• Articolo pubblicato il 9 Febbraio 2015

logo-csen-sitoIl prossimo 27 febbraio si svolgerà a Roma presso la sala Mille Piani, via Nicolò Odero 13, dalle ore 9.00 alle ore 18.00 il seminario “Parlare in Europa. Politiche di Coesione e Programmazione Europea“, organizzato dal Centro Sportivo Educativo Nazionale.
Il tema è informare sui programmi europei del nuovo settennato 2014-2017 con i referenti delle agenzie europee nazionali.

Interverranno: Mario Pappagallo,  Vice Presidente Nazionale CSEN e Presidente Provinciale Roma, Rita Visini, Assessore Formazione, Ricerca, Scuola e Università della Regione Lazio, Fabrizio Lella, Direttore Assessorato Formazione, Ricerca e Innovazione, Scuola e Università, Diritto al studio della Regione Lazio, Andrea Catarci, Presidente Municipio VIII Roma Capitale, Sara Pietrangeli, Agenzia Nazionale per i Giovani, Europe Direct Lazio, Rita Sassu, Europe for Citizens Point Italy, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Andrea Bruni, responsabile dell’Ufficio Progetti CSEN.
Per visualizzare il programma clicca qui
Per iscriversi all’evento clicca qui
Fonte: csen.it

 

 

  • Articolo pubblicato il 3 Febbraio 2015
Presentata il 29 gennaio a Roma la nuova associazione Elettrici Senza Frontiere Italia, nata con il fine di portare soccorso elettrico durante le emergenze in Italia e in operazioni umanitarie anche all’estero
Spesso nelle calamità naturali, o altre situazioni di emergenza, l’energia elettrica è uno dei primi servizi ad andare in stop. L’importanza di avere accesso all’energia è però fondamentale: luce, comunicazioni, riscaldamento, alimentazione per ospedali… per citare solo alcuni dei bisogni essenziali.
È anche per questo genere di necessità che è nata l’associazione “Elettrici Senza Frontiere Italia” gemellata con quella francese Électriciens Sans Frontières operante dal 1986 e presentata il 29 gennaio a Roma, presso la sede del Parlamentino dell’Inail in Via IV Novembre 144.
Elettrici senza Frontiere si occuperà di realizzare interventi umanitari in situazioni di emergenze o in occasione di catastrofi naturali in Italia o all’estero.
“L’Associazione – spiega il Segretario Generale della FLAEI Carlo De Masi – composta da volontari Dipendenti e Pensionati delle Aziende elettriche, rappresenta un’importante novità per il volontariato civile, soprattutto in funzione delle specialistiche professionalità che opereranno sul territorio nazionale e internazionale in collaborazione con le Aziende e il Governo attraverso la Protezione civile”.
I volontari s
i mobiliteranno nel nostro Paese a fianco di altre Associazioni similari, sotto il coordinamento della Protezione Civile, e collaboreranno anche in ambito internazionale, unendo le proprie forze a quelle delle altre Organizzazioni di solidarietà e di cooperazione, per sostenere azioni umanitarie e programmi di formazione per le Popolazioni più svantaggiate.
Il campo potenziale d’azione è enorme: attualmente il 18% della popolazione mondiale, cioè circa 1,3 miliardi di persone, non ha accesso all’energia elettrica e l’Onu ha lanciato la campagna “Sustainable energy for all” con l’obiettivo di fornire l’elettricità all’intero pianeta entro il 2030.
I volontari di Elettrici Senza Frontiere Italia si impegneranno dunque per apportare il loro contributo in risposta alle sfide della globalizzazione e della sostenibilità agli Stati, alle istituzioni, alle imprese, ma anche ai singoli individui, mettendo tutta la loro esperienza e le loro qualificate competenze al servizio della collettività.

Questa la pagina facebook di Elettrici Senza Frontiere.

Fonte: ilgiornaledellaprotezionecivile.it

  • Articolo pubblicato il 3 Febbraio 2015
Eurispes

La burocrazia sembra aver pervaso ogni aspetto della vita degli italiani, quasi fosse un “grande fratello” contemporaneo. Italiani che nell’81% dei casi sono convinti che la condizione del nostro Paese in questo ultimo anno sia peggiorata, tanto che sono sempre di più quelli che andrebbero a vivere all’estero. Se la fiducia dei cittadini nelle istituzioni diminuisce, le forze dell’ordine e le forze armate restano un punto fermo, così come il volontariato.

