• Articolo pubblicato il 2 Dicembre 2014

“La Rendicontazione Sociale: prospettive e strumenti”

Sabato 13 Dicembre 9.30/12.30

Il tema della rendicontazione sociale si pone oggi come preponderante per le organizzazioni del terzo settore, per le quali la misurazione delle performance economico-finanziarie è insufficiente a tracciarne un profilo completo dell’operato. In quest’ottica, numerosi modelli sono stati sviluppati, al fine di fornire ai manager linee guida per misurare e comunicare l’impatto che le attività implementate generano sul territorio circostante. Nel corso dell’intervento, i principali modelli esistenti verranno presentati ed analizzati nelle loro caratteristiche distintive ed ambito di applicazione. Una maggiore comprensione degli strumenti esistenti è infatti di supporto nella scelta del modello che meglio può rispondere alle esigenze specifiche di ciascuna organizzazione. In particolare, un focus sarà previsto sul Social Return On Investment (SROI) e la Social Balanced Scorecard (SBSC). Questi due esempi, ampiamente utilizzati nel terzo settore, offrono spunti interessanti per l’approfondimento di tematiche quali il principio della monetizzazione e la differenza tra metodi e framework di analisi. L’intervento si concluderà con la proposta di un sistema di self-assessment per la scelta del modello più idoneo ed un’esercitazione sull’individuazione degli indicatori per la misurazione.

Programma

Dalla rendicontazione economica alla misurazione sociale
Impatto sociale e processo di misurazione: definizioni, limiti e benefici
Panoramica sui modelli di misurazione
Focus sullo SROI: analisi della metodologia e del principio della monetizzazione
Focus sulla Social Balanced Scorecard: i framework di analisi
Self-assessment ed esercitazione

Docenti

Laura Michelini è Professore Associato in Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università LUMSA. I suoi interessi di ricerca includono la Corporate Social Responsibility (CSR), l’imprenditorialità sociale, la social innovation e il business inclusivo.

Cecilia Grieco è dottoranda di ricerca in “Comunicazione, interculturalità e organizzazioni complesse” presso l’Università LUMSA. Svolge attività di ricerca sul tema della misurazione degli impatti sociali nelle imprese sociali ed organizzazioni del terzo settore in Italia.

 

  • Articolo pubblicato il 2 Dicembre 2014

Giovani, Lavoro e Relazione educativa
Venerdì 12 Dicembre 15.00/18.00

L’efficacia della relazione educativa si misura anche per il fatto che all’interno dell’inevitabile dimensione asimmetrica, essa si caratterizzi come luogo di scambio, di cooperazione e di collaborazione tra educatore ed educando. Non tutte le relazioni educative sono ugualmente efficaci relativamente alla facilitazione degli apprendimenti e delle competenze relazionali; ciò richiede all’educatore un continuo monitoraggio del suo essere in relazione, una disponibilità a mettersi in gioco nella relazione educativa non solo come soggetto di cambiamento, ma anche come soggetto al cambiamento, capace cioè di accogliere le risposte dell’educando come elementi costitutivi della stessa azione educativa e di modificare di conseguenza la quantità e la qualità del suo intervento.

Programma

La Relazione educativa oggi: conversazione con Eraldo Affinati (introduce e discute Raniero Regni)

Eraldo Affinati: alle radici di una vocazione pedagogico-letteraria. Dalla riflessione sui lager (“Campo del sangue”) a un insegnamento di frontiera (“La città dei ragazzi”). Sulle tracce di Dietrich Bonhoeffer (“Un teologo contro Hitler”). Le vie della letteratura italiana (“Peregrin d’amore”). Il recupero dei ragazzi difficili (“Elogio del ripetente”). La scuola di italiano per stranieri “Penny Wirton”. In viaggio con Khaliq (“Vita di vita”).

Docenti

Eraldo Affinati è nato nel 1956 a Roma dove vive e lavora. Insegna italiano e storia nell’Istituto Professionale di Stato “Carlo Cattaneo”, presso la succursale della Città dei Ragazzi.
Autore di numerosi libri, ha fondato, insieme alla moglie, Anna Luce Lenzi, la “Penny Wirton”, una scuola di italiano per stranieri. Italiani anche noi (Il Margine, 2011) è appunto il titolo del manuale della Penny Wirton.

