietà. Dovrà essere garantita l’osservanza dei principi di trasparenza, economicità ed efficacia sia nella fase della programmazione e co-progettazione sia in quella di scelta dell’erogatore del servizio e di esecuzione dello stesso.
  • La titolarità delle scelte dovrà rimanere in capo all’Amministrazione. Lo strumento della co-progettazione potrà riguardare interventi innovativi e sperimentali, anche di attività complesse e dovranno essere messe in comune le risorse per l’attuazione di obiettivi e progetti condivisi.
  • La partecipazione dei soggetti del Terzo settore nelle successive fasi 1, 2, 3 e 4 dovrà essere svolta a titolo gratuito e dovrà essere specificato in fase di selezione che non potranno essere riconosciuti corrispettivi.
  • Dovranno essere definiti in maniera chiara i limiti dell’attività di coprogettazione, più in particolare dovranno essere specificati gli obiettivi da raggiungere tramite la co-progettazione, il ruolo dei singoli soggetti all’interno del progetto, le responsabilità dei soggetti, i tempi di realizzazione, l’ importo a disposizione, le eventuali tipologie e quote di co-partecipazione e cofinanziamento.
  • Gli elaborati progettuali dei soggetti che intendono partecipare dovranno contenere: analisi dei problemi, obiettivi, metodi e modalità degli interventi, proposta organizzativa e gestionale, analisi dei costi, specifiche sulla modalità di co-partecipazione. A tal fine i soggetti che vorranno prendere parte al processo, nel definire il progetto dovranno individuare interessi/modalità d’azione comuni e definire la struttura di governance, le rispettive quote di budget e le modalità d’integrazione.

Le fasi della co-progettazione

Fase 1 – Avvio della procedura di co-progettazione Pagina
L’Ente Pubblico predispone un documento con il settore d’intervento per il quale si intende concorrere alla co-progettazione. E’ bandita un’istruttoria pubblica allo scopo di identificare il/i soggetto/i del Terzo settore che si possano qualificare come partner dell’Ente pubblico.

Fase 2 – Individuazione del soggetto partner
Ai fini dell’individuazione del soggetto/i partner per la realizzazione della co-progettazione, l’Amministrazione indice l’istruttoria pubblica indicando il valore dell’affidamento, il tipo di procedura e i soggetti ammessi a partecipare, che secondo quanto previsto dall’art 1, comma 5, della legge 328/2000 e dagli artt 2 e 7 del DPCM 30.03.2001, sono soggetti del Terzo settore in forma singola o in raggruppamento temporaneo. L’istruttoria pubblica di co-progettazione deve garantire imparzialità, trasparenza e pari trattamento attraverso un’adeguata pubblicità che consenta a tutti i soggetti interessati, in possesso dei requisiti di ordine generale, capacità tecnica e professionale, economica e finanziaria le stesse possibilità di partecipazione e permetta comunque il controllo sulla legittimità e correttezza delle procedure. I soggetti interessati potranno avanzare la propria proposta e sulla base dei requisiti posseduti e della proposta presentata, il soggetto pubblico procede alla selezione del soggetto/i partner.

Fase 3 – Realizzazione della co-progettazione
È la fase nella quale si avvia l’attività esecutiva di co-progettazione tra i responsabili tecnici del/dei soggetto/i selezionato/i ed i responsabili dell’Amministrazione pubblica, procedendo, quindi, alla discussione analitica e critica, alla definizione di variazioni, alla definizione degli aspetti esecutivi, tenendo conto degli obiettivi da conseguire.

Fase 4 – Approvazione dell’esito della co-progettazione e dell’accordo di collaborazione per la realizzazione del progetto
Con provvedimento del Responsabile di procedimento dell’Ente, vengono approvati i risultati della co-progettazione ed è disposta la stipula dell’accordo di collaborazione.

Fase 5 – Stipula in forma di convenzione dell’accordo di collaborazione con il quale sono regolati i rapporti tra l’Ente locale e il terzo settore

Fase 6
1. Verifica delle prestazioni effettivamente erogate;
2. Conclusione delle attività e della partnership.

Le fasi identificate sono dettagliate nell’Allegato A della delibera.

La delibera disponibile online

È disponibile per il download il testo integrale della DGR 326/2017 e il suo Allegato A.

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  • Articolo pubblicato il 30 Giugno 2017

La Riforma del Terzo Settore finalmente al via. Dal Consiglio dei Ministri gli ultimi decreti attuativi. Ecco cosa cambia per 5 per mille, impresa sociale e con il Codice unico del Terzo Settore.

