• Articolo pubblicato il 24 Settembre 2014
Le Ferrovie dello Stato stanno dedicando parte del proprio patrimonio immobiliare non più utilizzato a progetti di carattere sociale, in rete con enti locali e realtà del Terzo Settore.
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 Ferrovie dello Stato Italiane, come altre imprese ferroviarie europee, sono in questi anni impegnate in un profondo sforzo di riorganizzazione e riqualificazione del patrimonio immobiliare FS inutilizzato. Si tratta di linee ferroviarie dismesse e stazioni impresenziate. Quest’ultime, per l’evoluzione tecnologica in atto, non hanno più bisogno della presenza fisica del personale ferroviario, ma sono gestite a distanza mediante dispositivi informatici correndo pertanto gravi rischi di azioni vandaliche.
Attualmente sono circa 1.700 le stazioni impresenziate della Rete Ferroviaria Italiana che il Gruppo FS sta concedendo tramite contratti di comodato d’uso gratuito alle associazioni e ai comuni affinché siano avviati progetti sociali che abbiano ricadute positive sul territorio e per la qualità dei servizi offerti nelle stesse stazioni. Di queste, circa 345 stazioni,corrispondenti ad una superficie di oltre 63.683 mq. già sono state assegnate.
È stato inoltre avviato un nuovo progetto di riqualificazione per il riuso sociale-ambientale degli spazi  grazie alla sottoscrizione di Protocolli d’Intesa con la Regione Toscana, Legambiente, AITR (Associazione Italiana Turismo Responsabile), CSVnet (Centri di Servizi per il Volontariato) e Legacoop Sociali.Un esempio importante e recente di progetto di riqualificazione del patrimonio è stata la trasformazione di parte della stazione di Ronciglione in casa di  accoglienza per famiglie con bambini affetti da malattie oncologiche. La stazione è stata ceduta in comodato d’uso gratuito per sei anni, ora è del tutto trasformata e gestita dall’ associazione Cuore di Mamma.Fanno parte del Patrimonio FS anche 3.000 km di linee ferroviarie dismesse, di cui 325 km sono stati destinati agreenways: piste ciclabili e percorsi verdi accessibili a tutti, riservati alla mobilità dolce. Il Gruppo vuole infatti definire un Piano Nazionale di Greenways, seguendo l’esempio di altre nazioni europee, come la Spagna, con il coinvolgimento delle Istituzioni, in particolare del Ministero dell’Ambiente, delle Regioni, degli Enti Locali e delle principali Associazioni ambientaliste.
Un importante progetto di greenways urbana si sta realizzando a Roma sul tracciato della ex ferrovia Roma – Cesano.

  • Articolo pubblicato il 22 Settembre 2014

La Fondazione Marcegaglia lavora secondo una logica di rete cooperando con associazioni, fondazioni, organizzazioni locali, nazionali e internazionali che condividano obiettivi analoghi ai propri. Il rapporto che Fondazione Marcegaglia desidera instaurare con i partner non è meramente erogativo, ma punta alla costruzione di una relazione costante, duratura e fiduciaria. Fondazione Marcegaglia vuole essere soggetto attivo e propositivo, partecipando  a tutte le fasi di vita del progetto a fianco dei partner: dalla progettazione, al monitoraggio, alla valutazione e rendicontazione.

Come diventare partner

A discrezione il Consiglio di Amministrazione può indire bandi annuali a sostegno di cause o temi sociali scelti secondo i criteri dell’emergenza o dei bisogni rilevati; le organizzazioni beneficiarie saranno scelte secondo i parametri e gli standard indicati in linee guida create ad hoc;

Fondazione Marcegaglia Onlus nel 2012 ha lanciato un bando in Italia nell’ambito “Donne e imprenditoria femminile”, per fornire un contributo a chi già opera al fianco di donne che vivono in condizioni di fragilità, per restituire loro dignità, attraverso percorsi di autonomia e accompagnamento al lavoro.

Il bando è stato assegnato al Centro di Solidarietà “Il Ponte” di Cremona per il progetto “Per Mano”.

Le ONP interessate a contattare Fondazione Marcegaglia per presentare un progetto, devono compilare il modulo online sul sito della Fondazione stessa (le domande pervenute entro il 31/10/2014 saranno valutate dal CdA per finanziamento nell’anno 2015).