Raniero Regni è laureato in Filosofia presso l’Università di Perugia, Dottore di Ricerca in Pedagogia presso l’Università Roma Tre, è stato docente di Storia e Filosofia nel Liceo, è attualmente professore Ordinario di Pedagogia sociale, Educazione degli adulti e Pedagogia interculturale presso il Dipartimento di Scienze Umane della LUMSA di Roma, referente per la sede della Lumsa di Gubbio.

  • Articolo pubblicato il 2 Dicembre 2014

Sono ancora disponibili alcuni posti per partecipare ai due seminari gratuiti “Giovani, Lavoro e Relazione educativa” e “La Rendicontazione Sociale: prospettive e strumenti”  che si terranno il 12 e 13 dicembre presso la sede LUMSA, Piazza delle Vaschette, 101 – 00193 Roma. I due incontri sono organizzati nell’ambito del Progetto di ricerca-intervento volto allo sviluppo del sistema cittadino dei centri di aggregazione per adolescenti realizzato dall’Associazione Oasi, in collaborazione con la Rete ITER e la Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA), in attuazione della Legge 285/97 e promosso dal Dipartimento Servizi Educativi e Scolastici, Giovani e Pari Opportunità di Roma Capitale.

Per iscriversi agli incontri è necessario scaricare le schede di iscrizione e inviarle compilate via mail all’indirizzo [email protected] entro venerdì 5 dicembre.

Le richieste di iscrizione saranno accettate compatibilmente con la disponibilità dei posti e in ordine di arrivo delle stesse.

 

Per visualizzare i programmi e scaricare le schede d’iscrizione clicca qui:

Giovani, Lavoro e Relazione educativa – Venerdì 12 Dicembre 15.00/18.00

La Rendicontazione Sociale: prospettive e strumenti – Sabato 13 Dicembre 9.30/12.30

  • Articolo pubblicato il 1 Dicembre 2014
Più centri d'assistenza per combattere la violenza sulle donneIn occasione del 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, è stata annunciata la delibera della Regione Lazio che raddoppia il numero delle strutture attive proprio nella tutela delle donne: attualmente sono 19 i centri operativi e nel 2015 se ne aggiungeranno altri 19, per un totale di 58 strutture diffuse in tutte le province. La delibera è stata presentata e illustrata da Nicola Zingaretti insieme all’assessore alle Politiche sociali Rita Visini, al consigliere Marta Bonafoni e al consigliere Eugenio Patanè.

Lo stanziamento totale della delibera ammonta a circa 4 milioni di euro, 2 dei quali provengono dal bilancio regionale e altri 2 dal riparto del Fondo per le politiche dei diritti e delle pari opportunità.
Attualmente esistono strutture per il contrasto alla violenza femminile nelle province di Roma, Frosinone e Latina e la riforma intende coinvolgere anche quelle di Viterbo e di Rieti, finora escluse. Tali centri offrono prima accoglienza verso le donne vittime di violenza, ospitano servizi di ascolto, spesso sono case rifugio che garantiscono consulenza e animazione culturale al territorio, insomma centri di aggregazione importantissimi.
Le nuove strutture saranno così distribuite: 6 a Roma, 3 a Latina, 2 a Frosinone, 1 a Viterbo e 1 a Rieti, queste saranno finanziate nel primo anno con 58mila euro, mentre alle altre già esistenti e attive ne spetteranno 30mila a testa. Sarà incrementato anche il numero delle case rifugio, che ad oggi sono 8 e nel 2015 diventeranno 13, per un totale complessivo di 132 posti pronti ad accogliere minori e madri in difficoltà in tutto il Lazio. A queste case rifugio la Regione assegnerà 1,1 milioni di euro, circa 70mila euro a struttura.
Inoltre, è prevista una novità: oltre al potenziamento e all’incremento dei centri già esistenti, sarà aperta una nuova casa per la semi-autonomia, quindi una struttura dedicata alle donne che hanno bisogno di supporto ma stanno raggiungendo un’autonomia lavorativa ed economica. La casa sarà in provincia di Roma, una struttura analoga è già presente in provincia di Latina.
La delibera stanzia infine 170mila euro destinati all’attivazione di reti territoriali antiviolenza, quindi tutti quei servizi collaterali ma preziosissimi per sensibilizzare ed informare i cittadini: in particolare gli sportelli antiviolenza, frutto della collaborazione tra istituzioni, associazioni ed enti locali, lo scorso anno erano10 in tutto il territorio laziale e nei prossimi mesi dovrebbero aprirne altri 5-7, così da coprire tutte le province.

Fonte: dirittisociali.org

  • Articolo pubblicato il 1 Dicembre 2014

fondazione-nesi-455x330Il Consiglio della Fondazione Nesi ha indetto il Premio Nesi 2015.

Obiettivo del Premio

Valorizzazione e il sostegno di persone, movimenti, esperienze che si siano distinti nel campo dell’emancipazione delle persone e delle comunità attraverso servizi ed attività socio-educativo-culturali.
Ogni candidato che ha partecipato alle precedenti edizioni ha la possibilità di ricorrere al premio per propria o per altrui candidatura o per valutazione del Comitato di esperti.
Ciascuna candidatura dovrà essere accompagnata da una motivazione che descriva l’operato dei candidati, permetta di valutarne l’impatto sui territori di riferimento e i risultati ottenuti dalle attività dei candidati e quanto ritenuto utile dal proponente.

Importo del Premio

€2.000,00.
Le candidature al premio possono essere avanzate da singoli, associazioni, gruppi, movimenti, istituzioni ed enti. Potranno essere sostenute anche da più soggetti.

Termini di presentazione delle candidature

Le candidature, tramite posta o consegna a mano, dovranno pervenire entro il 31 dicembre 2014 al seguente indirizzo:
Fondazione Nesi
Via La Pira 11, Quartiere Corea
57121 Livorno

Fonte: www.synagosrl.com

  • Articolo pubblicato il 28 Novembre 2014
Rapporto realizzato dal Banco farmaceutico, in collaborazione con Caritas, Acli, Cei e Unitalsi. In totale in Italia il 10 per cento della popolazione è in povertà sanitaria (6 milioni di persone, +93% dal 2007), la maggior parte sono immigrati: è aumentata del 3,86 per cento la richiesta di farmaci da parte di quella fascia di popolazione che non è più in grado di acquistare medicinali nemmeno quelli con ricetta medica.

Cresce in Italia la povertà sanitaria e riguarda nella maggior parte dei casi gli immigrati. Nel 2014, infatti, è aumentata del 3,86 per cento la richiesta di farmaci da parte di quella fascia di popolazione che non è più in grado di acquistare medicinali nemmeno quelli con ricetta medica. In particolare si è passati dalle 2.943.659 confezioni di farmaci richieste nel 2013 alle 3.057.405 del 2014. È quanto emerge dal Rapporto sulla povertà sanitaria 2014, uno studio realizzato dall’Osservatorio sulla donazione dei farmaci del Banco Farmaceutico onlus svolto in collaborazione con un comitato scientifico composto da: Acli, Caritas nazionale, Ufficio per la Pastorale della Salute della Cei e dall’Unitalsi (Unione nazionale italiana trasporto ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali). In totale, ricorda il rapporto, il 10 per cento della popolazione in Italia è in povertà sanitaria: l’ultimo dato disponibile, del 2013, parla di 6 milioni di persone. Un dato cresciuto del 93 per cento dal 2007.

Rispetto al Rapporto 2014, l’analisi è stata elaborata a partire da un campione di 46 enti convenzionati con il Banco Farmaceutico dispensatori di farmaci, divisi in tre aree (Nord, centro e Sud). Rispetto all’età dall’analisi emerge che in tutte le aree geografiche gli assistiti sono prevalentemente adulti (59,3 per cento), mentre sono meno numerosi i bambini (22 per cento) e gli anziani (18,7 per cento). Globalmente la popolazione assistita è composta soprattutto da soggetti immigrati (60,2 per cento) e in misura inferiore da italiani (39,8 per cento). Tale differenza è più sfumata al Nord e si accentua nelle regioni italiane centrali.

La ripartizione in base al sesso evidenzia una prevalenza di maschi (54,3 per cento), con l’eccezione dell’Italia centrale dove è maggiormente rappresentata la popolazione femminile. Il campione analizzato ha permesso di evidenziare come la modalità prevalente con cui i pazienti approdano agli Enti è rappresentata dal contatto spontaneo, mentre quote progressivamente inferiori sono inviate dai Servizi Sociali, da un Pronto soccorso o da un medico curante.

