• Articolo pubblicato il 20 Dicembre 2012

La popolazione in Italia aumenta ma gli italiani diminuiscono. E’ l’immagine che emerge dai dati definitivi del quindicesimo censimento generale della popolazione e delle abitazioni effettuato dall’Istat, da cui emerge che i residenti in Italia sono 59.433.744. Rispetto al 2001, quando i residenti erano 56.995.744 l’incremento è del 4,3%, da attribuire esclusivamente alla componente straniera. Infatti, nel decennio tra un censimento e l’altro la popolazione di cittadinanza italiana è diminuita di oltre 250mila individui (-0,5%), mentre quella straniera è aumentata di 2.694.256 unità.

4 milioni di stranieri
I cittadini stranieri risultano in crescita in tutte le regioni della Penisola, mentre gli italiani diminuiscono nel Mezzogiorno oltre che in Piemonte, Liguria e Friuli-Venezia Giulia. Nel corso dell’ultimo decennio la popolazione straniera residente in Italia é triplicata, passando da 1.334.889 milioni a 4.029.145 milioni, con una crescita del 201,8%. Due stranieri su tre risiedono al nord, il 24% al centro e solo il 13,5% al sud. Le donne straniere sono il 53,3% del totale, ma salgono al 56,6% nel Meridione. Quasi un quarto degli stranieri vive in Lombardia, il 23% in Veneto e in Emilia Romagna.
E’ proprio l’Emilia-Romagna a registrare l’incidenza più elevata, con 104 stranieri ogni 1.000 censiti, seguita dall’Umbria (99,2), dalla Lombardia (97,6) e dal Veneto (94,2), mentre nel sud e nelle isole i valori dell’indicatore si riducono in misura consistente.
Tra i grandi comuni, l’incidenza più elevata si registra a Brescia, con 166,1 stranieri ogni 1.000 censiti.
Per quanto riguarda l’età, il 46% degli stranieri residenti ha fra 25 e 44 anni, uno su quattro ha tra i 30 e i 39 anni. L’età media è di 31,1 anni e la componente maschile risulta più giovane (29,7 anni) di quella femminile (32,3 anni).

Più donne
Al 9 ottobre 2011, le donne risultano più degli uomini: ogni 93,7 uomini ci sono 100 donne (in totale 28.745.507 uomini, 30.688.237 donne).

Ultracentenari
In Lombardia c’è il maggior numero di ultracentenari. Ma, per quanto riguarda le città, il primato va a Roma e Palermo. Le persone di 100 anni e più erano 6.313 nel 2001 (1.080 maschi e 5.233 femmine), mentre nel 2011 ne sono state censite 15.080I.

Comuni più grandi
I cinque comuni più grandi d’Italia sono Roma (2.617.175 residenti), Milano (1.242.123), Napoli (962.003), Torino (872.367) e Palermo (657.561).

Fonte: rainews24.it

  • Articolo pubblicato il 18 Dicembre 2012
L’Italia ha bisogno di migliorare le politiche per la famiglia e di una maggiore partecipazione degli uomini al lavoro domestico. Nel 2010 erano donne il 59% dei laureati italiani, ma la presenza femminile cala tra le migliori specializzazioni
 

BRUXELLES – Come nella maggior parte dei paesi Ocse, in Italia nelle ultime generazioni le donne hanno risultati migliori degli uomini negli studi. Nel 2010, il 59% dei laureati italiani erano donne, ma la presenza femminile cala tra le specializzazioni che offrono migliori opportunità nel mondo del lavoro: 15% tra i laureati in scienze informatiche e 33% tra i laureati in ingegneria. All’età di 15 anni, queste professioni attirano più del 20% dei ragazzi italiani ma meno del 5% delle ragazze.
L’Italia è il terz’ultimo paese Ocse, davanti a Turchia e Messico, per livello di partecipazione femminile nel mercato del lavoro: 51% contro una media Ocse del 65%. Meno del 30% dei bambini italiani al di sotto dei tre anni usufruisce dei servizi all’infanzia e il 33% circa delle donne Italiane lavora part-time per conciliare lavoro e responsabilità familiari (la media Ocse è 24%). Il tempo dedicato dalle donne italiane al lavoro domestico e di cura – in media 3,6 ore al giorno in più rispetto agli uomini – limita la loro partecipazione al lavoro retribuito.

Una maggiore partecipazione femminile al lavoro non solo aiuta a sostenere il reddito familiare, ma contribuisce anche a mitigare la pressione che deriva dall’invecchiamento della popolazione. Le proiezioni Ocse mostrano che – a parità di altre condizioni – se nel 2030 la partecipazione femminile al lavoro raggiungesse i livelli maschili, la forza lavoro italiana crescerebbe del 7% e il PIL pro-capite crescerebbe di 1 punto percentuale l’anno.
Le differenze di genere nei salari, nel settore di occupazione e nella progressione professionale sono meno pronunciate in Italia che in altri paesi Ocse poiché, più che altrove, le donne con salari più bassi hanno maggiore probabilità di lasciare il mercato del lavoro. Nel 2010 le donne erano un terzo dei manager e, nel 2009, il 7% dei membri dei consigli di amministrazione delle aziende quotate (media Ocse 10%). Le donne italiane continuano inoltre ad essere una minoranza tra gli imprenditori e si concentrano in imprese di piccole e medie dimensioni: nel 2010 il 22% degli imprenditori con lavoratori dipendenti erano donne, ma il loro reddito era solo la metà di quello degli uomini nella stessa categoria.

Le recenti riforme varate in Italia sulla composizione dei consigli di amministrazione promuovono una maggiore uguaglianza di genere, alla quale dovrebbe contribuire – secondo l’Ocse – anche l’introduzione del congedo di paternità retribuito e obbligatorio. L’introduzione dei voucher attribuiti alle madri lavoratrici che riprendono l’attività lavorativa, in alternativa al congedo parentale, oltre ad offrire ai genitori lavoratori più scelta per la cura dei figli, potrebbe portare ad una più equa distribuzione del lavoro retribuito e non retribuito tra uomini e donne. Tuttavia l’effetto complessivo della riforma deve essere valutato anche sulla base dei tagli ai fondi pubblici allocati per i servizi all’infanzia, che si aggiungono ad una probabile riduzione nella cura informale fornita dai nonni legata all’innalzamento dell’età di pensionamento. Il contributo che le donne italiane potranno dare al mondo del lavoro, alla sicurezza economica delle famiglie e alla crescita dell’economia – conclude l’OCSE – dipenderà anche dalla misura in cui gli uomini italiani saranno pronti a contribuire al lavoro domestico e alla cura della famiglia.

Fonte: dirittiglobali.it

  • Articolo pubblicato il 17 Dicembre 2012
L’aumento grazie al modello S.U.P. (sistema universitario penitenziario) ideato dal garante dei detenuti del Lazio

Sono aumentati, in sette anni, del 570% i detenuti delle carceri del Lazio che hanno deciso di frequentare l’Università. Dai 17 iscritti nell’anno accademico 2005/2006 si è,  infatti, arrivati ai 98 attuali.  Merito di questo incremento è del progetto S.U.P. (Sistema Universitario Penitenziario) ideato dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni.

Un modello che ha coinvolto università, istituzioni ed importanti realtà pubbliche e private ed è divenuto un punto di riferimento per il mondo carcerario italiano.  Un importante settore del progetto – che riguarda la Teledidattica, che consente ai reclusi di seguire corsi universitari dal carcere – ha assunto infatti rilievo nazionale, ed è stato indicato quale best practice da replicare in altre realtà da una Circolare del Ministero della Giustizia che ha previsto che i reclusi di Alta Sicurezza in tutta Italia possano essere trasferiti a Rebibbia N.C. se decidono di iscriversi all’Università.
 
«Quando, nel 2005, iniziammo ad occuparci del problema dell’istruzione in carcere – ha detto il Garante Angiolo Marroni – gli iscritti all’Università erano solo 17. Un dato insostenibile, perché riteniamo che l’istruzione sia un aspetto che non solo favorisce l’affermazione di una cultura della legalità, ma che incide anche sul reinserimento sociale dei detenuti, come sancito dalla Costituzione. Il basso livello di istruzione è, infatti, uno dei fattori che contribuiscono ad emarginare coloro che, scontata la pena, rientrano nella società. E’ per questo che abbiamo messo a punto un modello volto da un lato a migliorare questo indicatore,  dall’altro ad agevolare coloro che intendono utilizzare la detenzione per prepararsi ad un futuro migliore».
 
I primi risultati concreti del modello S.U.P. sono arrivati nei giorni scorsi quando i primi due immatricolati nell’ambito del progetto (due detenuti del carcere di Regina Coeli) si sono laureati con 110 e lode. «Un risultato importante che serve da stimolo a tutti – ha detto Marroni – anche se fino alla fine è stato tutto in forse, per la decisione del Magistrato di Sorveglianza di non concedere il permesso a queste due persone di laurearsi all’Università, che ci ha costretti ad organizzare una sessione di laurea in carcere. Una scelta inspiegabile, che ha rischiato di rialzare quel muro fra carcere e resto del mondo che con lo studio e tanti altri sacrifici era stato abbattuto».
 
Le strade individuate dal Garante per favorire l’accesso all’Università ai detenuti sono state due: da un lato la firma di un Accordo di Programma con la Conferenza dei Rettori delle Università del Lazio (CRUL), cui hanno fatto seguito la stipula di Protocolli d’intesa con i singoli atenei (Roma Tre, Tor Vergata, Cassino, La Tuscia e La Sapienza), che prevedono forme integrate di collaborazione per offrire, ai detenuti, l’opportunità di accedere agli studi universitari superando le limitazioni legate al loro stato; dall’altro lato l’ideazione, nel 2006, del progetto “Teledidattica – Università in carcere” indicato dal Ministero di Giustizia quale best practice. 
 
Oggi il modello S.U.P. promosso dal Garante è costituito da una rete istituzionale che mette insieme Crul, Laziodisu, Prap e le 14 carceri del Lazio, il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia, l’Assessorato alla Sicurezza della Regione Lazio, le tre Università romane e quelle della Tuscia e di Cassino.
 
La collaborazione con LAZIODISU (l’azienda regionale per il diritto allo studio Universitario) ha consentito di sostenere la costituzione di gruppi universitari in tutto il Polo Penitenziario di Rebibbia ma anche a Regina Coeli, a Velletri, al Mammagialla di Viterbo, a Frosinone, a Rieti ed a Cassino. A sostegno di queste iniziative il Garante ha assicurato il proprio supporto sia nella gestione delle pratiche amministrative legate alla carriera universitaria che nella didattica, con la fornitura gratuita di libri di testo e di materiale didattico.
 
«La migliore risposta a questo impegno – ha concluso il Garante – sono le decine di richieste di iscrizione ai corsi universitari da parte di detenuti di tutta Italia, che ci troviamo a gestire. Agevolare questo percorso vuol dire garantire la piena tutela del diritto all’istruzione, uno dei più violati in carcere, che invece è patrimonio di tutti, indipendentemente dalle condizioni in cui ciascuno si trova».

Fonte: osservatorelaziale.it

  • Articolo pubblicato il 13 Dicembre 2012

 A livello globale, le donne presentano tassi di disoccupazione più elevati rispetto agli uomini e, secondo il Rapporto dell’ILO, la situazione non migliorerà nei prossimi anni.

Il Rapporto dell’ILO Global Employment Trends for Women 2012 (Tendenze globali dell’occupazione femminile 2012), fa un’analisi delle differenze di genere dal punto di vista della disoccupazione, occupazione, partecipazione alla forza lavoro, vulnerabilità e segregazione professionale e settoriale.

Globalmente, prima della crisi, le differenze di genere in termini di disoccupazione e rapporto impiego-popolazione si stavano attenuando. La crisi ha invertito questa tendenza nelle regioni più colpite.

Nei paesi industrializzati, la crisi sembra aver colpito maggiormente gli uomini che lavorano nei settori legati al commercio rispetto alle donne che lavorano nel settore sanitario e dell’istruzione. Nei paesi in via di sviluppo, al contrario, le donne sono state colpite più duramente nei settori legati al commercio.

«Benché le donne in tutto il mondo contribuiscano all’economia e alla produttività, esse continuano ad affrontare molti ostacoli che gli impediscono di esprimere il loro pieno potenziale economico. Questo non solo inibisce le donne, ma costituisce un freno per la perfomance economica e la crescita», ha dichiarato Michelle Bachelet, Direttore Esecutivo di UN Women, che ha contribuito al rapporto. «Garantire pari opportunità alle donne e agli uomini non è solo la cosa giusta da fare, ma è anche una strategia economica vantaggiosa», ha aggiunto.

Fonte: ilo.org

  • Articolo pubblicato il 13 Dicembre 2012

 Tra il 2008 e il 2011 i titolari di impresa nella provincia di Roma sono cresciuti complessivamente del 3 per cento, una crescita sostanzialmente trainata dai nuovi imprenditori immigrati. Infatti, le imprese con titolare nato in Italia sono diminuite dell’1,4 per cento, mentre le imprese dei nati all’estero (inclusi anche gli italiani rimpatriati) sono cresciute del 31,6% e la loro incidenza sul totale delle imprese operanti sul territorio è passata dal 14 per cento del 2008 al 17,3% nel 2011. Lo dice il nono rapporto dell’Osservatorio romano sulle migrazioni della Caritas, della Camera di Commercio e della Provincia di Roma.

I primi cinque paesi di nascita dei titolari di queste imprese (pari al 60% del totale) sono la Romania (5.784 imprenditori, 19,1%), il Bangladesh (5.637), la Cina (2.654), il Marocco (2.234) e l’Egitto (1.885). I titolari d’impresa nati in Bangladesh sono quasi raddoppiati in soli quattro anni, seguiti per incrementi più alti da egiziani, cinesi e ucraini. Le donne sono ancora in minoranza (20,5% dei titolari nati all’estero) ma in crescita, soprattutto tra senegalesi, bangladesi e romeni, così come lo sono i nuovi imprenditori appartenenti alle classi d’età più giovani (specialmente tra i romeni e i bangladesi). Gli imprenditori immigrati si dedicano quasi esclusivamente al commercio (38%), all’edilizia (24%) e ai pubblici esercizi (9%, inclusi la ristorazione e i servizi alle imprese). Le imprese di telecomunicazioni, nonostante assorbano solo il 2% delle imprese immigrate, sono gestite per il 68% da titolari d’impresa nati all’estero, particolarmente attivi nel cosiddetto “transnazionalismo connettivo” (servizi telefonici internazionali, servizi di internet, ecc.).

È il comune di Roma ad assorbire il 64% delle imprese della provincia e il 73% delle imprese con titolare immigrato, con una rilevante concentrazione, oltre che nel quartiere Esquilino (6,5% di tutte le imprese straniere a Roma), nel quadrante Est della città (Prenestina, Casilina, Tuscolana, Appia), ma anche a Sud (Portuense-Magliana) e a Nord (Nomentana). I romeni sono maggiormente concentrati tra la Casilina e la Prenestina (e, in particolare, nel quartiere Centocelle fin oltre il Raccordo Anulare lungo tutta la via Casilina), gli egiziani nei quartieri Marconi e Appio, i cinesi nel quartiere Esquilino e, in misura minore, nei quartieri Pigneto, Torpignattara e Tor Tre Teste, similmente agli imprenditori nati in Bangladesh.

Fonte: dirittiglobali.it

  • Articolo pubblicato il 13 Dicembre 2012
Rapporto della rete ”Crescere al Sud”. Nel Mezzogiorno la spesa sociale dei comuni più bassa d’Italia: 25 euro in Calabria, contro i 282 dell’Emilia. Un adolescente su cinque lascia la scuola. Ai minini nazionali la presa in carico degli asili nido
 

ROMA – Più della metà degli under 18 in povertà assoluta in Italia vivono nel Mezzogiorno (417 mila su 720 mila), dove tra 2010 e 2011 le famiglie con minori povere sono aumentate del 2 per cento. Lo rivela il nuovo rapporto “Fare comunità educante: la sfida da vincere” di Crescere al Sud, la rete di associazioni e organizzazioni attive nel Mezzogiorno promossa da Save the Children e Fondazione con Il Sud. Il rapporto è stato presentato a Napoli, in un confronto sul futuro dell’infanzia nel Mezzogiorno.

Al Sud la spesa sociale dei comuni  più bassa d’Italia. Una media di  61 euro nelle principali regioni meridionali,  che scendono a 25 in Calabria, contro i 282 dell’Emilia Romagna o i 262 del Veneto. Povertà e disagio colpiscono in particolare le mamme con meno di 20 anni, le “madri bambine”, che sono soprattutto al sud (3,38 per cento a Napoli contro lo 0,97 per cento di Milano), “dove il matrimonio precoce può essere visto come l’unica possibilità di emancipazione dal proprio nucleo familiare d’origine”.

Asili nido ai minimi nazionali. In Sicilia, Calabria, Campania e Puglia sono in media 5 su 100 i minori 0-2 anni presi in carico negli asili nido pubblici o nei servizi integrati, contro i 27 di Valle d’Aosta e Umbria o i 29 dell’Emilia Romagna. Il tempo pieno supera di poco il 7 per cento in Sicilia e Campania contro la media nazionale del 29 per cento, mentre l’abbandono scolastico precoce nelle stesse regioni riguarda almeno 1 adolescente su 5, come succede anche in Sardegna, e “non è completamente sconnesso dallo sfruttamento precoce del mercato del lavoro”.

Oltre 681 mila minori nei comuni sciolti per mafia. Fuori dalla scuola “i veleni della criminalità organizzata”, che convive regolarmente con i 681.942 minori residenti nei comuni sciolti per mafia  al sud,  o quelli delle aree contaminate da impianti siderurgici, chimici, petrolchimici, attività portuali, discariche urbane e industriali fuori controllo che soffocano quasi un milione di bambini e adolescenti, più di 840 mila nelle sole Campania e Puglia.

Fonte: dirittiglobali.it

  • Articolo pubblicato il 11 Dicembre 2012
Numeri record per povertà ed esclusione sociale in Italia: il 28,4% dei residenti in Italia è a rischio. A dirlo è l’Istat, Istituto nazionale di statistica, nella sua ultima ricerca (disponibile qui): nel 2011 l’indicatore è cresciuto del 2,6% rispetto a un anno prima, e le cause sono l’aumento della quota di chi si trova a rischio di povertà (dal 18,2% al 19,6%) o in condizioni di severa deprivazione (dal 6,9% all’11,1%).

 

I dati sono addirittura più alti rispetto alla media dell’Unione europea, che è al 24,2%, in primis per la componente della severa deprivazione (11,1% contro una media dell’8,8%) ma anche del rischio di povertà (19,6% contro 16,9%). Nell’ultimo anno aumenta chi vive in famiglie che dichiarano di non potersi permettere, nell’anno, una settimana di ferie lontano da casa (dal 39,8% al 46,6%), oppure che non hanno potuto riscaldare adeguatamente l’abitazione (dall’11,2% al 17,9%), o che non riescono a sostenere spese impreviste di 800 euro (dal 33,3% al 38,5%). Il 19,4% delle persone residenti nel Mezzogiorno é gravemente deprivato, valore più che doppio rispetto al Centro (7,5%) e triplo rispetto al Nord (6,4%). Nel Sud l’8,5% delle persone senza alcun sintomo di deprivazione nel 2010 diventa gravemente deprivato nel 2011, contro appena l’1,7% nel Nord e il 3% nel Centro.
Si trovano più spesso in condizioni di disagio le famiglie monoreddito, come gli anziani soli e i monogenitori, e quelle con tre o più figli minori. Il rischio di povertà, calcolato sulla base del reddito 2010, mostra aumenti più marcati tra gli individui residenti nelle regioni del Mezzogiorno, in famiglie monoreddito, dove la fonte principale di reddito é da lavoro, sia dipendente sia autonomo, tra le coppie con figli, con almeno un minore, i monogenitori e le famiglie di altra tipologia, con membri aggregati.
Il rischio di povertà, calcolato sulla base del reddito 2010, mostra aumenti più marcati tra gli individui residenti nelle regioni del Mezzogiorno, in famiglie monoreddito, dove la fonte principale di reddito è da lavoro, sia dipendente sia autonomo, tra le coppie con figli, con almeno un minore, i monogenitori e le famiglie di altra tipologia, con membri aggregati. Il 50% delle famiglie residenti in Italia ha percepito, nel 2010, un reddito netto non superiore a 24.444 euro l’anno (circa 2.037 al mese). Nel Sud e nelle Isole, metà delle famiglie percepisce meno di 19.982 euro (circa 1.665 euro mensili).
Il reddito mediano delle famiglie che vivono nel Mezzogiorno è pari al 73% di quello delle famiglie residenti al Nord, valore inferiore a quello registrato nel 2009 (76%); nel Centro la quota si attesta al 94% (era il 96%) a segnalare un aumento del divario territoriale, a svantaggio del Centro-sud. La quota di reddito totale del 20% più ricco delle famiglie residenti in Italia è pari al 37,4%, mentre al 20% più povero spetta l’8% del reddito, spiega l’Istat.

