• Articolo pubblicato il 13 Gennaio 2015
Anche nel Regno Unito si cercano nuove soluzioni per affrontare l’indigenza alimentare

Il fenomeno delle esperienze volte a frenare la crescita dell’indigenza alimentare non è circoscritto al nostro Paese: anche in altre realtà, dall’Europa agli Usa, si stanno infatti sperimentando tentativi volti al contrasto sia della povertà che dello spreco alimentare. Uno di questi esperimenti si trova a Londra, dove è stato da poco inaugurato un innovativo community shop.

Il Community Shop

È stato aperto a dicembre 2014 a Londra, nel quartiere di West Norwood, Lambeth, un pioneristico supermercato sociale con l’intento di intervenire contemporaneamente su due fronti, quello della povertà e quello dello spreco alimentare.

Il supermercato venderà prodotti di ogni genere (alcool e tabacco esclusi) a prezzi estremamente scontati – circa 70% rispetto al prezzo di mercato – destinati a persone che versano in condizioni di indigenza. Si tratta di eccedenze o prodotti non più commerciabili offerti dalla grande distribuzione – tra i donatori Tesco, Mark&Spencer, Muller – che diversamente verrebbero gettati via e che fanno del market, come ha ribadito il sindaco Johnson, un “eccellente esempio di impresa sociale e organizzazioni private che lavorano insieme per generare impatti positivi”.

Fin qui, un modello molto simile agli empori sociali italiani già descritti in questo focus. La differenza è che mentre la maggior parte degli empori “nostrani” offrono merce perlopiù in forma gratuitamente, in questo caso, anche se poco, si paga. Perché? Perché i guadagni derivanti dalle vendite vengono investiti per sostenere i costi di apertura del negozio e per finanziare attività e servizi da offrire gratuitamente ai beneficiari – servizi di supporto al lavoro (compilazione curriculum, simulazione di colloqui di lavoro, acquisizione competenze), consulenza finanziaria su debiti e risparmi, lezioni di cucina, ecc.

Il community shop è infatti un’impresa sociale e non una food bank, un aspetto interessante per quelle realtà che non riescono a sopravvivere potendo contare esclusivamente sul volontariato e che ne fa un modello replicabile. Oltre al negozio di Londra, infatti, a dicembre 2013 ne era stato aperto uno nello South Yorkshire, a Goldthorpe, una delle zone più povere del paese, e se questi due progetti si confermeranno di successo, potrebbero essere seguiti da altre 20 aperture in tutta la nazione.

In generale, complice la situazione economica, nel Regno Unito si registra un discreto fermento intorno al tema della povertà alimentare. Sebbene sia difficile quantificare esattamente il numero delle food bank – dal momento che molte sono indipendenti dalle organizzazioni nazionali o operano localmente -, si rileva comunque una forte crescita. Pensiamo che solo quelle aderenti a Trussel Trust sono salite da una decina a 420 in soli 10 anni – e quelle indipendenti sarebbero almeno altrettante. Tant’è che a dicembre alcuni parlamentari hanno presentato un rapporto bipartisan – Feeding Britain – per sostenere nuove politiche in materia di povertà alimentare proponendo anche la creazione di un network che metta in collegamento governi locali, imprese, volontariato e tutti coloro che si occupano della questione.


Chi ha diritto? La questione dei working poor

Community Shop è aperto ai soli membri, selezionati sulla base delle seguenti condizioni di accesso: vivere in un’area caratterizzata da un determinato indice di deprivazione; fare parte di un nucleo familiare in cui si ricevono sussidi pubblici (sostegno al reddito; sussidi di disoccupazione; contributo per la casa, ecc.) e, molto importante, avere una reale volontà di uscire dalla propria condizione di indigenza. Lo status di membro viene concesso per un periodo di 6 mesi eventualmente rinnovabili.

Molti dei partecipanti saranno working poor, cittadini tra i più penalizzati nel Regno Unito, dove la crisi più che generare disoccupazione ha generato lavoratori poveri. È poco noto ma – secondo i dati della Joseph Rowntree Foundation – il numero di poveri appartenenti ad un nucleo in cui almeno una persona lavora (più di 6 milioni nel 2012) avrebbe superato di circa 1 milione il numero di coloro che appartengono a nuclei dove nessuno è occupato. Anni di crescita lenta, lavori instabili o sottopagati e aumento dei prezzi (l’inflazione nel settore alimentare ha toccato il 47% dal 2003) hanno infatti fermato la crescita dei redditi, mentre nel contempo il costo della vita è cresciuto di quasi il 20%. Il risultato è che nel 2013, in base a quanto riferito da Trussel Trust, almeno 500.000 persone, il triplo rispetto al 2012 e 20 volte in più del 2008, hanno fatto richiesta di aiuti alimentari (per approfondimenti Europa, con i working poor cresce la povertà alimentare).