Riforma Terzo Settore, approvati i decreti attuativiÈ passato più di un anno dall’approvazione della Riforma, ma ora l’iter per l’emanazione dei decreti attuativi è terminato. La riforma del Terzo Settore è realtà. Il Consiglio dei Ministri ha posto gli ultimi tasselli, dopo l’approvazione del decreto che istituisce il Servizio Civile Universale, normando nel dettaglio l’impresa sociale, le modalità di richiesta del 5 per 1000, il Registro Unico Nazionale e, quindi, il Codice Unico del Terzo Settore.

Codice Unico del Terzo Settore

Sono state varate una serie di norme in materia fiscale che regolamentano gli enti del terzo settore. Le associazioni dovranno adeguarsi a tali norme entro un anno dall’entrata in vigore dei decreti attuativi (quindi, entro il 28 giugno 2018).

Viene data una definizione di Terzo settore, all’interno del quale rientrano:

  • organizzazioni di volontariato
  • associazioni di promozione sociale
  • enti filantropici
  • imprese sociali, incluse le cooperative sociali
  • reti associative
  • società di mutuo soccorso
  • ogni altro ente costituito in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, o di fondazione per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma volontaria e di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi.

Registro Unico del Terzo Settore

Presso le regioni, ma attraverso una piattaforma nazionale, sarà istituito il Registro Unico del Terzo Settore, attraverso la cui iscrizione sarà possibile domandare l’accesso al Fondo progetti, al cinque per mille, agli incentivi fiscali.

Gli enti del Terzo settore sono tenuti all’adeguamento degli statuti e all’iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore. A seconda della dimensione, gli enti sono tenuti a pubblicare sul proprio sito il bilancio sociale, compensi o corrispettivi dei componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti e agli associati.

5 per 1000

Viene completata la riforma dell’istituto avviata con la legge di bilancio del 2015 che per la prima volta aveva destinato risorse in maniera stabile. Sono 500 milioni che vanno a coprire le scelte che i contribuenti fanno in sede di dichiarazione dei redditi. Vengono introdotte delle modalità per la razionalizzazione e la revisione dei criteri di accreditamento dei soggetti beneficiari e dei requisiti per l’accesso al beneficio, la semplificazione e accelerazione delle procedure per il calcolo e l’erogazione dei contributi spettanti, nonché l’introduzione di obblighi di pubblicità delle risorse erogate, attraverso un sistema improntato alla massima trasparenza. Il 5×1000 si estende a tutti gli enti iscritti nel Registro unico nazionale. i soggetti beneficiari e le amministrazioni sono tenuti ad una serie di obblighi di trasparenza rendendo noto la destinazione di queste risorse.

Impresa sociale

Possono trasformarsi in impresa sociale tutte le organizzazioni private che esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività. Non possono diventare imprese sociali le amministrazioni pubbliche e le organizzazioni i cui atti costitutivi limitino ai propri soci (o associati) l’erogazione di beni e servizi. La legge amplia gli ambiti di intervento dell’impresa sociale. Tra tali attività sono incluse: le prestazioni sanitarie riconducibili ai Livelli essenziali di assistenza; i servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente; gli interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio; la ricerca scientifica di particolare interesse sociale; la formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo; la cooperazione allo sviluppo; il commercio equo e solidale; il microcredito; l’agricoltura sociale e l’organizzazione e la gestione di attività sportive dilettantistiche. L’attività di impresa di interesse generale deve essere svolta “in via principale”, ossia deve generare almeno il 70% dei ricavi complessivi.

Per entrare nel dettaglio di questa parte della riforma, vi invitiamo a consultare le misure contenute nel decreto legge 112 del 3 luglio 2017

Dotazione finanziaria

La legge ha una dotazione finanziaria 190 milioni, di cui 160 milioni a copertura delle misure fiscali e tributarie di favore. Le altre risorse sono destinati per potenziare i Centri di servizio per il volontariato, a istituire il Registro unico del Terzo settore e al fondo per il Servizio civile.

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  • Articolo pubblicato il 6 Giugno 2017

L’approvazione della legge 46/2017, che converte il Decreto Minniti, e della legge 47/2017, riguardante le “misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati”, apporta delle importanti modifiche normative in tema di immigrazione. Li ha sintetizzati ZOC Informa, l’approfondimento a cura dello Sportello legale del Centro Ascolto Stranieri della Caritas di Roma.