Fonte: synagosrl.com

  • Articolo pubblicato il 18 Settembre 2014

Ma solo l’8% degli italiani fa testamento. Rossano Bartoli, portavoce del comitato Testamento Solidale e segretario generale Lega del Filo d’Oro: «la cultura dei lasciti solidali in Italia deve crescere per sfatare tabù, come dimostrano gli esempi positivi nel resto d’Europa»

In Europa si afferma sempre più la scelta di fare testamento e cresce la quota dei lasciti solidali. L’Italia si conferma come il paese che meglio tutela i diritti degli eredi per tradizione e cultura, ma si piazza tra gli ultimi per il numero di testamenti redatti. Nella Giornata Internazionale del Lascito solidale (13 settembre) il Comitato Testamento Solidale, ha messo a confronto l’Italia con quanto accade nel resto d’Europa, tracciando una ideale classifica europea in materia di testamento e  scelte solidali in essi inclusi.
Sono l’8% gli italiani che hanno già fatto testamento. Il nostro paese si posiziona a livelli bassi per la propensione a scrivere le volontà testamentarie, insieme alla Spagna con il 7% e la Francia con uno scarso 5%. Siamo in ritardo rispetto all’Europa del Nord, dove è più consueto redigere un testamento per regolare la successione dei beni. Il primato spetta al Regno Unito con una quota del 48%, a seguire l’Olanda (32%), la Germania che registra il 28% – con una percentuale di oltre il 50% di propensi tra gli over 50 – e a seguire il Belgio (25%) e la Scandinavia (20%).

In parallelo, sono in crescita ovunque i cittadini europei che inseriscono nel proprio testamento una donazione a favore di buona causa. Sono quasi 9 milioni gli italiani  over 55 che dichiarano di conoscere e di riflettere sull’opportunità di fare un lascito solidale e il numero di lasciti è cresciuto del 10% in 10 anni. In Germania, per una persona su dieci di età superiore ai 60 anni il lascito è un’opzione concreta, mentre sono propensi oltre il 30% dei tedeschi che non hanno figli. Se in Francia, Belgio e Spagna negli ultimi anni ci sono segnali positivi per l’aumento della loro diffusione, è l’Inghilterra la patria dei lasciti solidali. Grazie alla spinta delle campagne informative del Comitato inglese ‘Remember a charity’, attivo dal 2000, la quota di testamenti registrati ufficialmente che includono un lascito benefico è aumentata dal 12,2% del 2007 al 14,4% nel 2012. Tra il 1988 e il 2012, il numero totale è passato da 68.000 a 104.000. Inoltre, nel 2013 il 6% dei testamenti aperti nel Regno Unito ha visto destinare una quota delle eredità a una organizzazione umanitaria.

L’Italia, a differenza dei paesi anglosassoni, risulta essere tra i paesi che meglio tutelano i diritti e il futuro dei propri cari. A partire dal diritto romano fino alla attuale legge che regola le successioni, la famiglia è stata difesa, permettendo di tramandare piccole e grandi eredità di generazione in generazione. La possibilità di donare una parte del proprio patrimonio a favore di cause benefiche nel nostro paese non lede i diritti dei familiari, ben garantiti dalla previsione nel nostro ordinamento giuridico della quota legittima, che stabilisce a seconda della composizione del nucleo familiare la parte che spetta a ciascun erede. Nel Regno Unito, all’opposto dalla nostra cultura giuridica, non è previsto nessun vincolo di destinazione verso i familiari. Con casi bizzari: in Cornovaglia è ancora in vigore una legge del 1307 che prevede che le terre e gli averi di cui non si è disposto per testamento vadano al Duca di Cornovaglia, il Principe Carlo. Nel solo 2006 i beni così ricevuti ammontavano a circa un milione di sterline.

“Il comitato Testamento Solidale, con la campagna di informazione su modalità e possibilità di donazioni vuole diffondere e far crescere la cultura dei lasciti solidali in Italia, aiutando a sfatare tabù, come dimostrano gli esempi positivi nel resto d’Europa. Celebriamo oggi insieme, per il secondo anno, la Giornata Internazionale dei Lasciti per ricordare a tutti la possibilità di contribuire concretamente in favore di cause sociali, scientifiche ed umanitarie con un gesto semplice” dichiara Rossano Bartoli, portavoce del comitato Testamento Solidale e segretario generale Lega del Filo d’Oro.

“Oggi, i cittadini desiderosi di avere informazioni corrette sulle regole che i singoli Paesi Europei si sono dati in materia di successioni, possono attingerle dal portale www.succession-europe.eu, creato con il contributo dei notai europei. Gli italiani sono sempre più interessati ad approfondire il tema dei lasciti solidali, in ciò il ruolo “sociale” del notaio diventa decisivo per fornire una consulenza adeguata, senza alcun vincolo o impegno” spiega Albino Farina, Consigliere Responsabile dei Rapporti con il Terzo Settore e con le Associazioni dei Consumatori del Consiglio Nazionale del Notariato.

Il Comitato Testamento Solidale ha messo per la prima volta insieme un gruppo di prestigiose ed autorevoli associazioni, con il contributo tecnico del Notariato, per sensibilizzare gli italiani sull’importanza di un gesto (piccolo o grande) che può davvero fare la differenza. Fare un lascito solidale ad associazioni riconosciute significa garantire cibo, salute e istruzione a milioni di bambini. Vuol dire anche aiutare le persone con disabilità ad integrarsi al meglio nei territori in cui vivono, fornendo servizi socio-sanitari adeguati e sostenere la ricerca scientifica contro malattie come la leucemia e la sclerosi multipla. Per accrescere in Italia la consapevolezza su questo  tema è possibile consultare il sito www.testamentosolidale.org e scaricare l’omonima guida.