Lo stesso quartiere in cui sorge il negozio è un esempio di queste contraddizioni. Zona prevalentemente residenziale caratterizzata dalla coesistenza di aree più e meno ricche, negli ultimi anni – complice l’incremento della domanda abitativa dovuta all’arrivo di giovani professionisti in cerca di affitti più bassi rispetto alle aree più centrali – è stata soggetta ad un processo di gentrificazione che ha portato in alcuni casi ad un aumento del 30% dei costi delle abitazioni. Ciononostante, persiste una quota di persone economicamente inattive e con scarsa mobilità sociale che vivono alti livelli di esclusione sociale – prendendo a riferimento l’Index of Multiple Deprivation (IMD) Lambeth è l’ottavo quartiere più povero di Londra e 14esimo in Inghilterra.


Non solo cibo

“More than just food”, non solo cibo. Il Community Shop non è solo uno strumento di supporto contro la povertà – come food banks e food charities – tantomeno un discount, ma è un tentativo di aiutare le persone in povertà a migliorare la propria vita. Ai beneficiari si chiede l’impegno a aderire a programmi personalizzati finalizzati al reinserimento sociale e lavorativo. Nelle prime 4 settimane ogni membro viene infatti coinvolto in un ‘Success Plan’, un piano personalizzato che identifica i problemi personali e individua una strategia per superarli. I beneficiari vengono quindi aiutati da consulenti specializzati a ricercare un’occupazione, gestire i risparmi, acquisire competenze, ecc., per un ammontare che può arrivare anche alle 200 ore. Si tratta di una tendenza sempre più diffusa anche negli empori italiani, dove l’offerta di cibo viene accompagnata a servizi integrativi, in base al presupposto che la povertà sia una condizione multi-sfaccettata da affrontare su più fronti, ma anche una condizione dalla quale non è impossibile uscire.

Così facendo intorno al negozio si crea una vera e propria Community Hub composta da partener locali (tra cui BMBC Local Welfare Assistance Board, Food Bank, Citizens Advice Bureau, NHS Health Visitors, Public Health Health Trainers, The Station House Children Centre) che favorisce lo sviluppo di comunità e attribuisce al cibo una funzione sociale.


Surplus e eccedenze

Community Shop è un’impresa sociale che fa parte di Company Shop Group, il più grande distributore di surplus di produzione nel Regno Unito che opera con agricoltori, commercianti e imprese per gestire eticamente la questione dello spreco. Nato nel 1985 muove più di 30.000 tonnellate di eccedenze ogni anno.

Quello dello spreco è infatti un problema molto serio anche oltremanica: secondo il WRAP-Waste & Resources Action Programme, nel 2012 sul solo fronte dei consumi privati – che in UK sono la principale causa di spreco, dato che incidono per circa il 50% sullo spreco totale – sono stati buttate 7 milioni di tonnellate di cibo e bevande, di cui 4,2 evitabili. Tuttavia, le riflessioni in atto già da diverso tempo a livello nazionale hanno sensibilizzato i cittadini, tanto che, secondo gli ultimi dati del WRAP, il volume dello spreco è in notevole calo, – 21% rispetto al 2007, quando è stata lanciata la campagna Love Food Hate Waste.

Fonte: secondowelfare.it

  • Articolo pubblicato il 13 Gennaio 2015
Il terzo Rapporto Iris Network, curato da Paolo Venturi e Flaviano Zandonai è dedicato a “L’impresa sociale in Italia. Identità e sviluppo in un quadro di riforma”. Un approfondimento con Flaviano Zandonai

rapporto31Fotografare lo stato dell’arte dell’impresa sociale alla vigilia della riforma del Terzo settore di cui l’impresa sociale è un focus imprescindibile. Questo ha voluto fare il terzo Rapporto Iris Network “L’impresa sociale in Italia. Identità e sviluppo in un quadro di riforma curato da Paolo Venturi di Aiccon e Flaviano Zandonai (Iris Network), entrambi blogger di Vita.it (ZandonaiVenturi)

Se da un lato l’impresa sociale viene definita una risorsa affidabile in alcuni settori chiave del welfare e un interlocutore importante che nel corso degli anni ha contribuito ad arricchire le forme e i modelli attraverso i quali si esercita una funzione pubblica incardinata sulla Pubblica amministrazione, ma anche su libere iniziative di cittadini che danno corpo alla sussidiarietà, dall’altro, spiega Zandonai, «abbiamo voluto gettare il cuore oltre l’ostacolo per analizzare anche le potenzialità di questo comparto che con una buona legge potrebbe esplodere, soprattutto in ambito non profit».