L'approfondimento su Decreto Minniti e Legge per la tutela dei Minori non accompagnati del Centro Ascolto Stranieri della CaritasImportanti cambiamenti ci sono stati negli ultimi mesi in tema di immigrazione. Il 2017 ha visto l’emanazione del cosiddetto Decreto Minniti, che ha completato ad aprile l’iter di conversione in Parlamento (legge 46/2017 – “Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale”). E ad aprile è stata approvata anche una legge nata con l’obiettivo di tutelare i minori stranieri non accompagnati, cioè bambini e adolescenti che arrivano in Italia senza nessun adulto che sia loro responsabile.

Il numero di giugno di ZOC Informa, il documento dello Sportello legale del Centro Ascolto Stranieri della Caritas di Roma, approfondisce proprio questi due argomenti sintetizzandone le principali modifiche normative che apporteranno.

Legge 13 aprile 2017, n. 46, Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto Minniti (decreto-legge 17 febbraio 2017 n. 13)

“Accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale e contrasto dell’immigrazione illegale”.

  • Vengono istituite le sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, presso tutti i tribunali ordinari del luogo nel quale hanno sede le Corti d’appello.
    Queste sezioni saranno competenti in merito a ciò che riguarda il mancato rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari o familiari, l’impugnazione del provvedimento di allontanamento nei confronti di cittadini dell’UE, diniego del ricongiungimento familiare, il riconoscimento dello stato di apolidia o della cittadinanza italiana, ecc.
  • Sono previste misure per migliorare e rendere più efficace la notifica dei provvedimenti relativi all’audizione del richiedente asilo presso la Commissione territoriale, riconoscendo valore alla posta elettronica certificata del responsabile del centro o della struttura in cui il richiedente è accolto o trattenuto, che si deve occupare di effettuare la consegna al destinatario.
    Viene dato più spazio e riconoscimento alla modalità di videoregistrazione del colloquio che il richiedente asilo deve tenere dinanzi la Commissione territoriale competente.
  • i Prefetti potranno promuovere, d’intesa con i Comuni e con le organizzazioni del terzo settore, ogni iniziativa utile all’implementazione dell’impiego di richiedenti protezione internazionale, su base volontaria, in attività di utilità sociale in favore delle collettività locali, promuovendo la diffusione delle buone prassi e di strategie congiunte tra i soggetti sopra indicati, e predisponendo appositi progetti da finanziare con risorse europee destinate al settore dell’immigrazione e dell’asilo.
  • Gli Hotspot prendono il nome di “Punti di crisi” e il loro sistema, previsto nel dlgs 142/2015, viene esteso anche al Testo Unico sull’immigrazione, il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Effettueranno le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico, pur assicurando l’informazione sulla procedura di protezione internazionale, sul programma di ricollocazione in altri Stati membri dell’Unione europea e sulla possibilità di ricorso al rimpatrio volontario assistito.
  • Per assicurare l’effettività delle espulsioni vengono potenziati i centri di permanenza per i rimpatri. Il Decreto stabilisce infatti che i CIE, già CPT, diventeranno CPR, centro di permanenza per i rimpatri. L’obiettivo è quello di assicurare in maniera più celere l’esecuzione dei provvedimenti di espulsione dello straniero, e per questo motivo saranno adottate tutte le iniziative necessarie per garantire l’ampliamento della rete dei nuovi centri in modo da assicurare la distribuzione delle strutture sull’intero territorio nazionale.

Legge 7 aprile 2017 n. 47 “Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati”