Globalmente nel primo semestre del 2014 gli enti selezionati hanno dispensato oltre 875.000 dosi giornaliere di farmaci. In accordo con la distribuzione territoriale degli Enti, la maggior parte delle dispensazioni è avvenuta nelle regioni settentrionali. La categoria di farmaci maggiormente dispensata è quella dei farmaci per l’apparato respiratorio. Seguono, in ordine decrescente, i prodotti per il sistema gastrointestinale ed il metabolismo, per l’apparato cardiovascolare, gli antimicrobici per uso sistemico e gli antiinfiammatori. Dal rapporto emerge anche che allo stato attuale oltre il 60 per cento degli enti intervistati non è in grado di fornire una adeguata assistenza ai pazienti affetti da una o più patologie, principalmente di natura psichiatrica, oncologica e ginecologico-urologica. I motivi del mancato trattamento sono rappresentati dalla mancanza di competenze specifiche (70 per cento dei casi), ma anche dalla carenza di farmaci (9% dei casi), dall’orientamento prevalente dell’Ente verso determinate patologie (9%) e, più in generale, dalla presenza di problemi organizzativi. Deve però essere sottolineato che i pazienti che non possono essere trattati non vengono abbandonati bensì, nella maggior parte dei casi, inviati ad un Pronto Soccorso/Ospedale, a Centri specializzati, oppure affidati alle cure di medici operanti volontariamente in supporto all’attività degli Enti. Solo in una minima percentuale di casi non è possibile alcun tipo di intervento. Inoltre, il 75 per cento degli Enti opera un regolare monitoraggio dei pazienti mediante visite di controllo periodiche (54%), richiesta di analisi cliniche (11 per cento), o invito a ripresentarsi (11 per cento). È infatti degno di nota osservare che ben l’80% delle richieste viene soddisfatto.

Redazione (Fonte: Redattore Sociale)

@nelpaeseit

  • Articolo pubblicato il 28 Novembre 2014
Italia: non si investe più nella ricercaL’agenzia Eurostat ha indagato sull’intensità degli stanziamenti per la ricerca in Europa, elemento al centro delle linee guida al 2020 nel vecchio continente, in quanto favorisce la crescita e l’uscita dalla crisi economica. Ne emerge che nel 2013 gli Stati membri dell’Ue hanno speso quasi 275 miliardi di euro in R&D (ricerca e sviluppo), che equivalgono al 2,02% del PIL aggregato. È sicuramente un’evoluzione positiva rispetto al 2004, quando questa spesa ammontava al 1,76% del PIL ma risulta comunque carente se confrontata con altri Paesi. In Corea alla ricerca viene dedicato il 4% del PIL, in Giappone il 3,38%, il 2,81% negli USA, poco sotto il 2% in Cina.

In questo panorama l’Italia fa un po’ da fanalino di coda. Con il 1,25% di PIL investito in ricerca e sviluppo, il governo di Roma si colloca al di sotto di Paesi come Slovenia (2,59% del PIL) e Portogallo (1,3% del PIL), anch’essi duramente colpiti dalla crisi. Il governo Renzi avrebbe inserito questo tema in agenda, e la legge di Stabilità attualmente all’esame del Parlamento include sgravi fiscali per i ricercatori e per chi produce brevetti.

A livello europeo, in cima alla classifica per spesa in rapporto al PIL si collocano la Finlandia (3,32%), la Svezia (3,21%) e la Danimarca (3,05%). A questi stati virtuosi seguono Germania (2,94%) e Austria (2,81%). Al lato opposto della graduatoria troviamo Romania (0,39%), Cipro (0,48%), Lettonia (0,60%), Bulgaria (0,65%), Grecia (0,78%), Croazia (0,81%), Slovacchia (0,83%), Malta (0,85%), Polonia (0,87%) e Lituania (0,95%). Con il suo 1,25% l’Italia si colloca di poco al di sopra della Spagna (1,24%), ma comunque rimane lontana da Regno Unito (1,63%) e Francia (2,23%).

Il trend complessivo evidenziato è quello di un aumento degli stanziamenti, ma si nota comunque una reticenza, specie dagli stati colpiti più duramente dalla crisi, ad investire in questo settore. Risulta quindi importante evidenziare l’importanza della lungimiranza dei governi, poiché gli investimenti in quest’area hanno un ritorno rilevante, ma non immediato. Ci auguriamo quindi che l’attuale governo faccia tutto ciò che è necessario per rafforzare il ruolo dell’Italia in questo settore.

Fonte: dirttisociali.org

  • Articolo pubblicato il 27 Novembre 2014
Sabato 29 novembre si svolgerà il tradizionale appuntamento promosso dal Banco Alimentare, sempre più importante per aiutare chi ha bisogno

Per affrontare la drammatica situazione in cui trova una parte sempre più consistente della popolazione italiana, sabato 29 novembre in tutta la Penisola si svolgerà la Giornata Nazionale della Colletta Alimentare. Il tradizionale appuntamento promosso dalla Fondazione Banco Alimentare, giunto quest’anno alla sua diciottesima edizione, permetterà di raccogliere generi alimentari a lunga conservazione che saranno destinati a milioni di persone colpite dalla povertà alimentare.

Aumentano i poveri, cresce l’indigenza alimentare

Le ultime rilevazioni dell’Istat indicano come 6 milioni di persone in Italia si trovino oggi in povertà assoluta, incapaci cioè di acquistare beni e servizi necessari al mantenimento di uno standard di vita considerato minimamente accettabile. Un quadro drammatico, soprattutto se si tiene conto che negli ultimi anni, complice ovviamente la deflagrazione della crisi nell’economia reale, il numero dei poveri assoluti è praticamente raddoppiato. Se nel 2010 erano il 5.2% della popolazione (circa 3.1 milioni di persone) oggi, come detto, sfiorano il 10%.

Tra le conseguenze più evidenti di questa diffusione della povertà sono certamente da annoverare le problematiche legate all’alimentazione. Gli ultimi dati pubblicati da AGEA – l’agenzia del Governo italiano che si occupa di distribuire risorse stanziate dall’UE per il contrasto all’indigenza alimentare – indicano che 3.686.942 di persone nel 2012 sono state aiutate grazie alle erogazioni dell’ente. Nel 2010 erano circa un terzo in meno: 2.763.379. Di fronte a questi dati, e tenendo conto dell’aumento generalizzato della povertà, è lecito ipotizzare che negli ultimi due anni questi numeri siano cresciuti ulteriormente, con immaginabili conseguenze per chi ogni giorno opera a sostegno di coloro i quali si trovano in difficoltà.

L’impegno quotidiano del Banco Alimentare

Tra le organizzazioni che sono in prima linea nella lotta alla povertà alimentare c’è sicuramente la Fondazione Banco Alimentare. Negli ultimi anni questo “grossista della solidarietà” ha dovuto fronteggiare l’aumento delle richieste di aiuto diversificando le proprie modalità di recupero del cibo. Oltre ad essere accreditato presso l’AGEA, il Banco ha sviluppato numerose partnership con industrie agroalimentari, imprese ortofrutticole, aziende della grande distribuzione e, attraverso il progetto SitiCibo,  accordi con mense aziendali, mense scolastiche, ristoranti, hotel, self service e altri esercizi commerciali.

Nel 2013 attraverso tutti questi canali il Banco è riuscito a recuperare (e quindi salvare, visto che nella maggioranza dei casi il cibo sarebbe stato distrutto) circa 62.000 tonnellate di alimenti e quasi 800 mila piatti pronti. Tali risorse sono state impiegate per aiutare 1.947.539 persone attraverso la collaborazione continuativa con 8.898 strutture caritative presenti su tutto il territorio nazionale.

Il ruolo fondamentale della Colletta

A queste risorse vanno aggiunte quelle raccolte ogni anno nel corso della Colletta Alimentare. In una singola giornata, che cade tradizionalmente l’ultimo sabato di novembre, migliaia di volontari (135.000 nell’ultima edizione) chiedono agli italiani di fare la spesa per chi è più povero e donare al Banco prodotti non deperibili (pasta, olio, scatolame, latte UHT, etc.). Nell’edizione 2013 la Colletta, grazie alla generosità di 5 milioni e mezzo di persone, ha permesso di raccogliere ben 9.037 tonnellate di cibo, circa il 12% di tutto quello che è stato distribuito nel corso dell’anno dalla Rete Banco Alimentare.

Al di là delle consistenti erogazioni provenienti dall’Europa e degli importanti accordi stipulati con le diverse realtà della filiera alimentare, le donazioni effettuate nel corso della Giornata Nazionale della Colletta Alimentare rappresentano quindi una risorsa importantissima di cui, vista la situazione generale, il Banco non può fare a meno. La generosità degli italiani è fondamentale al punto che, come ricorderanno molti dei nostri lettori, nel giugno scorso è stata addirittura indetta una Colletta straordinaria, pensata per fronteggiare il ritardo delle erogazioni europee, attraverso cui si è evitato di lasciare i più poveri senza aiuto.

Inoltre la Colletta, oltre ad essere un momento strategico per le attività del Banco, negli anni ha assunto un ruolo educativo molto significativo sul fronte del contrasto alla povertà alimentare. Attraverso questo gesto milioni di persone hanno l’opportunità di comprendere meglio le dimensioni del problema che, seppur in fortissima espansione, è ancora poco noto all’opinione pubblica italiana. In questo senso, oltre a promuovere e valorizzare il gesto del dono, la Colletta aiuta a capire di più il valore del cibo che per molti, fa tristezza dirlo, è ormai un vero e proprio lusso. Dunque, parafrasando i Promessi Sposi, anche quest’anno la Colletta Alimentare s’ha da fare!

Come si può contribuire?

Il primo modo per contribuire alla Colletta Alimentare consiste semplicemente nell’andare a fare la spesa il 29 novembre e donare parte del cibo acquistato alle migliaia di volontari che saranno presenti negli 11.000 punti vendita aderenti in tutta Italia (clicca qui per scoprire il più vicino). Il secondo modo è, invece, quello di diventare volontari a propria volta e contribuire col proprio tempo alla costruzione della Colletta: basta una veloce iscrizione sul sito della Fondazione Banco Alimentare.

In terzo luogo, si può aiutare il Banco Alimentare ad acquistare una quota degli scatoloni che serviranno allo stoccaggio del cibo che sarà raccolto. Ogni anno per la realizzazione della Colletta sono infatti necessari ben 900mila scatole di cartone da imballaggio. Grazie alla generosità di molti scatolifici, al sostegno di diversi partner istituzionali e al contributo delle 21 associazioni del Banco Alimentare presenti nelle diverse regioni italiane, la Fondazione riesce normalmente a recuperarne gratuitamente circa due terzi ma, a causa di alcune difficoltà logistiche, quest’anno si trova in difficoltà nell’acquisto della parte restante. Per fronteggiare questa situazione è stata avviata un’operazione di crowdfunding attraverso la piattaforma Rete del Dono, volta a recuperare parte delle risorse mancanti. Invece di rompere le scatole, per una volta, è possibile acquistarle. Fino al 4 dicembre è inoltre possibile sostenere il Banco inviando un sms, del valore di 2 euro, al numero 45504.

Da ultimo, per rafforzare quella dimensione educativa di cui si parlava nel paragrafo precedente, è possibile raccontare la propria esperienza della Colletta Alimentare dimostrando, anche grazie all’utilizzo dei social network, il valore di questa giornata. Con l’hashtag #colletta14 si potranno segnalare commenti, pensieri, foto e video dei diversi momenti della giornata, mostrando un modo di fare solidarietà semplice e immediato ma quanto mai fondamentale per affrontare le conseguenze della crisi-che-non-passa.

Fonte: secondowelfare.it

  • Articolo pubblicato il 25 Novembre 2014

Il 2 dicembre 2014 alle ore 10.00 si svolgerà, presso l’Aula Magna dell’Istat in via Cesare Balbo 14, il convegno dal  titolo “Il valore economico e sociale del lavoro volontario”.

Durante l’evento, organizzato da Istat, in collaborazione con CSVnet (rete dei Centri di Servizio per il Volontariato) e Fondazione Volontariato e Partecipazione, vengono presentati i risultati della rilevazione sul lavoro volontario. In particolare, si tratta della prima rivelazione, svoltasi nel 2013, che nella definizione di azione volontaria, condivisa a livello internazionale, include oltre all’attività organizzata anche l’azione volontaria individuale.