Dietro questa affermazione i numeri riportati nel rapporto, ci sono le 770 unità imprenditoriali costituite ex lege 118/05 cui vanno aggiunte altre 570 imprese non ancora iscritte e poi le cooperative sociali che sono imprese sociali di fatto e che sono 12.500.
«A queste realtà vanno potenzialmente ad aggiungersi le onp che potrebbero diventare impresa sociale, escluse le cooperative sociali, e che sono oltre 82mila. È un potenziale enorme», sottolinea Zandonai che avverte: «Questa è la vera sfida per il governo: o con la riforma intercettano queste potenzialità o se si limita a normare l’esistente non serve a nulla».

Nel rapporto un grafico (pag. 19) mostra anche come potenziale di impresa sociale oltre 61mila imprese del mondo for profit «Questo non vuol dire che siano interessate a divenire imprese sociali, ma sono comunque dei competitor in settori come, per esempio, la sanità e la cultura previsti dalla legge 118/05. Quando dico che abbiamo guardato all’esistente è proprio in questo senso».

L’imprenditoria sociale può divenire un motore di innovazione? «Oggi come oggi non molto» constata Zandonai, che però vede la presenza di progetti, soprattutto in un ambito e da parte di uno specifico mondo: «Nelle attività culturali, soprattutto da parte di realtà non profit che però faticano a trasformare le nuove idee e processi in prodotti imprenditoriali. Ecco, vedo molta fatica nella trasformazione dell’innovazione in imprenditorialità».
E nel settore della sanità? «Vedo molti modelli, buone pratiche che potrebbero evolvere positivamente».

Zandonai è ottimista: «Il bacino c’è, soprattutto, lo ripeto in ambito non profit occorre solo farlo emergere. L’unica avvertenza per i nostri legislatori è quella di evitare di istituzionalizzare quello che già c’è, la sfida è saper cogliere l’imprenditorialità sociale innovativa in nuce».

Clicca qui per scaricare il rapporto completo

Fonte: Vita

  • Articolo pubblicato il 12 Gennaio 2015

Regione Lazio – Contributi per ricollocamento dei lavoratori percettori di Ammortizzatori sociali nel periodo 2010/2012.

Obiettivo

Con il presente Avviso Pubblico per sostenere l’occupazione la Regione Lazio intende realizzare la ricollocazione dei lavoratori percettori di Ammortizzatori sociali nel periodo 2010/2012 – attraverso l’avviamento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, determinato o di un contratto di somministrazione.

Inoltre, si individuano le modalità con le quali i Soggetti accreditati, ai sensi della DGR 198/2014 e s.m.i., per l’area funzionale “Assistenza intensiva mirata al lavoro attraverso la collocazione e ricollocazione professionale” che devono attivare il servizio di tutorship e assistenza intensiva alla persona in funzione della ricollocazione, che avvicini il lavoratore percettore alle rilevate esigenze professionali dell’impresa.

Beneficiari

I soggetti beneficiari sono i Soggetti accreditati ai sensi della DGR 198/2014 e s.m.i. per i Servizi per il lavoro specialistici facoltativi “tutorship e assistenza intensiva alla persona in funzione della collocazione e della ricollocazione professionale” dell’area funzionale “V) Assistenza intensiva mirata al lavoro attraverso la collocazione e ricollocazione professionale”.

Destinatari

I lavoratori percettori di ammortizzatori sociali nel periodo 2010/2012 destinatari delle azioni previste dal presente Avviso devono avere e trovarsi in una delle seguenti condizioni alla data di pubblicazione del presente avviso:

  • Lavoratori che hanno 30 anni compiuti alla data di pubblicazione del presente Avviso;
  • Cassa integrazione guadagni (ordinaria, straordinaria, in deroga);
  • Mobilità con particolare riferimento ai lavoratori collocati in mobilità da imprese interessate a procedure concorsuali.