Sono solo alcuni dei dati emersi dal XXVII Rapporto Italia, presentato dall’istituto Eurispes lo scorso 30 gennaio a Roma.

Il Rapporto è costruito intorno a 6 dicotomie: coraggio/rinuncia – cittadinanza/sudditanza – morale/diritto – naturale/artificiale – città/campagna – presente/futuro, attraverso le quali sono stati analizzati i principali fenomeni sociali, economici e politici che hanno interessato l’Italia. Hanno partecipato e contribuito a fotografare la situazione della nostra società 1.042 cittadini e la rilevazione è stata effettuata nel periodo compreso tra il 15 dicembre 2013 e il 5 gennaio 2015.

L’indagine ha fatto emergere, ancora una volta, la condizione di fragilità in cui ancora molte famiglie vivono. La loro situazione economica è peggiorata nel 76,7% dei casi e ormai si tende a vivere alla giornata. Con un aumento di 16,4 punti percentuali rispetto al 2014, quest’anno il numero di quanti non riescono ad arrivare alla fine del mese con le proprie entrate si attesta al 47,2%. Moltissimi sono costretti ad usare i propri risparmi per far quadrare i conti: il 62,8% (in forte aumento rispetto al 51,8% di un anno fa).

Inoltre, continuano ad aumentare le persone che non credono in una ripresa del nostro Paese nel corso di quest’anno  (+10,1%:55,7%, erano il 45,6% nel 2014).

Peggiora la situazione economica del Paese nell’ultimo anno secondo 9 italiani su 10. Il 55,7% non crede nella ripresa. Circa un terzo del campione (33,9%) pensa invece che la situazione resterà stabile (36,4% le risposte raccolte lo scorso anno). Sono ben pochi, invece, gli ottimisti: solo per il 4,6% la situazione migliorerà contro l’8,2% di chi lo scorso anno manifestava sicurezza in questo senso.

E così sono in molti anche quelli che andrebbero a vivere all’estero (45,4%; +4,8%), un dato in aumento rispetto alle precedenti indagini (40,6% nel 2011 e 37,8% nel 2006). I più propensi ad andare a vivere in un altro paese sono gli studenti (quasi il65%). Anche la maggioranza di coloro che sono in cerca di una nuova occupazione (59,8%) e la gran parte di chi è alla ricerca del primo impiego (52,7%) si dicono pronti a mettersi in gioco andando all’estero. La ricerca di maggiori opportunità di lavoro (32,1%) è la motivazione più sentita per la quale si è disposti a cambiare vita e paese. La seconda ragione è quella che vede nell’espatrio più opportunità per i figli (12,2%), seguita dalla ricerca di maggiori garanzie sul futuro (9,6%).

Le istituzioni sono sempre più in crisi: 7 italiani su 10 (69,4%) vedono diminuita la propria fiducia. Il Presidente della Repubblica emerito Giorgio Napolitano raccoglie un buon grado di consenso (45,3%), anche se in molti vedono nelle sue dimissioni un elemento positivo per il Paese che potrebbe avere l’opportunità di “svecchiarsi” (35,6%). È emersa inoltre una generalizzata rassegnazione insieme ad un sentimento affatto costruttivo di quanti ritengono che il cambio alla Presidenza non porterà alcun mutamento rispetto all’andamento della situazione italiana (43,4%).
Il Governo raccoglie un tasso di fiducia al 18,9%, basso ma lievemente in crescita rispetto alle rilevazioni passate. Il Parlamento continua a segnare una diminuzione del grado di fiducia 10,1% (-6% rispetto al 2014). Male quest’anno la Magistratura che fa molti passi indietro (28,8%) con un crollo di consensi del 12,6%.

Nel clima di generale sfiducia, le Forze dell’ordine e quelle Armate continuano ad essere un punto fermo per gli italiani. Tornano a crescere i Carabinieri con il 73,4% dei consensi (+3,5%), la Guardia di Finanza (66,8%) e la Polizia di Stato (63%).

Volontariato e Protezione civile fanno il pieno di consensi. Il primo registra infatti un 78,8%, con una crescita del 4,3% rispetto al 2014; la Protezione civile, invece, segna addirittura un aumento dell’11,8% e raggiunge il 70% dei consensi.
Per le altre Istituzioni, pubbliche e non, il livello di consensi si ripartisce così: la Scuola (62,1%; +8,5%), le associazioni dei consumatori (55,2%; -1,4%). Si attestano su percentuali che non superano il 40% la Pubblica amministrazione (39,1%; +18,1%), le associazioni di imprenditori (34,2%; -4,9%), i sindacati (33,9%; +14,7% ), le confessioni religiose non cattoliche (18,4%; -4,7%) e i partiti (15,1%; +8,6%).

Non poteva mancare il tema della tecnologia e della iperconnettività che riguarda ormai la maggior parte degli italiani. Il 67% si è ormai dotato di uno smartphone. Online si fanno anche acquisti (59,9%) e si controlla conto bancario (53%). Praticamente tutti hanno un profilo su Facebook (95,7%), dove però il 43,1% ha sentito violata la propria privacy.
Secondo le rilevazioni Eurispes 2015, l’apparecchiatura tecnologica più diffusa nelle famiglie italiane risulta essere lo smartphone (67%). La diffusione dei telefoni cellulari collegati ad Internet batte dunque, seppure di poco, quella dei computer portatili (64,4%), dei computer fissi (62,7%), dei lettori DVD (62,6%). Circa un terzo del campione afferma di possedere un tablet/ipad (36,8%), l’abbonamento alla Tv a pagamento (36%), una smart tv (33,3%), un lettore mp3/ipod (30,7%), una consolle per videogiochi (Playstation/PSP/Xbox/Wii) (29,1%). Solo l’11,3% ha un e-book.

In quale modo si usa il telefonino? Chiaramente per chiamare ed essere chiamati (99,5%) ed inviare e ricevere sms (88%). Molto diffusa è anche l’abitudine di fare foto/filmati (65,3%), inviare/ricevere foto/video (64,1%), navigare su Internet (61,2%), comunicare tramite WhatsApp e altre applicazioni di messaggistica (60,6%). La metà degli intervistati usa le applicazioni. Riferisce di usare i Social Network (Facebook, Twitter ecc.) tramite smartphone il 41,8% del campione. Il 40,2% usa il telefonino anche per lavorare, il 34,2% ascolta la musica, quasi un terzo (31,1%) gioca.

Per scricare la sintesi del Rapporto clicca qui.

Fonte: csvnet.it

  • Articolo pubblicato il 2 Febbraio 2015
Presentati i dati dell’ultimo rapporto congiunto Cedefop-Eurydice. Se la tendenza resterà stabile l’obiettivo fissato da Europa 2020 sarà raggiunto (di Chiara Agostini)

Il fenomeno dell’abbandono scolastico è stato di recente posto al centro dell’agenda europea. In particolare, la strategia “Europa 2020” ha posto l’obiettivo di ridurre a meno del 10% il tasso di abbandono scolastico entro il 2020. Tale tasso è calcolato considerando il numero di giovani, di età compresa fra 18 e 24 anni, che non hanno completato un ciclo di studi superiore. In questo quadro, un recente rapporto congiunto Cedefop/Eurydice ha analizzato il fenomeno degli abbandoni evidenziando un miglioramento del trend generale. La riduzione dell’abbandono scolastico è particolarmente rilevante se si considera che migliori percorsi formativi possono portare outcome positivi in termini di occupazione, salario, salute, coesione sociale, produttività e crescita. Mentre un’istruzione inadeguata si accompagna a costi elevati per l’individuo, la società e l’economia.

L’obiettivo europeo

Nel quadro della strategia Europa 2020, l’obiettivo europeo si traduce nell’adozione di target nazionali attraverso i Programmi Nazionali di Riforma elaborati annualmente dai paesi membri. Se si esclude l’Inghilterra, tutti i paesi europei hanno definito un proprio target che, in alcuni casi, è stato anche più ambizioso rispetto a quello comunitario. In particolare, la Repubblica Ceca, l’Irlanda, l’Olanda, la Slovacchia e la Finlandia hanno fissato un proprio target nazionale inferiore all’8%. Un target inferiore al 5% è stato invece fissato dalla Croazia, dalla Polonia e dalla Slovenia. Al contrario, i paesi con alti tassi di abbandono si sono invece posti obiettivi meno ambiziosi, è il caso in particolare di Italia, Bulgaria, Spagna e Romania.

I trend generali

Nella maggior parte dei paesi, il fenomeno dell’abbandono scolastico si è ridotto nel periodo 2009-2013 (figura 1). A livello aggregato, la diminuzione è stata del 2,2% e si è passati dal 14,2% di abbandoni nel 2009 al 12% nel 2013. Se questo trend rimarrà stabile, l’obiettivo europeo fissato per il 2020 sarà raggiunto. Infatti, nel 2013, più della metà dei paesi ha mostrato un tasso di abbandono inferiore al 10%. Altri paesi come Spagna, Malta e Portogallo pur rimanendo sopra al 10% hanno comunque registrato significativi miglioramenti fra il 2009 e il 2013. Grandi disparità continuano tuttavia a dividere i paesi. Infatti, se in Slovenia solo il 3,9% dei giovani abbandona gli studi, in Spagna ciò avviene nel 23,6% dei casi. Infine, in alcuni paesi come la Croazia, l’Ungheria, la Polonia, la Slovacchia, e la Svezia il numero di abbandoni è cresciuto. Tuttavia, Croazia, Polonia, Slovacchia e Svezia sono comunque rimaste al di sotto del 10%.
Figura 1. Percentuale di abbandoni scolastici (2009/2013) e obiettivi nazionali comparati con obiettivo europeo.

Fonte: Tackling Early Leaving from Education and Training in Europe – Strategies, Policies and Measures 2014

Fonte: secondowelfare.it

  • Articolo pubblicato il 28 Gennaio 2015

BANDO PREMIO PER START UP SOCIALI “Giovani idee per il social business”

Fondazione San Patrignano e Banca Prossima S.p.A.

 Obiettivo

Il Premio “Giovani idee per il social business”, realizzato anche col supporto di Fondazione italiana Accenture, che a tal fine mette a disposizione la piattaforma digitale collaborativa IdeaTRE60 all’indirizzo social.startup.ideatre60.it, è un concorso di idee finalizzato a individuare e premiare la migliore idea di impresa con finalità sociali proposta da studenti universitari.

Obiettivo del Premio è quello di stimolare e sostenere la concreta realizzazione di idee imprenditoriali, caratterizzate dall’attenzione al sociale, favorendo allo stesso tempo l’accesso al mondo del lavoro di studenti universitari meritevoli. Obiettivo del Premio è anche quello di una sempre maggiore diffusione della cultura d’impresa ad impatto sociale ma con una altrettanto forte caratterizzazione di orientamento al mercato che ne garantisca la sostenibilità economica.

Beneficiari

Possono partecipare al premio studenti universitari, di età non superiore ai 35 anni, con i seguenti requisiti:

1. iscritti a un corso di laurea tenuto da università italiane e/o con sede in Italia: laureandi o  comunque iscritti al terzo anno, in caso di corsi di laurea triennale, o studenti del biennio, se iscritti a corsi di laurea magistrale;

2. laureati del corso magistrale che abbiano in corso il dottorato di ricerca con una università italiana o straniera;

3. laureati che abbiano in corso un master di primo o secondo livello.

 Importo del Premio

Le prime tre idee classificate nella graduatoria finale di merito potranno accedere ciascuna a un finanziamento erogabile per un importo massimo di Euro 25.000,00 a conclusione della positiva istruttoria creditizia di Banca Prossima S.p.A.. Il finanziamento non è assistito da alcuna garanzia ad eccezione della copertura del fondo di garanzia costituito dalla Fondazione San Patrignano nell’ambito della “Convenzione per l’attuazione di un programma di microcredito promosso dalla Fondazione San Patrignano” (garanzia da attivare con le modalità nella stessa previste), e dovrà essere necessariamente destinato alla realizzazione dell’idea di impresa dichiarata vincitrice del Premio.

Le condizioni del finanziamento sono in sintesi le seguenti:

1) Durata del finanziamento: 5 anni + un anno di preammortamento;

2) Tasso debitore nominale annuo: 4,5%;

3) Importo massimo concedibile: euro 25.000,00.

Il vincitore è ammesso, altresì, alle attività e ai servizi supplementari garantiti agli ospiti della Comunità San Patrignano attraverso la struttura appositamente costituita a questo fine e, in particolare:

• Sostegno amministrativo in fase di avvio delle idee di impresa finanziate;

• Monitoraggio – post erogazione del finanziamento – della realizzazione dell’idea di impresa con finalità sociali, nell’ambito del quale viene seguita la relazione del soggetto finanziato con Banca Prossima S.p.A. durante la fase di ammortamento e preammortamento e monitorato l’impiego delle somme erogate in conformità alle finalità dell’idea vincitrice.

 Termini di presentazione delle domande

L’idea imprenditoriale potrà essere inviata a partire dalle ore 12:00 del 20 gennaio alle ore 12:00 del 13 marzo 2015.

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A cura di Synago Srl (www.synagosrl.com)

  • Articolo pubblicato il 28 Gennaio 2015
“Il nostro mondo, la nostra dignità, il nostro futuro”. Così la UE prova a coinvolgere i cittadini sui temi della cooperazione e dello sviluppo. di Chiara Lodi Rizzini

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Si è svolta venerdì 9 gennaio a Riga la cerimonia di apertura dell’Eyd2015, l’Anno Europeo per lo Sviluppo. Dal 1983, infatti, l’Unione Europea dedica ogni anno ad un tema specifico con l’intento incoraggiare il dibattito e il dialogo sia tra i paesi europei che al loro interno.

Il 2015 sarà la volta della cooperazione e dello sviluppo, come sottolinea il motto scelto “il nostro mondo, la nostra dignità, il nostro futuro”. Un anno dedicato all’azione esterna dell’Unione europea e al ruolo dell’Europa nel mondo.

Perché lo sviluppo?

Lo aveva deciso il Parlamento Europeo lo scorso 3 aprile, a conclusione di un lungo percorso iniziato a maggio 2011 su proposta della Confederazione europea delle ONG di emergenza (CONCORD) e del Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE). L’Anno Europeo dello Sviluppo porrà l’accento su dodici temi, uno per ogni mese. Si comincia a gennaio con “l’Europa nel mondo”, seguito da “istruzione”, “donne e ragazze”, “salute”, “pace e sicurezza”, “crescita verde sostenibile e lavori dignitosi”, “infanzia e giovani”, “aiuti umanitari”, “demografia e flussi migratori”, “sicurezza alimentare”, “sviluppo sostenibile e azione climatica”, per concludere a dicembre con “diritti umani e governance”.

La campagna europea di sensibilizzazione servirà ad evidenziare l’impegno dell’UE nei settori della cooperazione e dello sviluppo (cooperazione internazionale, sviluppo sostenibile, lotta ai cambiamenti climatici e sicurezza alimentare), rendendone più trasparenti le finalità, le modalità di erogazione dei finanziamenti e l’individuazione delle aree geografiche che ne beneficiano. Nonostante il costante impegno dell’UE nell’implementazione di politiche per lo sviluppo e la cooperazione internazionale, un sondaggio di Eurobarometro del 2013 ha evidenziato infatti lo scarso grado d’informazione dei cittadini europei in merito alla destinazione e al valore aggiunto degli aiuti erogati dall’Unione: il 50% degli intervistati ha affermato di non conoscere la destinazione degli aiuti, seppure i due terzi ritengano che la lotta alla povertà nei paesi in via di sviluppo debba essere una delle priorità principali dell’Unione europea.

L’impegno della UE nello scenario mondiale

“Una delle mie priorità per questa Commissione è quella di rafforzare la posizione dell’Europa come attore globale”, ha dichiarato il Presidente Juncker. Questo sarà possibile – ha continuato il capo dell’esecutivo UE – “solamente se i cittadini europei comprenderanno come il ruolo di Unione e Stati membri sia un beneficio per tutti nel nostro mondo interdipendente”. L’Unione rappresenta infatti il maggiore donatore mondiale: nel 2013 ha fornito oltre metà di quello che l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) definisce “aiuto pubblico allo sviluppo”. Complessivamente, nel 2013, ha speso 56,5 miliardi di euro per aiutare paesi di tutto il mondo nella loro lotta contro la povertà. L’Alto Rappresentante Mogherini ha dichiarato in occasione della cerimonia di apertura che tutti, in Europa e al di fuori, dovrebbero fare la propria parte “per un mondo più equo”. “Non è questione di carità”, ha aggiunto, “ma del nostro stesso interesse”.

Ma l’Anno europeo per lo sviluppo non rappresenta solo una campagna mediatica per giustificare le spese dell’Unione in termini di politica estera, quanto anche un’occasione di riflessione sul passato, il presente e soprattutto il futuro della cooperazione e le politiche di sviluppo. In un mondo in rapida evoluzione, infatti, i confini tra i paesi in via di sviluppo e quelli industrializzati sono diventati sempre più sfumati. Alcuni paesi un tempo in via di sviluppo sono diventati donatori emergenti, mentre altri restano ancora intrappolati nella povertà. Nel frattempo, hanno fatto la loro comparsa nuove fonti di finanziamento e nuovi partner. Il panorama dello sviluppo ha visto il tradizionale rapporto donatore-beneficiario cedere il passo a un mondo fatto di cooperazione e di responsabilità e interesse reciproci. In questo contesto, quindi, ha ancora senso ad esempio parlare di ‘aiuti’ allo sviluppo collocando automaticamente al vertice della piramide i ‘Paesi sviluppati’ che trasferiscono risorse economiche ai ‘Paesi in via di sviluppo’? Inoltre, tenendo in considerazione i flussi migratori sud-nord degli ultimi cinquant’anni, non sarebbe più opportuno sostituire al termine ‘sviluppo’ quello biunivoco di ‘co-sviluppo’, alla luce dell’impegno civico crescente dei migranti nei Paesi europei di accoglienza?

Aiutare i paesi in via di sviluppo di tutto il mondo a costruire società pacifiche e prospere non è solo una questione di equità, ma contribuirà anche a un mondo più sicuro e con maggiori potenzialità economiche e commerciali per l’Europa.

Un anno di appuntamenti

Il 2015 sarà un anno cruciale per le politiche di sviluppo: si giocherà l’ultima partita per conseguire i Millenium Development Goals, che hanno orientato il cammino globale verso l’alleviamento della povertà estrema, in nome di giustizia sociale e difesa dell’ambiente. Ma non si tratterà solo di valutare ex-post i risultati raggiunti in termini di politiche per lo sviluppo, quanto anche di decidere ex-ante quale sia la direzione giusta da prendere dopo il 2015, per non commettere gli stessi errori.

Infine l’Italia sarà in prima fila in questo campo, ospitando l’Expo 2015 di Milano “Nutrire il pianeta, energia della vita”.

Fonte: secondowelfare.it

  • Articolo pubblicato il 21 Gennaio 2015

EurispesVenerdì 30 gennaio a Roma, alle ore 11,  la presentazione del Rapporto Italia 2015 dell’Eurispes. Dal 1989, il Rapporto Italia legge la situazione economica, politica e sociale del Paese, ne segnala i cambiamenti e i nuovi fenomeni.

Illustra i lavori il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara. L’incontro si terrà presso la Sala Conferenze della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma (Viale Castro Pretorio, 105).

Per esigenze organizzative, si prega di accreditarsi inviando una mail a [email protected] oppure telefonicamente al numero 0644202211.
Per l’accesso in Sala è necessario esibire l’invito.

Fonte: forumterzosettore.it

  • Articolo pubblicato il 21 Gennaio 2015

Il Corso Genitori efficaci, corso sulla relazione interpersonale e sulla comunicazione in famiglia, organizzato da SosAscoltoGiovani, Borgo Ragazzi Don Bosco, inizierà mercoledì 4 febbraio 2015 alle ore 17.30.

Il corso Genitori Efficaci propone ai genitori un metodo collaborativo per la risoluzione dei conflitti come vera alternativa ai comportamenti autoritari e permissivi. Insegna diverse alternative all’uso di metodi autoritari; nuove e migliori modalità per ottenere cambiamenti in quei comportamenti dei figli che risultano inaccettabili per i genitori. Favorisce un atteggiamento “positivo” nella relazione con i figli.
Lo stile dei genitori che hanno seguito il corso è chiaramente “democratico” e, al contempo, anti-autoritario e anti-permissivo.
Le capacità acquisite con il corso Genitori Efficaci sono utili per tutti i genitori: genitori di ragazzi di tutte le età, genitori adottivi, genitori singoli, genitori di background diversi.

Il corso ha una durata di 24 ore suddivise in 8 incontri di 3 ore ciascuno a cadenza settimanale. Alla fine del corso ogni partecipante riceverà un certificato di partecipazione al corso.

Si richiede prenotazione telefonando al numero 347.4204632
Clicca qui per scaricare la brochure
  • Articolo pubblicato il 19 Gennaio 2015

Si è concluso con successo il percorso formativo svoltosi da maggio a dicembre 2014, dedicato ai Centri di Aggregazione Giovanile romani, previsto dal progetto “Ricerca – intervento per lo sviluppo del sistema cittadino dei centri di aggregazione per adolescenti”. Più di 60 i partecipanti alle 4 sessioni formative.

Il processo partecipato di costruzione dell’offerta formativa si è sviluppato a partire dalla domanda emersa, per costruire insieme ai centri un percorso che fosse in grado di soddisfare i loro bisogni. In particolare i CAG hanno espresso i loro bisogni formativi attraverso un sondaggio e dei focus group, svolti entrambi durante lo scorso inverno.

Il corso di Introduzione alla progettazione europea, della durata di 16 ore si è svolto dal 16 al 18 maggio ed è stato organizzato da Oasi in collaborazione con Kairos società cooperativa sociale a r.l.

Dal 6 all’8 giugno un gruppo di 16 tra operatori e referenti municipali ha vissuto l’esperienza del laboratorio residenziale “CAG Lab. Esplorare, condividere, riprogettare” organizzato presso la sede LUMSA di Gubbio dall’associazione OASI e dalla LUMSA. Le tematiche affrontate sono state: Educazione, Diversità, Conflitti; Conflitti tra e con gli adolescenti; Adolescenza e processi interculturali. Il lab è stato per i partecipanti sia momento di esplorazione di alcune tematiche sia sperimentazione di processi e modalità di lavoro in team

L’11 e il 12 luglio si è svolto il corso di Introduzione al fund raising per una durata di 12 ore, organizzato da Oasi in collaborazione con MBS.

Il 12 e 13 dicembre si è svolto presso la sede LUMSA di Roma, in piazza delle Vaschette, il Seminario di aggiornamento su tematiche educative e di gestione per i CAG organizzato da OASI e dalla LUMSA. In particolare i temi affrontati sono stati “Giovani, Lavoro e Relazione educativa” e “La Rendicontazione Sociale: prospettive e strumenti”.

Tutti i materiali delle attività formative sono scaricabili dal sito retecag.oasisociale.it cliccando su “Formazione

  • Articolo pubblicato il 16 Gennaio 2015
I dati di Migrantes. Al primo gennaio 2015 le persone accolte e rimaste nelle diverse strutture di prima e seconda accoglienza sono poco meno di 66 mila. Sono 25 mila i minori, di cui 18.600 non accompagnati. Nei Cie restano reclusi 276, Perego: “Flusso considerevole di migranti forzati”.

Nel 2014 sulle coste e nei porti del Sud dell’Italia, sono arrivate 170.081 persone, tre volte il numero delle persone arrivate negli anni 2012-2013 (56.192). 120.239 sono arrivate in Sicilia, di cui 15.366 nella provincia di Agrigento e 4.194 sull’Isola di Lampedusa (contro le 14.753 nel 2013 e i 51.753 del 2011), 22.673 sono arrivati in Calabria; 17.546 in Puglia e 9.351 in Campania. Ma l’accoglienza dei 170 mila sbarcati è avvenuta in una situazione di forte precarietà, sia nei porti di arrivo che in molti dei centri di prima accoglienza realizzati. Se nel 2014 sono arrivate oltre 170 mila persone sul territorio italiano, al 1° gennaio 2015 le persone accolte e rimaste nelle diverse strutture di prima e seconda accoglienza sono poco meno di 66.000, cioè poco più di un terzo.

A fornire i dati aggiornati sugli sbarchi e l’accoglienza in Italia è monsignor Giancarlo Perego,direttore generale della fondazione Migrantes in occasione della presentazione della Giornata del migrante, che si celebrerà domenica prossima in tutta Italia.
Secondo i dati di Migrantes al primo gennaio 2015 i minori sbarcati in Italia sono 25 mila, di questi i non accompagnati sono 18.599. Per quanto riguarda l’accoglienza, nella rete della primissima accoglienza (Cda, Cara, Cpsa,con una capienza di 7.881 persone) sono presenti 9.638 persone, mentre nelle strutture temporanee di accoglienza sul territorio nazionale sono oggi ospitati 35.516 persone. La prima regione per numero di persone attualmente accolte è la Sicilia (5.404, di cui quasi 2.000 in provincia di Trapani), segue la Lombardia con 4.347 (di cui 946 a Milano), la Campania (3.708, di cui 1.302 a Napoli), il Lazio (2.804, di cui 1.859 a Roma), l’Emilia Romagna (2.648, di cui 622 a Bologna): in totale metà delle persone accolte è in queste cinque regioni.

Negli Sprar, strutture di seconda accoglienza degli asilanti e rifugiati, sono state accolte, invece, 20.319 persone. Il numero più alto delle persone accolte in strutture Sprar si trova nel Lazio (4.791), segue la Sicilia (4.209), la Calabria (1.948), la Puglia (1.882), la Campania (1.155): quasi 2/3 dei posti Sprar sono in queste 5 regioni, segno che sono soprattutto i comuni del Centro-Sud ad avere attivato progetti Sprar.

“L’Italia, nel contesto europeo, ha visto nel 2014 un flusso considerevole di migranti forzati arrivare in particolare sulle coste e nei porti della Sicilia, ma anche della Calabria, della Puglia e della Campania, diversamente dagli anni 2011-2013 che vedeva protagonista degli sbarchi l’isola di Lampedusa – sottolinea monsignor Perego -. Questo passaggio da Lampedusa ai porti del Sud d’Italia è avvenuto grazie al grande investimento di un anno dell’operazione Mare nostrum, che ha portato non solo a presidiare i confini europei e italiani del Mediterraneo, ma ad usare le navi militari per intercettare, accompagnare barconi con persone in fuga e colpire i trafficanti (oltre 700). Tutti avremmo sperato che questa operazione si rafforzasse e diventasse un investimento europeo, almeno fino a che l’Europa fosse stata in grado di accompagnare i popoli da cui provenivano le persone in fuga sui barconi, in un processo di pace, di sviluppo, di democrazia – aggiunge – Purtroppo, dietro insostenibili ragioni economiche, l’operazione Mare nostrum è stata chiusa e trasformata in una nuova operazione di controllo dei confini: il nostro Mare è diventato nuovamente il mare di altri, di altri trafficanti, di altri interessi, di altre morti”.

Secondo i dati di Migrantes, la partenza delle persone che si sono messe in viaggio nel Mediterraneo è avvenuta in particolare dalle coste della Libia (141.484 persone), 15.283 sono partite dall’Egitto e 10.321 dalla Turchia; solo 1.480 dalla Grecia e 1.297 dalla Tunisia. Le nazionalità delle persone sbarcate sono in particolare: Siria (42.425, quasi quadruplicati rispetto al 2013); Eritrea (34.329, più del triplo rispetto al 2013); Mali (9.908, quasi decuplicati rispetto al 2013), Nigeria (9.000, quadruplicati rispetto al 2013), Gambia (8.691, quadruplicati), Palestina (6017), Somalia (5.756, quasi raddoppiati), Senegal (4.933, quadruplicati), Bangladesh (4.386), Egitto (4.095 quasi raddoppiati).

“L’Italia per molte persone, in particolare siriani e palestinesi, è stata terra di passaggio per raggiungere famiglie e comunità in altri paesi europei, dove, tra l’altro, esistevano maggiori possibilità lavorative, ma anche strumenti e modalità di accoglienza più efficaci – aggiunge Perego – Una nota positiva è che nel 2014 i 10 Cie in Italia, di cui metà chiusi, vedono oggi la presenza solo di 276 persone a fronte di 1.748 posti: si spera che presto si arrivi finalmente alla chiusura di strumenti di una stagione ideologica e costosissima di trattenimento dei migranti.

Redazione (Fonte: Redattore Sociale)

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