I principali dati raccolti forniscono una fotografia dell’azione volontaria degli italiani sia sotto il profilo sociale che economico: l’obiettivo del convegno è quello di diffondere i primi approfondimenti realizzati in entrambi gli ambiti e favorire il confronto fra rappresentanti del Terzo settore, ricercatori e decisori pubblici sui risultati.

Nella prima parte del convegno vengono illustrate le linee generali dell’indagine, i profili dei volontari, le professioni dei volontari nel volontariato individuale e in quello organizzato, le motivazioni e le ricadute dell’azione volontaria. Nella seconda parte esponenti delle reti nazionali del volontariato analizzeranno i risultati nell’ottica del contributo del lavoro volontario alla costruzione della società del benessere.

Per partecipare all’evento è necessario inviare una email di adesione alla casella di posta elettronica [email protected]. Alla stessa mail si prega di far pervenire eventuali disdette. Le adesioni saranno accettate fino ad esaurimento dei posti disponibili e comunque entro le ore 12.00 di lunedì 1 dicembre 2014.

Programma

Fonte: istat.it

 

  • Articolo pubblicato il 21 Novembre 2014
A 25 anni dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, il rapporto del Gruppo CRC denuncia la difficoltà dell’Italia di mettere a sistema le politiche per i diritti dei minori.
 childday

Sono passati venticinque anni dall’approvazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC), il 20 novembre 1989, eppure la strada per l’affermazione dei diritti dei minori in Italia è ancora lunga. A sottolinearlo è il rapporto redatto dal gruppo di lavoro per la convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Gruppo CRC), coordinato da Save the Children Italia e composto da 87 organizzazioni del terzo settore, che dal 2000 ha sviluppato un’attività di monitoraggio permanente sull’attuazione della Convenzione nel nostro Paese. Nonostante la ratifica della Convenzione (Legge 27 maggio 1991 n. 176), ), e dei suoi due Protocolli Opzionali (con Legge 46/2002) però l’Italia fa ancora fatica a mettere a sistema i provvedimenti adottati.

Dal 2011 manca un piano infanzia e solo il 13,5% dei bambini da 0 a 3 anni ha accesso a nidi comunali  o servizi integrativi. A questa percentuale si stima vada aggiunto un ulteriore 4% di bambini accolti da servizi privati non sovvenzionati da fondi pubblici.

La difficoltà di offrire servizi ai bambini e alle proprie famiglie si riflette tra l’altro sulla tendenza relativa al calo demografico, a picco nel 2013, con i ventimila nati in meno rispetto all’anno precedente e sui dati preoccupanti relativi all’occupazione femminile. Secondo il rapporto Istat del 2013 le donne con figli in età prescolare hanno una probabilità di lavorare inferiore del 30% rispetto alle donne senza figli, mentre il rapporto del World Economic Forum sulla parità di genere, pubblicato lo scorso ottobre, ha classificato l’Italia al novantaseiesimo posto su 105 Paesi, subito dopo il Bangladesh, evidenziando soprattutto il ritardo del nostro Paese in merito  alla partecipazione femminile e alle opportunità di lavoro per le donne.

La carenza dei servizi per i più piccoli e le famiglie peggiora notevolmente al Sud e nelle Isole: solo il 2,5% di bambini in Calabria che ha accesso ai nidi, seguita dalla Campania con il 2,8%.

Non esiste inoltre un monitoraggio compiuto a livello istituzionale delle risorse dedicate all’infanzia e all’adolescenza e proprio dall’analisi realizzata dal Gruppo CRC risulta evidente che manca una strategia complessiva e una visione di lungo periodo. Anche sul fronte raccolta dati sull’infanzia, si resta un passo indietro. Secondo il Gruppo CRC, la mancanza di dati costituisce un impedimento per la programmazione e lo sviluppo di politiche ed interventi qualificati.

Il Gruppo CRC sollecita da anni il Governo a rendere operative la Banca Dati Nazionale dei Minori Adottabili e delle Coppie Disponibili all’Adozione e la banca dati in relazione al fenomeno dell’abuso sessuale dei minori.

Fonte: vita.it