Risorse finanziarie

Le risorse del presente avviso ammontano a € 3.855.379,00 e sono destinate al finanziamento delle attività di “servizi di tutorship e assistenza intensiva alla persona in funzione della collocazione e della ricollocazione professionale” dei lavoratori percettori di ammortizzatori sociali nel periodo 2010-2012.

Per ricollocazione si intende la sottoscrizione di uno dei seguenti contratti:

  • Contratto a tempo indeterminato;
  • Contratto a tempo determinato o di somministrazione con una durata pari o superiore a 12 mesi.

Costo del servizio

Il costo per lavoratore è fissato in un massimo di € 4.400,00 così suddiviso:

  • € 2.400 riconoscibili per l’a avvenuta ricollocazione dei lavoratori percettori di ammortizzatori sociali nel periodo 2010-2012;
  • Fino a € 2.000 riconoscibili per un voucher formativo, necessario allo svolgimento di un corso di formazione ad hoc qualora le competenze del lavoratore non corrispondano a quelle richieste dall’impresa.

L’importo per la ricollocazione verrà corrisposto solo in caso di risultato raggiunto, intendendosi per risultato l’effettivo impiego del lavoratore. In caso di mancato raggiungimento del risultato verrà corrisposto al beneficiario una indennità di processo pari a € 250,00.

Termini di presentazione delle domande

L’avviso, rivolto di soggetti accreditati ai sensi della DGR 198/2014 e s.m.i. di cui al punto 5 dell’Avviso, è a sportello e si concluderà entro e non oltre le ore 12.00 del 30 giugno 2015.

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A cura di Synago Srl

  • Articolo pubblicato il 12 Gennaio 2015

InfoBandi è un servizio settimanale, erogato per posta elettronica, che garantisce una puntuale informazione sui bandi regionali, nazionali ed europei (Enti ministeriali, Regioni, Province, Comuni, Camere di Commercio, Fondazioni bancarie e non, Unione Europea), realizzato da Synago Srl.

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Una tempestiva conoscenza dei Bandi pubblicati pertanto, consente di poter accedere e beneficiare dei finanziamenti stanziati che sono oggetto nella maggior parte dei casi di termini tassativi entro i quali presentare la domanda di accesso.

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  • Articolo pubblicato il 22 Dicembre 2014
Cooperativa Barikamà: uno yogurt sempre più amato Sono sempre di più le persone che conoscono i ragazzi della cooperativa Barikamà, ex braccianti di Rosarno che a Roma stanno diventando dei veri e propri imprenditori. I giovani africani arrivarono nella Capitale nel 2010, proprio in occasione delle rivolte dei lavoratori sfruttati, e iniziarono a produrre yogurt con una particolare attenzione alle materie prime, cura che ne fece un prodotto molto conosciuto e apprezzato nei mercati agricoli e tra i gruppi di acquisto solidale romani.

I ragazzi di Barikamà da quei giorni sono cresciuti e ora consegnano i loro numerosi ordini di yogurt in bicicletta, rispettando l’ambiente e il prezioso rapporto con il consumatore. Recentemente hanno vinto un bando su fondi europei che gli consentirà di crescere, ma il bando prevedeva che un 20% del finanziamento fosse a carico della cooperativa, circa 4.000 euro dei 20.000 che sarebbero serviti a comprare biciclette, frigoriferi, carrelli e scatole termiche professionali.
Così i ragazzi di Barikamà hanno pensato di chiedere una mano ai loro clienti affezionati e grazie al passa parola sulla rete, ai GAS e agli amici interessati, sono riusciti da ottobre a raggiungere la quota prefissata.
Suleman Diara, un maliano della cooperativa, si dice molto felice del successo ottenuto soprattutto perché questa è stata l’occasione per aiutare molte altre persone: nel progetto sono coinvolti giovani del Mali, della Costa d’Avorio, Guinea, Benin e Senegal, e producono circa 250 litri di yogurt a settimana nel Casale di Martignano. Inoltre, da  tempo coltivano ortaggi biologici in un appezzamento sempre in quei pressi.
I modi per sostenere il progetto sono tanti: i ragazzi hanno sempre bisogno di nuove biciclette o di grandi frigoriferi, inoltre sarebbe bene consigliarli a tutti i GAS interessati e ai produttori bio. È possibile acquistare lo yogurt compilando un modulo online sul loro sito, dove sono riportate tutte le tariffe, le informazioni sulle consegne e la loro storia: http://barikama.altervista.org/