  • Definizione unica per tutte le fattispecie di Minore straniero non accompagnato: “il minorenne non avente cittadinanza italiana o dell’Unione europea che si trova per qualsiasi causa nel territorio dello o che è altrimenti sottoposto alla giurisdizione italiana, privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabile in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano.”
  • Il minore non accompagnato non può essere respinto alla frontiera ed è considerato appartenente alla categorie vulnerabili.
  • Il personale qualificato della struttura di prima accoglienza nel quale il minore viene accolto, al suo ingresso, svolge un colloquio volto ad approfondire la sua storia personale e familiare e a far emergere ogni altro elemento utile alla sua protezione.
  • Nei cinque giorni successivi al colloquio, se non sussiste un rischio per il minore straniero non accompagnato o per i suoi familiari, previo consenso informato dello stesso minore ed esclusivamente nel suo superiore interesse, l’esercente la responsabilità genitoriale, anche in via temporanea, invia una relazione all’ente convenzionato, che avvia immediatamente le indagini. Qualora siano individuati familiari idonei a prendersi cura del minore straniero non accompagnato, tale soluzione deve essere preferita al collocamento in comunità.
  • L’identità del minore straniero non accompagnato è accertata in via principale attraverso un documento identificativo dalle autorità di pubblica sicurezza, mentre la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni potrà disporre esami socio sanitari volti all’accertamento dell’età qualora non sia stata individuata in altro modo.
  • L’accertamento socio-sanitario dell’età deve essere svolto in un ambiente idoneo con un approccio multidisciplinare da professionisti adeguatamente formati e se necessario, in presenza di un mediatore culturale, utilizzando modalità meno invasive possibili e rispettose dell’età presunta, del sesso e dell’integrità fisica e psichica della persona. Non devono essere eseguiti esami sociosanitari che possano compromettere lo stato psico-fisico della persona.
  • Su disposizione del tribunale per i minorenni tra i provvedimenti che possono essere presi intorno alla sfera giuridica del minore vi è anche il rimpatrio assistito e volontario che può essere adottato quando il ricongiungimento con i suoi familiari nel Paese di origine o in un Paese terzo corrisponde al superiore interesse del minore.
  • Istituzione del registro dei tutori volontari al quale possono essere iscritti anche privati cittadini, selezionati e adeguatamente formati da parte dei garanti regionali e delle province autonome per l’infanzia e l’adolescenza.
    Per maggiori informazioni: Tutore volontario per minori non accompagnati. linee guida

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Il Tutore volontario per minori non accompagnati è la figura innovativa prevista dalla nuova legge sull’accoglienza dei minori non accompagnati. Sono pronte le linee guida per la selezione e la formazione dei candidati, che sarà portata avanti dall’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza.

Tutore volontario per minori non accompagnati: L'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza si occuperà della loro formazioneEntro il 6 agosto 2017, come prevede la nuova legge 47/2017, saranno istituiti gli albi che includeranno i cittadini selezionati per svolgere il ruolo di Tutore volontario per minori non accompagnati. Si tratta di una novità non solo nel panorama italiano. Per la prima volta, in tutta Europa, si è immaginata una figura adulta che faccia da punto di riferimento per quei minori che giungono da soli, senza familiari, nel nostro Continente.

Cos’è il Tutore volontario per minori non accompagnati

Come afferma Filomena Albano, Garante per l’infanzia e l’adolescenza, questa figura «ha l’obiettivo di incarnare una nuova idea di tutela legale: non solo rappresentanza giuridica ma figura attenta alla relazione con i bambini e i ragazzi che vivono nel nostro paese senza adulti di riferimento, capace di farsi carico dei loro problemi ma anche di farsi interprete dei loro bisogni e garante dei loro diritti».

Sarà proprio l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza insieme ai garanti regionali e delle province autonome a selezionare e formare i tutori, che verranno poi inseriti in appositi elenchi istituiti presso il Tribunale per i minorenni. La legge sull’accoglienza dei minori non accompagnati, approvata due mesi fa, prevede che gli albi siano pronti entro 90 giorni dall’entrata in vigore delle legge stessa. Da questa prescrizione nasce la scadenza fissata per il 6 agosto.

Le linee guida

La funzione del tutore è gratuita e volontaria e la selezione – che avverrà attraverso la predisposizione di un bando pubblico e aperto –  si articolerà in tre fasi:

a. preselezione: i candidati saranno selezionati – con procedura di evidenza pubblica – sulla base dei titoli presentati nella domanda;

b. formazione: i candidati che soddisfino i requisiti previsti dal bando saranno ammessi alla procedura di formazione;

c. iscrizione nell’elenco dei tutori volontari: i candidati che abbiano portato a termine l’intera procedura di formazione, dopo avere prestato il proprio consenso, saranno iscritti nell’elenco dei tutori volontari istituito presso il Tribunale per i minorenni.

Le linee guida sono il frutto di un’attività che ha coinvolto più soggetti, hanno l’obiettivo di indirizzo a livello nazionale, fermo restando che potranno essere opportunamente implementate alla luce delle esigenze e delle caratteristiche delle singole realtà territoriali.

L’obiettivo è di assicurare una tendenziale uniformità per garantire un efficace ed effettivo esercizio della funzione di tutore sul territorio nazionale, anche in vista dei risvolti che la materia della tutela volontaria sta assumendo a livello internazionale.

Le linee guida per svolgere il ruolo di Tutore volontario per minori non accompagnati sono scaricabili dal sito dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza.