• Articolo pubblicato il 8 Novembre 2013

copertina_RM_locali_3Proseguono e si intensificano le iniziative e gli appelli a difesa dell’integrità del Fondo Infanzia e Adolescenza.

In prima pagina dell’edizione romana de La Repubblica di oggi, 8 novembre 2013, nell’articolo Il Governo taglia i servizi ai giovani. “Salviamoli” vengono denunciate le gravi conseguenze del taglio al Fondo L. 285/97 previsto nel Disegno di Legge n. 1120.

Il Capogruppo del PD in Campidoglio, Francesco D’Ausilio, ha fatto appello al Parlamento sostenendo che “con questa riduzione dei finanziamenti statali Roma sarà costretta a ridurre pesantemente gli interventi sul territorio a favore dei bambini e dei giovanissimi”e ribadendo la necessità che il Fondo venga ripristinato con un emendamento che riporti la dotazione ai livelli del 2007.

Afferma La Repubblica “La Legge di stabilità del Governo ha usato l’accetta per tagliare il fondo per l’infanzia e l’adolescenza”.

Nel 2013 il fondo sarà di 6,3 milioni di euro, 2 milioni in meno rispetto all’anno precedente e ben 3 milioni in meno rispetto al 2007, in cui il fondo era di 9,6 milioni.

A Roma i progetti realizzati con il fondo 285 sono 126: 88 promossi dai municipi e 38 dal Dipartimenti Politiche Sociali, Sussidiarietà e Salute e Servizi Educativi e Scolastici, Giovani e Pari Opportunità. I destinatari dei progetti sono circa 60 mila bambini e ragazzi e 1.500 operatori lavorano quotidianamente con e per questi giovani.

Le conseguenze del taglio costituirebbero un “danno gravissimo”, come afferma D’Ausilio, implicando una drastica riduzione dei servizi: sarebbero circa 45 gli interventi che non potrebbero essere realizzati e circa 500 gli operatori che perderebbero il lavoro. A pagarne le spese sarebbero circa 21 mila ragazzi e ragazze a cui sono rivolti questi progetti.

Tempo libero, gioco, animazione, scambi giovanili, opportunità di aggregazione e socializzazione per bambini e adolescenti, sono solo alcune delle tipologie dei progetti 285 ma anche sostegno alle famiglie e all’integrazione scolastica, per la prevenzione della dispersione scolastica e dell’abbandono.

  • Articolo pubblicato il 7 Novembre 2013

La Fondazione Roma Solidale e l’Associazione Oasi con il progetto “Campi aperti per il sociale” vi invitano mercoledì 27 novembre 2013 al Laboratorio del Sapere per discutere con Alfonso Pascale del suo ultimo libro “Radici e Gemme. A proposito di agricoltura e società civile”.

Programma:

ore 17:00 Benvenuti al Teatro Patologico: Dario D’Ambrosi

ore 17:15 L’incontro di oggi:
Maurizio Saggion (Fondazione Roma Solidale onlus)
Martino Rebonato (Associazione Oasi)

ore 17,30 Radici & Gemme. La società civile delle campagne dall’Unità ad oggi:
Corrado Barberis (Presidente uscente dell’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale)
Maria Severina Liberati (Presidente eletto dell’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale)
Mario Campli (Comitato Economico e Sociale Europeo)
Franco Ferrarotti (Professore Emerito di Sociologia, Università La Sapienza di Roma
modera: Andrea De Dominicis

ore 18,30 Per «non concludere»: discutiamone insieme

ore 19,00 Aperitivo e incontro con l’autore.

L’incontro si terrà in Via Cassia 472 all’interno dello spazio laboratoriale del Teatro Patologico luogo di rinascita e libertà espressiva.
A causa del numero limitato di posti disponibili è necessaria l’iscrizione: telefono 06.37515922 email [email protected]

In allegato il programma

  • Articolo pubblicato il 31 Ottobre 2013

Nel rapporto “Due pesi e due misure. Le politiche abitative dell’Italia discriminano i rom”, Amnesty International ha affermato che le autorità comunali di Roma hanno portato avanti un sistema a doppio binario di assegnazione degli alloggi che sta negando a migliaia di rom l’accesso a un alloggio adeguato.
“Il Comune di Roma sta tenendo migliaia di rom ai margini della società. Il sistema di assegnazione degli alloggi pubblici è congegnato e attuato in modo tale da condannare migliaia di rom, per semplici ragioni di etnia, a vivere in strutture segregate, al di sotto degli standard, in campi lontani dai servizi e dalle aree residenziali. Questa è una macchia per la città di Roma” – ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del Programma Europa e Asia Centrale di Amnesty International.
“Ciò avviene con la tacita complicità del governo italiano, che a livello nazionale non sta garantendo uguale accesso agli alloggi pubblici per tutti, in chiara violazione dei suoi obblighi internazionali di eliminare la discriminazione, ai sensi del diritto internazionale come di quello dell’Unione europea, e di realizzare il diritto a un alloggio adeguato” – ha proseguito Dalhuisen.
Il rapporto di Amnesty International denuncia come oltre 4000 rom residenti nei campi autorizzati di Roma subiscano una discriminazione sistematica, anche quando fanno domanda di assegnazione di un alloggio pubblico.
A seguito degli sgomberi forzati, queste persone sono state trasferite in container e roulotte all’interno di campi segregati, sovraffollati e recintati, costruiti e gestiti dalle autorità comunali. Questa circostanza limita profondamente le possibilità d’integrarsi in una comunità più ampia e di trovare un impiego regolare.
Nonostante le loro povere condizioni di vita, per oltre un decennio i criteri per dare priorità alle domande di alloggio popolare hanno effettivamente impedito ai rom di accedervi. Il richiedente doveva dimostrare di essere stato legalmente sfrattato da un alloggio privato in affitto, cosa impossibile per i rom residenti nei campi o sgomberati con la forza da questi ultimi. Alla fine del 2012, è stato introdotto un nuovo criterio per dare priorità alle persone che si trovavano in gravi condizioni di svantaggio, ospitati a titolo provvisorio in strutture fornire da enti caritatevoli o dallo stesso Comune di Roma. Quando i rom residenti nei campi hanno iniziato a presentare domande, l’amministrazione municipale si è affrettata a chiarire, con una circolare, che quel criterio non si applicava nei loro confronti.
Nel 2008 l’ex sindaco di Roma adottò il “Piano nomadi” con l’obiettivo di chiudere gli insediamenti informali dei rom e trasferirne gli occupanti in campi autorizzati per soli rom. Il piano, parzialmente attuato, ha comportato sgomberi forzati per centinaia di rom. Molti rom sono stati lasciati senza speranza, condannati a una vita di segregazione, povertà ed esclusione sociale.
“Il ‘Piano nomadi’ ha comportato costosi spostamenti di famiglie e ha completamente mancato di affrontare le necessità abitative dei rom e la più ampia questione della loro integrazione sociale. Anche il governo nazionale ha chiaramente riconosciuto che grandi campi segregati hanno rovinato la vita di generazioni di rom” – ha sottolineato Dalhuisen.
Il 28 ottobre, nel corso di un incontro con Amnesty International, la nuova amministrazione di Roma ha espresso l’intenzione di annullare la circolare discriminatoria che impedisce ai rom di accedere agli alloggi pubblici. Ciò costituirebbe un importante passo nella giusta direzione. L’amministrazione capitolina ha inoltre comunicato la cessazione del “Piano nomadi”, un altro aspetto apprezzato da Amnesty International. Ora il Comune di Roma deve far seguire azioni concrete, nel breve periodo, per mitigare la segregazione dei rom e le misere condizioni di vita di coloro che vivono nei campi e sviluppare un piano di più lunga durata per porre fine al sistema a doppio binario di assegnazione degli alloggi che condanna migliaia di rom a vivere nei campi.
“Amnesty International non sta chiedendo che ai rom che vivono nei campi di Roma venga data priorità nell’accesso alla limitata disponibilità di alloggi pubblici della capitale. Chiediamo che abbiamo uguale accesso, senza tener conto della loro etnia” – ha precisato Dalhuisen.
“Amnesty International difende il diritto a un alloggio adeguato per tutti e sollecita il Comune di Roma, così come il governo nazionale, a fare tutto il possibile per accrescere la disponibilità di alloggi pubblici per le migliaia di famiglie della capitale che hanno disperato bisogno di un’abitazione”  – ha proseguito Dalhuisen.
Circa metà dei rom in Italia è costituita da cittadini italiani. Altri sono riconosciuti come rifugiati dall’ex Jugoslavia, sono immigrati provenienti per lo più dalla Romania o dai Balcani o apolidi, riconosciuti o di fatto.
“I rom sono parte integrante della società italiana. Eppure, restano tra coloro che sono più gravemente colpiti da condizioni abitative profondamente inadeguate e da una diffusa discriminazione a Roma come in molte altre città italiane” – ha aggiunto Dalhuisen.
Le autorità locali e nazionali sono obbligate a realizzare il principio di non discriminazione. La segregazione delle famiglie rom nei campi potrà terminare solo quando esse potranno accedere in condizioni di uguaglianza ad altre forme di alloggio, compresi gli alloggi pubblici. “Non può esservi alcuna scusa o giustificazione per le politiche discriminatorie in materia di alloggio. Il governo italiano deve rivedere le leggi e le prassi in materia di alloggio e rimuovere tutti gli ostacoli che discriminano i rom e li tengono intrappolati nei campi. Se le autorità italiane non agiranno immediatamente in modo adeguato e continueranno invece a violare la legislazione antidiscriminazione dell’Unione europea in modo così clamoroso, sarà più urgente che mai che la Commissione europea apra una procedura d’infrazione contro l’Italia” – ha concluso Dalhuisen.

Testimonianze
Miriana Halilovic, cittadina italiana, è sposata ed è madre di quattro figli, comprese due gemelle nate a metà del 2013. Dopo lo sgombero forzato da un campo informale nel 2010, la famiglia è stata trasferita in una piccola roulotte nel campo autorizzato di Salone. “Quando ci hanno trasferito dal Casilino 900, ci hanno detto che sarebbe stato per poco tempo. Adesso sono tre anni e mezzo che sto qui. Perché non abbiamo una casa? Che devo dire a mio figlio? Che gli altri sono meglio di noi?”. Miriana è in attesa dell’esito della sua domanda di un alloggio pubblico.
Hanifa, 23 anni, vive da tre anni nel campo autorizzato di Castel Romano con suo marito e cinque figli. “Hanno tolto la fermata dell’autobus. È come stare in prigione. Se non hai l’automobile puoi anche morire di fame!”.
Georgescu Vassile, panettiere, è arrivato in Italia dalla Romania nel 1999 con sua moglie: “Ho fatto domanda per un alloggio pubblico nel 2011, avevo otto punti nella vecchia graduatoria, troppo pochi. Siamo tre famiglie in un container, compresi i miei due figli, le loro mogli e tre nipoti. Abbiamo pensato a una casa in affitto ma è troppo difficile. Per 11 persone, dovremmo pagare 1000 euro. Se ci aggiungi le spese, arrivi a 1500 euro. Non possiamo farcela. Abbiamo solo due stipendi”.

 Ulteriori informazioni
Fermare la discriminazione, gli sgomberi forzati e la segregazione etnica dei rom” è una delle 10 richieste contenute nell’Agenda in 10 punti per i diritti umani che Amnesty International Italia ha presentato a tutti i candidati e leader di coalizione, nell’ambito della campagna “Ricordati che devi rispondere”, nel corso dell’ultima campagna elettorale. Tale richiesta è stata sottoscritta da tutti i leader delle formazioni che compongono l’attuale governo e da 117 parlamentari.
  • Articolo pubblicato il 31 Ottobre 2013

Attualmente il 3,2% della popolazione mondiale è composta da migranti, ossia 232 milioni di persone vivono in un paese diverso da quello d’origine. Questo è quanto emerge dal rapporto ONU dal titolo “Trends in international migrant stock – The 2013 revision”.

L’Asia e l’America Latina sono le principali regioni di partenza, infatti, 19 milioni di migranti asiatici si sono trasferiti in Europa, 16 milioni in America del Nord e circa 3 milioni in Oceania.

L’Europa resta il continente di destinazione più ambito (con 72 milioni di migranti), e la Germania e la Francia raccolgono le più grandi comunità di stranieri. L’Asia, invece, è il continente in cui il numero di migranti dall’estero è aumentato di più negli ultimi dieci anni (ora sono 71 milioni).

Il 48% delle persone che non vivono nel loro paese di origine sono donne.
Tra i primi dieci paesi per numero di migranti stranieri ci sono: Stati Uniti (45,8 milioni), Russia (11 milioni), Germania (9,9 milioni), Arabia Saudita (9,1 milioni ), Emirati (7,8 milioni ), Regno Unito (7,8 milioni ), Francia (7,4 milioni ), Canada (7,3 milioni ), Australia (6,5 milioni ), Spagna (6,5 milioni).

Il 7% della popolazione migrante è rappresentato da titolari di protezione internazionale.

UN_ Trends in international migrant stock 2013

Fonte: programmaintegra.it

  • Articolo pubblicato il 31 Ottobre 2013

L’associazione BluMedia, con il finanziamento dell’Agenzia Nazionale per i Giovani e con il patrocinio di Roma Capitale e dell’Istituto Leonarda Vaccari di Roma, ha promosso un progetto per la realizzazione di un blog dedicato a raccogliere e diffondere conoscenze, informazioni, buone prassi, metodologie, strumenti e sussidi (anche informali o inediti) utilizzati in Italia nel presentare il tema della disabilità a minori principalmente di età compresa tra 6 e 15 anni. Le buone prassi, le testimonianze e i contributi più significativi saranno raccolti, diffusi sul web e presentati durante un evento pubblico che si terrà a Roma MERCOLEDÌ 20 NOVEMBRE 2013, presso la sala “Rosi” di Roma Capitale – Dipartimento Promozioni dei Servizi Sociali e della Salute, al quale saranno invitati a partecipare, in particolar modo, referenti istituzionali, insegnanti, educatori, animatori, volontari, esperti e quanti, a vario titolo, si occupano di minori e di disabilità.

In allegato la locandina di presentazione ed una sintesi dell’iniziativa

  • Articolo pubblicato il 31 Ottobre 2013

Il day after della strage di Lampedusa ha aperto dibattiti, polemiche e una richiesta condivisa: rivedere la legislazione sull’immigrazione. La presidente della Camera Laura Boldrini ha detto che “nulla sarà più come prima”. Dalla cooperazione sociale è arrivata, a ogni livello, la richiesta di ragionare su nuove politiche di accoglienza e inclusione di fronte a un mondo in cambiamento: le nuove rotte delle migrazioni parlano di paesi in guerra come la Siria. Giovanardi chiede di ritornare alla legge Turco-Napolitano rivedendo la funzione dei Cie. Intanto il Paese fa i conti con la memoria corta e una componente razzista dentro la società.
La strage del 3 ottobre può rappresentare il punto di non ritorno: “nulla sarà come prima”, ha dichiarato sull’isola la presidente della Camera Laura Boldrini. Proprio un nuovo modo di pensare le politiche di accoglienza è la proposta che arriva dal mondo della cooperazione sociale. Lo ha detto la presidente nazionale di Legacoopsociali Paola Menetti: “le istituzioni, italiane ed europee, la politica, i soggetti sociali ed economici insieme affrontino finalmente il fenomeno dell’immigrazione non come eterna emergenza da cui difendersi, ma come realtà complessa e sofferente di un cambiamento del mondo che coinvolge tutti noi”.

La cooperazione sociale

Un pensiero condiviso da chi opera nelle cooperative sociali e punta il dito contro l’attuale legislazione. Lo ha scritto Andrea Morniroli della coop sociale Dedalus: “perché i tanti politici che ieri si sono pronunciati permettono che nell’ordinamento giuridico di questo Paese compaia ancora la vergogna del reato di clandestinità che, degno delle legge razziali, punisce e reclude non chi commette un reato ma chi si trova a vivere una particolare condizione umana, economica e sociale. Perché, quei politici, non fanno nulla di fronte al fatto che oramai da qualche anno gli unici fondi dedicati all’immigrazione siano quelli finalizzati al contenimento (Cie e dintorni) mentre il fondo per l’inclusione e accoglienza corrisponde a zero. Perché non si sono opposti alle modalità con cui è stata trattata dal Governo l’emergenza Nord-Africa in cui si sono spesi milioni di euro per tenere persone parcheggiate in strutture spesso non idonee, senza nessun progetto e intervento, aprendo così percorsi di abbandono, conflitto  e devianza. Allora perché la poltica non riesce a mettere mano alla normativa sulla cittadinanza o ad una nuova legge sull’asilo”. E ancora lo ha ribadito la coop sociale Agorà Kroton di Crotone: “da questa terra, che vive l’accoglienza in maniera importante, esca una proposta nuova, elaborata assieme agli attori del Terzo Settore che si occupano di politiche migratorie, su possibili modelli di accoglienza alternativi ed efficaci che possano garantire percorsi veloci ed efficaci ai loro bisogni permettendogli di potersi muovere liberamente nel territorio europeo”. Anche la cooperazione sociale emiliana ripete lo stesso concetto: “Sono necessarie da subito una revisione drastica della legislazione in materia di immigrazione, e nuove politiche di accoglienza a livello europeo che non permettano più tragedie umanitarie come quella di Lampedusa. Anche l’Europa deve fare la sua parte, ispirandosi a quei principi di solidarietà che le popolazioni italiane, e quelle siciliane in particolare, stanno dimostrando”. A sugello di questa voce che si è levata dal mondo delle coop sociali è arrivata la memoria che Giancarlo Rafele, cooperatore sociale calabrese, ha rispolverato ricordando “la tragedia di Capo Palos a Cartagena del 1906 dove morirano decine di emigranti italiani”.

Bossi-Fini e dintorni

Chi vuole cancellarla e chi no. Chi ne reputa la causa di questi disastri e chi un mezzo per continuare a difendere le nostre coste. Una cosa è certa: alcuni pescherecci, come avvenuto il 3, disobbediscono le leggi del mare per evitare guai nel soccorrere i naufraghi e i sopravvisuti vivono anche la beffa di essere indagati per reato di clandestinità. Nel Pdl si è levata la voce del senatore Carlo Giovanardi che vuole tornare alla Turco-Napolitano, riformando i Cie. Il Pd vuole cancellarla: – “La legge Bossi-Fini non è riformabile e le normative sull’immigrazione vanno superate. Serve, inoltre, una legge organica sul diritto all’asilo. È assurdo che le persone scampate alla strage di Lampedusa, per effetto della Bossi-Fini, siano incriminate per il reato di immigrazione clandestina e i civili che hanno prestato soccorso, rischino di esserlo per favoreggiamento”. È quanto dicono in una nota congiunta Danilo Leva e Marco Pacciotti, responsabili Giustizia e Immigrazione del partito. Eppure nel Pdl frenano, a iniziare dal vicepremier Angelino Alfano. In mezzo ci sono gli insulti costanti della Lega al ministro Cecile Kyenge e un pezzo del nostro Paese che si rende protagonista di atti razzisti. Ieri le curve di Torino (Juventus) e Roma (Lazio) hanno cantato l’inno nazionale durante il minuto di silenzio, mentre sui social network non si contano frasi e commenti xenofobi dopo la strage.

Le nuove rotte siriane

“Le reti libiche ed egiziane del contrabbando sono tornate al lavoro, grazie soprattutto alla forte richiesta di mobilità dei profughi siriani in fuga dalla guerra e diretti in Europa. Lo dicono i numeri. Dall’inizio dell’anno al 30 settembre 2013, secondo le Nazioni Unite, sono giunte via mare in Italia 30.100 persone, di cui 3.000 somali, 7.500 eritrei (fin qui niente di nuovo) e – soprattutto – 7.500 siriani. È questo il principale elemento di novità. È il disastro siriano il principale volano delle nuove rotte del contrabbando verso l’Europa”. Così racconta il giornalista Gabriele Del Grande su Redattore sociale. Del Grande, esperto di migrazioni e animatore di Fortress Europe, aggiunge: “Secondo le Nazioni Unite, la guerra in Siria ha causato 4 milioni di sfollati interni e 2 milioni di rifugiati. I rifugiati vivono tutti nei campi profughi allestiti nei paesi confinanti con la Siria: in Libano, Turchia, Iraq, Giordania ed Egitto. Ma la guerra va avanti da ormai tre anni e una parte di essi ha deciso di tentare di raggiungere l’Europa per chiedere asilo politico. Finora sono una percentuale sparuta: 7.500 su oltre 6milioni, sì e no lo 0,1%. Per loro, come per eritrei e somali, il mare è l’unica via d’uscita. E in alcuni casi l’unica via di salvezza. Alle spalle si lasciano la guerra, ma nelle ambasciate europee i loro passaporti sono carta straccia. Così non resta che affidarsi alle uniche reti del contrabbando capaci di far viaggiare migliaia di persone verso le coste europee anche senza passaporto”.

Europa, governo italiano e tutte le organizzazioni sociali devono rispondere a un fenomeno di portata storica. In caso contrario, ci sarà poco da fare: come i migranti italiani dell’ 800 e del ‘900 continueranno ad arrivare e sono disposti a morire, e fermare la voglia di libertà o di pace di queste persone è solo un’illusione. (Giuseppe Manzo)

Fonte: nelpaese.it

  • Articolo pubblicato il 31 Ottobre 2013

Qualità dell'ambiente urbano - IX Rapporto. Edizione 2013Si è tenuto lo scorso 11 ottobre il Convegno di presentazione del IX Rapporto ISPRA “Qualità dell’ambiente urbano”, in occasione del quale è stata annunciata la Conferenza del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente in programma per l’anno prossimo. Frutto del lavoro coordinato e condiviso dall’intero Sistema Agenziale ARPA/APPA, e della collaborazione con Enti e Istituti di livello nazionale, l’edizione 2013 del Rapporto ISPRA sulle aree urbane presenta i dati relativi alle principali tematiche ambientali in 60 Comuni capoluogo di provincia, con l’obiettivo di divulgare la migliore informazione ambientale disponibile a livello nazionale.
Consumo di suolo, mobilità, verde, qualità dell’aria, energia, rifiuti sono solo alcuni dei grandi temi trattati nel IX Rapporto ISPRA “Qualità dell’ambiente urbano” al fine di restituire ai vari soggetti interessati (amministratori, tecnici, cittadini) un corpus di informazioni sempre più completo, solido, confrontabile e utile ad approntare politiche di sostenibilità alla scala locale.
Ad accompagnare il Rapporto aree urbane, anche quest’anno un Focus di approfondimento tematico su “Acque ed ambiente urbano” ricco di contributi scientifici multidisciplinari sulla pianificazione e gestione sostenibile di questa preziosa risorsa naturale.

 
  • Articolo pubblicato il 31 Ottobre 2013

10_punti_copertina“Perché nessuno si perda –  Programma in dieci punti” è il Manifesto promosso da ACLI, Compagnia delle Opere e Salesiane e Salesiani d’Italia.

Il Manifesto in 10 punti vuole mettere in evidenza il ruolo dell’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) come risorsa strategica per combattere gli abbandoni scolastici e aiutare i giovani a entrare nel mondo del lavoro.

Firma anche tu il Manifesto!

Stampa il FORMAT, firmalo e invialo a [email protected]

Oppure aderisci al Manifesto compilando il Form On Line!

Dieci punti per garantire a tutti una scelta.
Dieci punti per dare una risposta alla disoccupazione giovanile.
Dieci punti per contrastare la dispersione scolastica.

1. Garantire a tutti la possibilità di scelta

2. Combattere la dispersione scolastica

3. Far funzionare l’apprendistato per l’inserimento lavorativo dei giovani

4. Creare i supertecnici necessari per lo sviluppo delle nostre imprese manifatturiere e i professionisti per la valorizzazione del terziario

5. Sostenere la formazione lungo tutto l’arco della vita

6.  Garantire la qualità del sistema formativo

7. Garantire adeguate risorse per la formazione professionale

8. Visibilità dell’offerta, a partire da “La scuola in chiaro”

9. Chiarire il quadro giuridico fiscale del sistema della formazione professionale

10. Ruolo del coordinamento degli enti di formazione

Fonte: ciofs-fp.org

  • Articolo pubblicato il 30 Ottobre 2013

Marking progress against child labour – Global estimates and trends 2000-2012

ILO-IPEC / International Labour Office – International Programme on the Elimination of Child Labour

Geneva: ILO, 2013

 

This is the fourth issue of the ILO’s report series: Global Estimates on Child Labour. The present Report provides new global and regional estimates on child labour for the year 2012 and compares them with the previous estimates for 2000, 2004 and 2008.

It is four years since the previous estimates. Its focus is on the presentation of the new round of child labour estimates for 2012, to identify the trends from 2000 to 2012, and to set out some pointers on the way forward the international target of eliminating the worst forms of child labour by 2016. The publication of this Report is timed to provide input into the III Global Conference on Child Labour being held in Brasilia in October 2013.

Since the year 2000, the ILO has been taking stock and measuring global progress on the reduction of child labour. The estimates are based on refined estimation techniques fully comparable with the ones for 2000, 2004 and 2008 rounds.