Fonte: vita.it

  • Articolo pubblicato il 11 Dicembre 2012

La giornata seminariale  “L’accoglienza madre-bambino: percorsi di esperienza e prospettive di  sviluppo” si terrà a Firenze presso l’Istituto degli Innocenti il  19 dicembre 2012 dalle 14,30 alle 18,00.
La giornata, promossa dall’Istituto degli Innocenti e  dall’Associazione Artemisia è dedicata a condividere esperienze e   pratiche sui percorsi di accoglienza dei nuclei genitore/figlio.
Nell’occasione sarà presentato il corso di formazione progettato   dall’Agenzia “Formarsi agli Innocenti” in collaborazione con Artemisia  su “Metodologie e tecniche per l’accoglienza della diade  madre-bambino”.
Al termine della giornata sarà celebrato il ventennale   dell’Associazione Volontari Spedale degli Innocenti.

L’iniziativa è gratuita, si allega il programma della giornata e la scheda di adesione.
Per ulteriori informazioni clicca qui

  • Articolo pubblicato il 7 Dicembre 2012

Carta Roma, presentata in Campidoglio dal sindaco di Roma Capitale, Gianni Alemanno, dal vice sindaco Sveva Belviso, e dall’amministratore delegato di Poste Italiane, Massimo Sarmi, è un innovativo progetto quadriennale rivolto a quelle fasce sociali, pensionati e famiglie con figli minori che, in questo momento di forte crisi, risentono di più del disagio economico: circa un milione di cittadini romani, con questa iniziativa, potranno usufruire di un aiuto indiretto, ma concreto, a difesa del loro reddito.
La carta, nata in collaborazione con Poste Italiane ed emessa sul circuito Visa, è nominativa, prepagata e ricaricabile. Tramite questa “card”, promossa dall’assessorato alle Politiche sociali di Roma Capitale, un milione di utenti residenti a Roma – circa 700.000 pensionati e 300.000 famiglie con minori a carico – potranno ricevere bonifici e ricariche, accreditare direttamente la pensione e soprattutto usufruire di sconti e vantaggi su un’ampia tipologia di acquisti, di prodotti e di servizi presso i partner pubblici e privati convenzionati: circa 50 gruppi commerciali riguardanti settori che rispondono a gran parte delle esigenze di consumo. I possessori della carta potranno inoltre beneficiare di ulteriori ‘Sconti Bancoposta’ negli oltre 27 mila negozi convenzionati con Poste Italiane.
Carta Roma può essere richiesta recandosi nei circa 400 sportelli di Poste Italiane presenti sul territorio di Roma. Entro 30 giorni i titolari riceveranno a casa la carta (che comunque dovrà essere attivata presso uno degli sportelli Poste). Per ottenere informazioni in tempo reale è possibile contattare il numero verde di Poste Italiane dedicato 800.777.670, attivo da lunedì al venerdì dalle ore 8.00 alle ore 20.00, o consultare il sito internet www.cartaroma.postepay.it.
I vantaggi della carta ricaricabile, personalizzata con il logo di Roma Capitale, saranno molteplici: il titolare non sarà costretto ad aprire un conto corrente, potrà tenere sempre sotto controllo le spese e ricaricare la carta solo quando avrà l’effettiva esigenza di usarla. ‘Carta Roma’ è uno strumento sicuro in quanto combina la tecnologia a microchip con un codice PIN per autorizzare i pagamenti.
La “card”, sempre su base volontaria e con costi di gestione agevolati per le fasce più disagiate (con un reddito ISEE fino a 15 mila euro), consentirà di ricevere direttamente l’accredito della pensione e di altri eventuali contributi erogati da Roma Capitale, evitando così i rischi legati all’uso del contante. Il progetto recepisce gli indirizzi della legge ‘Salva Italia’ in tema di tracciabilità dei pagamenti, in particolare l’obbligo per i pensionati di ricevere gli importi oltre i 1.000 euro non più in contanti, ma su un conto corrente o altri strumenti finanziari come le carte prepagate.
Inoltre, grazie alla connessione al circuito Visa, saranno possibili ulteriori utilizzi tra cui il pagamento di prodotti e servizi attraverso le apparecchiature Pos presenti nei negozi, tramite internet e infine il prelievo di contante presso gli sportelli ATM.
Ma i vantaggi della carta non finiscono qui: Roma Capitale ha pensato ad un ulteriore sostegno economico diretto rivolto ai pensionati, ai genitori con figli minori, alle persone con disabilità, ai titolari di altre indennità (disoccupati) che abbiano un ISEE fino a 12.500 euro.
Chi, avendo quel reddito ISEE, richiederà la carta dal 5 dicembre 2012 al 15 gennaio 2013 potrà fare domanda per ottenere un contributo economico di circa 300 euro all’anno (50 euro a bimestre) per sostenere le spese e le utenze domestiche, che verrà versato direttamente sulla card. Il sostegno sarà riservato ai primi 20.000 richiedenti che rientreranno nelle graduatorie, così come previsto da avviso pubblico del 29 novembre 2012. L’Amministrazione, per l’erogazione di questo contributo, ha stanziato circa 6 milioni di euro. La domanda per il contributo potrà essere presentata compilando il modulo presente sul sito www.cartaroma.it. Inoltre, dal 10 dicembre, sarà possibile richiedere il contributo anche recandosi nei 150 centri anziani di Roma, all’interno dei quali saranno presenti, per conto di Roma Capitale, 150 operatori e – in convenzione con l’Università di Roma ‘La Sapienza’ – dei giovani tutor che illustreranno e spiegheranno i contenuti e le funzioni della carta. Per avere maggiori informazioni l’utente può contattare il numero verde 800.894.394, o recarsi all’ufficio Carta Roma presso il dipartimento Politiche Sociali, in viale Manzoni 16.

Fonte: comune.roma.it

  • Articolo pubblicato il 7 Dicembre 2012
Affabulazione, Coordinatore per l’Italia della terza edizione di Access City Award 2013 annuncia la vittoria di Berlino, Città Accessibile 2012.

Il premio è stato assegnato a Berlino in riconoscimento di una politica globale e strategica diretta alla creazione di una città accessibile a tutti. Il premio è organizzato dalla Commissione in collaborazione con il Forum europeo delle persone disabili ed è stato presentato in occasione della Giornata europea delle persone con disabilità a Bruxelles. Il riconoscimento vuole incoraggiare le città a condividere le loro esperienze e a migliorare l’accessibilità a vantaggio di tutti.

La giuria ha selezionato Berlino in considerazione della sua politica strategica e inclusiva in materia di disabilità, nell’ambito della quale sono stati effettuati massicci investimenti per trasformare la città, precedentemente divisa, in un ambiente accessibile e privo di barriere. La giuria ha messo in risalto il sistema dei trasporti di Berlino e gli investimenti effettuati per agevolare l’accesso delle persone con disabilità nell’ambito dei progetti di ricostruzione. L’impostazione globale di Berlino a favore dell’accessibilità è pienamente integrata nelle politiche della città e ampiamente avallata dai responsabili politici.

L’Associazione Culturale Affabulazione ha coordinato il premio, indetto dalla Commissione Europea – Direzione Generale Giustizia – per il secondo anno consecutivo, monitorando la selezione nazionale.

Il coordinamento dell’Access City Award è, in ordine cronologico, l’ultimo degli incarichi affidati dalla Commissione all’associazione Affabulazione.

Negli anni passati e a partire dal 2003 Affabulazione ha curato per conto della Commissione europea, tra gli altri: il Concorso Eurogiovane (quattro edizioni – rivolto a bambini e adolescenti), il progetto EAD, European Action On Drugs (2 edizioni – prevenzione sull’uso di droghe) Passenger Rights (diritti dei passeggeri aerei e ferroviari) oltre a campagne nazionali sulla cittadinanza europea, gli aiuti umanitari

Per maggiori informazioni potete visitare il sito del premio, all’indirizzo www.accesscityaward.eu o scaricare il comunicato stampa e la brochure informativa sulla passata edizione cliccando il link seguente
europa.eu/rapid/press-release_IP-12-1309_it.htm