Fonte: dirittisociali.org

  • Articolo pubblicato il 22 Dicembre 2014
È un portale che propone una nuova formula di live-marketing di prossimità che consente ai negozi con prodotti alimentari in eccedenza, in scadenza, di informare con immediatezza e semplicità i cittadini che si trovano nelle vicinanze del loro negozio dell’opportunità di acquistare prodotti alimentari a prezzi scontati
 
 

Miliardi di euro finiscono nella spazzatura, miliardi di euro che potrebbero essere recuperati.  È il cibo che buttiamo via ogni giorno per acquisti sbagliati, dimenticanza nel frigorifero o cattiva conservazione. Secondo il Rapporto 2013 sullo spreco domestico di Waste Watcher, si calcola infatti che, nel nostro paese, fra Natale e Capodanno saranno 440mila le tonnellate di cibo a finire nella spazzatura e sempre secondo il rapporto ogni famiglia italiana butta in media circa 200 grammi di cibo la settimana: il risparmio complessivo possibile ammonterebbe dunque a circa 8,7 miliardi di euro. A fronte della diffusione di stili di vita sempre più ecosostenibili e attenti al portafogli oltre che al rispetto del pianeta, nonostante la crisi economica, comperiamo molto più di quanto in realtà consumiamo.

LastMinuteSottoCasa.it (LMSC) nasce da una semplice, quanto illuminante intuizione legata allo speco alimentare dei piccoli esercizi commerciali, fenomeno in genere sottovalutato poiché poco monitorato ma che, vista la gran quantità di piccoli negozi alimentari (circa 340.000 in tutta Italia), rappresenta un fenomeno complessivamente importante.

È un portale che propone una nuova formula di live-marketing di prossimità che consente ai negozi con prodotti alimentari in eccedenza, in scadenza, di informare con immediatezza e semplicità i cittadini che si trovano nelle vicinanze del loro negozio dell’opportunità di acquistare prodotti alimentari a prezzi scontati.  I clienti indicano, in fase di registrazione, sul loro smartphone, a che distanza da casa (e/o dall’ufficio e/o dalla casa di vacanza) vogliono ricevere le proposte, in tempo reale e da quali tipologie di negozio, ricevendo così solo le offerte sotto-casa e per le categorie di prodotto realmente desiderate.

L’idea di mettere insieme i commercianti che a fine giornata si ritrovano con il prodotto invenduto e i clienti sempre alla ricerca dell’offerta dell’ultimo minuto, è di Francesco Ardito che con Massimo Ivul hanno creato il portale all’interno dell’incubatore di imprese del Politecnico di Torino.

«Il progetto è nato in un quartiere della città di Torino», sostiene Francesco Ardito, «con l’idea che si potesse recuperare il pane invenduto a fine giornata, poi si sono aggiunti altri quartieri della città e altre tipologie di attività commerciali come pescherie, gastronomie, banchi del mercato tutti con il problema comune del prodotto fresco che a fine giornata, se non venduto, deve essere buttato.  Oggi a otto mesi dal lancio ufficiale del progetto abbiamo oltre 15.000 utenti registrati e stiamo arrivando nelle principali città italiane.  L’idea è quella di creare un network che cresca in tutto il territorio nazionale».

Le offerte che i commercianti con le rimanenze immettono nel sito, vengono recapitate ai clienti che hanno indicato quella zona geografica come di loro interesse, e questo fa si che poco tempo dopo il lancio del last sul sito i clienti si presentano al negozio. «L’innovazione sta proprio nel tipo di utilizzo che viene fatto della tecnologia», aggiunge Massimo Ivul, «che permette da un lato di far tornare nel negozio il consumatore, sempre più abituato all’acquisto online, e dall’altro lato consente anche un’evoluzione digitale dei piccoli esercizi commerciali di prossimità che altrimenti rimarrebbero schiacciati dalla forza di promozione sul web della grande distribuzione organizzata».

Fonte: vita.it

  • Articolo pubblicato il 12 Dicembre 2014

Avete capito bene sì. Vèstiti d’arancia, che non significa in questo caso indossare abiti di colore arancione ma… abiti provenienti da agrumi di stagione!

L’idea è venuta ad Adriana Santanocito ed Enrica Arena che, negli spazi dell’iPoint del Polo Tecnologico roveretano di Trentino Sviluppo, hanno dato vita a un’invenzione innovativa che, ce lo auguriamo, potrebbe rappresentare una svolta nell’utilizzo delle fibre naturali per il settore tessile. Certo è che la loro proposta ha colpito nel segno, se pensiamo che è stata già selezionata tra le 10 migliori idee imprenditoriali sostenibili da sviluppare in vista di Expo 2015. Senza contare poi che, proprio recentemente, sono anche salite sul podio dei Macchianera Awards come migliore start-up italiana.

Vediamo più da vicino di cosa stiamo parlando: lo studio condotto ha lavorato alla creazione di una fibra naturale derivante da prodotti alimentari, precisamente di un tessuto, griffato Orange Fiber, ricavato dagli scarti di lavorazione degli agrumi. Un’intuizione che, partendo dallo spunto di dover redigere una tesi di laurea in “processi innovativi”, è approdata a un progetto originale che si basa su un dato: il 25% della produzione totale di arance viene buttato oppure nemmeno raccolto. Come si traduce per l’Italia questa percentuale? Più di 700 mila tonnellate di scarti industriali da lavorazione di agrumi che, guarda caso, producono una sostanza viscosa. Adeguatamente trattata essa può dare vita a un acetato che, abbinato alla seta, permette di creare un vero e proprio “tessuto all’arancia”. Una squadra, quella di Enrica e Adriana, che unisce talento e competenze tecniche, progettualità e coraggio imprenditoriale tutto al femminile, qualità che combinate assieme hanno permesso di presentare per la prima volta un filato morbido, flessibile, piacevole al tatto e adatto ad essere lavorato nelle modalità più varie, disponibile al momento nelle varianti raso tinta unita e pizzo, nei colori naturali, giallo e … arancio!

La filiera di lavorazione si muove al momento tra Spagna (per il trattamento) e Italia (per la tessitura) e nel frattempo le ricerche proseguono, concentrandosi soprattutto sulla resistenza del filato: certo è che, seppur ancora in fase sperimentale, la proposta promette di ottenere il successo che merita. Lo dimostrano i contatti già avvenuti con l’industria della moda, grazie anche a un brevetto già registrato sul mercato italiano e in attesa di registrazione su quello internazionale.

L’attività di impresa che hanno deciso di intraprendere ha sede legale in Sicilia (terra d’origine delle due ingegnere) ma si situa in Trentino, dove ha avuto modo di decollare non solo per un territorio aperto all’innovazione (solletica la possibilità di avviare uno studio simile anche sugli scarti di prodotti tipici locali quali uva e mele), ma anche grazie al sostegno di Seed Money-FESR (fondo utilizzabile a parziale copertura dei costi di avviamento di iniziative imprenditoriali) nonché all’accompagnamento garantito da Trentino Sviluppo.

Un trend in crescita quello delle fibre naturali, che si affianca a tutta una serie di esperienze nate per potenziare la riduzione dell’impronta ecologica che produciamo anche come consumatori di abiti e prodotti tessili. Dalla responsabilità sociale delle imprese che valorizzano la tutela ambientale e combattono l’obsolescenza precoce dei prodotti, garantendo al tempo stesso la tracciabilità dei materiali utilizzati e la trasparenza delle proprie politiche aziendali, alle iniziative di empowerment femminile che coinvolgono stiliste di alta moda e comunità rurali, dalle scelte vegan cruelty freenella produzione di scarpe e accessori quali borse e cinture all’utilizzo delle passerelle come luogo dove accendere i riflettori su questioni di importanza globale a livello politico, ambientale e sociale, non possiamo negare che anche la moda riveste – e deve continuare a giocare – un ruolo imprescindibile nella riduzione delle disuguaglianze e delle disparità e nella presa incarico delle proprie responsabilità.

Fonte: unimondo.org

  • Articolo pubblicato il 9 Dicembre 2014

Il primo «vocabolario sociale» sulla violenza contro le donne: “Lessico familiare”. Per un dizionario ragionato della violenza contro le donne. Anna Pramstrhaler: «Il libro, con le sue numerose voci, apre a una visione sul fenomeno, fa intravedere quanto il percorso trentennale dei movimenti delle donne e dei centri antiviolenza, abbia costruito un linguaggio ed un sapere dai quali oggi non si può più prescindere». Un incontro con coop sociale Eva e Arcidonna lo scorso 4 dicembre.

Le parole violenza di genere o femminicidio ormai ci sono familiari. Ma sappiamo usarle nella maniera più appropriata? Sappiamo comprendere quali sono i giusti contesti di applicazione? Quali sono le parole più corrette per descrivere la violenza contro le donne? Quali sono le categorie, i riferimenti teorici, le sfumature di significato e le traduzioni nelle principali lingue di uso internazionale?

Lessico familiare di Chiara Cretella e Inma Mora Sánchez è il primo dizionario ragionato sulla violenza contro le donne. Un libro/manuale/dizionario rivolto non solo al grande pubblico ma anche a quello specialistico che si prefigge di mappare il vocabolario usato, le categorie di pensiero, i riferimenti teorici e culturali, i dati e le fonti nazionali e internazionali che riguardano il tema. Uno strumento di lavoro utile a tutte le figure professionali che operano attorno a questo fenomeno e che costituisce un valido aiuto a chi voglia avvicinarsi allo studio di queste tematiche o apprendere categorie più ampie, utili in qualsiasi contesto della vita sociale e professionale.

Lessico Familiare, con le sue macrovoci, una bibliografia essenziale su ogni argomento e gli approfondimenti, vuole essere sia uno strumento di partenza che di divulgazione, con le ultime statistiche disponibili su scala mondiale e nazionale, i riferimenti bibliografici più significativi, i rimandi alle definizioni correlate, le macro-aree di riferimento dei concetti, le definizioni europee e degli organismi internazionali, le legislazioni imprescindibili da conoscere e citare.

Lessico familiare. Per un dizionario ragionato della violenza contro le donne diventa allora un valido strumento di conoscenza e divulgazione, per imparare e conoscere, dalla «A» alla «Z» tutte le parole per dirla. Presentato a Napoli il 4 dicembre,  con coop sociale Eva e Arcidonna: “Un libro pensato per fare luce su una tematica di grande attualità ma ancora poco conosciuta, rivolto non solo al grande pubblico ma anche a quello specialistico che si prefigge di mappare il vocabolario usato, le categorie di pensiero, i riferimenti teorici e culturali, i dati e le fonti nazionali e internazionali. Uno strumento di lavoro, utile a studenti/esse, insegnanti, operatrici/ori dei centri antiviolenza, educatrici/ori del settore sociale, culturale e sanitario, forze dell’ordine, medici, avvocate/i, giornaliste/i, e a tutte le figure professionali che operano attorno a questo fenomeno. Il volume costituisce un valido strumento di divulgazione per chi voglia avvicinarsi allo studio di queste tematiche o apprendere categorie più ampie, utili in qualsiasi contesto della vita sociale e professionale”. Per coop sociale Eva interveento di Lella Palladino, una delle protagoniste del documentario Futura.

Le autrici

Chiara Cretella. Assegnista di Ricerca, fa parte del CSGE-Centro studi sul genere e l’educazione dell’Università di Bologna. Collabora con la Casa delle donne per non subire violenza di Bologna per cui ha ideato e realizzato sei edizioni del Festival La violenza illustrata. Tra le sue aree di ricerca lo studio della violenza mediatica con particolare riferimento ai contesti educativi e l’evoluzione delle iconografie di genere nell’immaginario contemporaneo.

Inma Mora Sánchez. Laureata in giornalismo presso l’Universitat de Valencia ha svolto un master in Studi interdisciplinari di genere presso l’Universidad Autónoma de Madrid. Ha lavorato in Spagna e Uruguay sui temi della violenza di genere. Dal 2011 collabora con il Gruppo femicidio della Casa delle donne per non subire violenza di Bologna per cui si occupa della comunicazione online, che cura anche per D.i.Re-Donne in Rete contro la violenza.

Anna Pramstrhaler, che ha scritto la prefazione del libro, è cofondatrice della Casa delle donne per non subire violenza di Bologna. A lei va il «grazie» delle autrici e il «grazie» di Settenove per il sostegno e i buoni consigli giunti all’inizio del percorso della casa editrice.

Lessico familiare è l’ultima uscita di Settenove, casa editrice nata nel 2013 dedicata alla prevenzione della discriminazione e della violenza di genere.

Fonte: nelpaese.it

  • Articolo pubblicato il 9 Dicembre 2014

Sono prorogati termini per aderire alla promozione relativa al servizio “INFOBANDI” per l’anno 2015.

Infobandi è un servizio settimanale erogato per posta elettronica, che ti garantirà una puntuale informazione sui bandi regionali, nazionali ed europei (Enti ministeriali, Regioni, Province, Comuni, Camere di Commercio, Fondazioni bancarie e non, Unione Europea), erogato da Synago Srl. Il servizio è fruibile da Cooperative Sociali e non, Onlus, Associazioni no profit e Imprese.

I contributi in pubblicazione sono molteplici, alcuni rivolti espressamente al consolidamento e allo sviluppo del proprio settore di appartenenza, altri trasversali e richiedibili indipendentemente dalla tipologia di attività svolta. Una tempestiva conoscenza dei Bandi pubblicati pertanto, consente di poter accedere e beneficiare dei finanziamenti stanziati che sono oggetto nella maggior parte dei casi di termini tassativi entro i quali presentare la richiesta di erogazione.

Infobandi viene erogato per posta elettronica con cadenza settimanale, ed è di immediata lettura, con le novità della settimana sempre evidenziate in rosso.

Clicca qui per visionare l’ultima pubblicazione settimanale integrale di INFOBANDI, comprensiva di tutti i contributi in pubblicazione alla data odierna.

“INFOBANDI” potrà essere attivato per l’anno 2015 al prezzo promozionale di € 97 + IVA

La presente offerta è valida fino al 31 dicembre 2014.

Per attivare INFOBANDI, scarica e stampa il modulo di adesione segui le istruzioni di attivazione.

Il servizio sarà attivato a partire dal 07 gennaio 2015, previa ricezione del modulo di adesione ed effettivo riscontro dell’avvenuto pagamento e sarà inviato con cadenza settimanale per la durata di mesi 12 (dodici) direttamente all’indirizzo di posta elettronica da Te indicato, senza rinnovo tacito alla scadenza.

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  • Articolo pubblicato il 5 Dicembre 2014
Ocse: pubblicato il Rapporto Annuale su immigrazione e integrazioneÈ stato pubblicato il rapporto annuale dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse). Il documento mette a confronto i dati relativi all’immigrazione e all’integrazione dei vari Paesi, estrapolando un indice che ha permesso di fare una graduatoria. La meta principale dei migranti è la Germania, oltre 400mila persone l’hanno scelta come destinazione del loro percorso migratorio nel 2012 (annualità presa in considerazione nel rapporto), facendola diventare prima destinazione in Europa e seconda dopo gli Stati Uniti nella classifica generale. Complessivamente, nei Paesi Ocse il 10% della popolazione è immigrata, che equivale a ben 115 milioni di persone. Di questi, un milione sono stati accolti dagli Usa, 400mila dalla Germania, 286mila dal Regno Unito, 259mila dalla Francia e 258mila in Italia. In Germania la gran parte dei nuovi ingressi proviene da altri Paesi Ue (principalmente Europa Centrale e Orientale), ingressi stimolati dalle buone condizioni economiche del Paese. Per quanto riguarda gli altri paesi Ue,la Franciaha continuato a registrare un incremento regolare degli ingressi (+8% rispetto al 2011), mentre Spagna e Italia, più colpite dalla crisi economica, hanno visto un calo del numero degli ingressi. In aumento le richieste di asilo, anche per via del conflitto in Siria. Circa 500mila persone hanno cercato rifugio nei Paesi Ocse (un incremento del 20%). Anche in questo settorela Germaniaha raggiunto il primato per quanto riguarda il numero di richieste (110mila nel 2012), seguita da Stati Uniti, Francia, Svezia e Turchia. Se però si analizza questo numero in rapporto alla popolazione interna, èla Sveziaad accogliere il maggior numero di richiedenti asilo e profughi. Per quanto riguarda le origini dei migranti, il flusso maggiore proviene dalla Cina, oscilla invece l’andamento delle migrazioni provenienti dall’Europa dell’Est, ed è in calo il numero dei migranti provenienti dall’America Latina. Un altro dato in esame riguarda il livello di istruzione, in aumento rispetto agli anni precedenti; nell’ultimo decennio la quota dei migranti con un alto livello di istruzione è aumentata del 70%, delineando un cambiamento nelle motivazioni e nelle richieste alla base di questi flussi. I migranti economici sono infatti in flessione, con un calo del 12% solo nel 2012. A conclusione di questo studio il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, ha dichiarato che i migranti portano benefici ai paesi che li accolgono, che quindi devono “considerare i migranti come risorsa piuttosto che come problema e le politiche di integrazione come un investimento”. Gli investimenti nelle politiche migratorie “dovrebbero essere una priorità per i Paesi dell’Ocse e le politiche di integrazione dovrebbero essere considerate il miglior investimento possibile in termini di crescita, coesione sociale e benessere”. Ancora una volta questo dato viene portato alla luce da ricerche autorevoli, resta da vedere come verrà poi trasformato in azioni durevoli per l’integrazione delle popolazioni migranti.

Fonte: www.dirrittisociali.org