Fonte: associazioninrete.it

  • Articolo pubblicato il 17 Settembre 2014
MIUR: istituito l’"Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura”

È stato istituito l'”Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura” con un decreto del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini. L’obiettivo è quello di “Individuare soluzioni per un effettivo adeguamento delle politiche di integrazione scolastiche alle reali esigenze di una società sempre più multiculturale e in costante trasformazione”.
Il Miur, in una nota diffusa sulla nascita dell’Osservatorio, dichiara che “dovrà, in particolare, promuovere e “suggerire” politiche scolastiche per l’integrazione degli alunni con cittadinanza non italiana e verificarne la loro attuazione (anche tramite monitoraggi), incoraggiare accordi interistituzionali e favorire la sperimentazione e l’innovazione metodologica didattica e disciplinare”. Dovrà inoltre  “esprimere pareri e formulare proposte su iniziative normative e amministrative” di competenza del ministero.
A presiedere il nuovo organismo saranno il Ministro o il Sottosegretario con delega alle tematiche dell’integrazione. E’ composto da rappresentanti degli istituti di ricerca, associazioni ed enti di rilievo nazionale impegnati nel settore dell’integrazione degli alunni stranieri e dell’intercultura, ma anche da esperti del mondo accademico, culturale e sociale e da dirigenti scolastici.

Fonte: diritttisociali.org

  • Articolo pubblicato il 12 Settembre 2014
Tra educazione e connettività si moltiplicano App e piattaforme online che favoriscono il recupero del cibo
di Lorenzo Bandera

Antoine de Saint-Exupéry ha scritto “La tecnologia non tiene lontano l’uomo dai grandi problemi della natura, ma lo costringe a studiarli più approfonditamente”.
È una frase interessante, perché lascia intendere come lo sviluppo tecnologico in quanto tale sia utile – a volte addirittura necessario – ad affrontare i numerosi problemi della quotidianità, ma nel contempo esso non è sempre sufficiente a risolvere le sfide che la realtà ci pone innanzi. La tecnologia, infatti, può fornire strumenti utili a determinare modi operandi sempre più efficaci ed efficienti per comprendere ed affrontare questa o quella questione, ma a condizione che gli utilizzatori siano disposti ad affrontare e approfondire i problemi, senza la pretesa che questi si risolvano magicamente attraverso la tecnologia stessa.

È con quest’ottica che può essere visto anche il crescente sviluppo di App, piattaforme online e vari altri accorgimenti tecnologici finalizzati a contrastare lo spreco alimentare da parte di privati cittadini e esercizi commerciali. Molti di questi strumenti permettono infatti di evitare sprechi e/o recuperare eccedenze alimentari destinandole agli indigenti, ma sarebbe sbagliato pensare che l’enorme questione della povertà alimentare (come alcuni osservatori còlti da entusiasmo compulsivo a volte sembrano credere) possa essere risolta grazie all’apporto di queste nuove tecnologie. Esse, tuttavia, posseggono alcune peculiarità che possono renderle particolarmente preziose nel vasto orizzonte degli strumenti utili a combattere lo spreco e favorire il recupero del cibo. Di seguito proponiamo una breve riflessione su alcune applicazioni che sono state sviluppate negli ultimi mesi e che, a seconda della finalità per cui sono state concepite, posseggono caratteristiche molto interessanti e degne di nota.

Non sprecare il cibo per comprenderne il valore: la funzione educativa

I nostri nonni e – in parte – i nostri genitori, cresciuti in una fase economico-sociale meno prospera rispetto alla nostra, sono stati abituati a non sprecare il cibo e provare sempre e comunque a recuperarlo. Questa propensione è riconducibile non tanto ad una questione moralistica ma, piuttosto, a motivi di economicità e, in certo senso, di giustizia. Fino a metà degli anni ’60 mettere insieme il pranzo con la cena non era certo cosa facile, e non c’è quindi da stupirsi se intorno al cibo ci fosse un’attenzione molto più alta di quella attuale, che spingeva a non gettare via nulla se non assolutamente necessario. Le generazioni nate dopo il boom economico, invece, paiono aver perso questa capacità di sfruttare pienamente quanto è a propria disposizione e molto più facilmente sono portate a gettare via il cibo qualora questo non presenti più condizioni ottimali di consumo. Non lo facciamo certo per cattiveria ma, ragionevolmente, perché siamo nati e cresciuti in un sistema che ci spinge ad agire in questo modo: la grande quantità di beni a disposizione, la facilità di reperimento e (sempre più spesso) la convenienza dell’acquisto ci portano infatti a considerare il cibo come un prodotto facilmente sostituibile. Raramente ci rendiamo conto delle grandi risorse (soprattutto ambientali) che sono state necessarie per portarlo fin sugli scaffali dei supermercati, e risulta pertanto più semplice gettarlo piuttosto che provare a recuperarlo.

In questo senso molte App che favoriscono il riutilizzo del cibo possono avere un’interessante funzione educativa poiché permettono di comprendere, attraverso modalità diverse, quale sia il valore intrinseco ed estrinseco del cibo. Un esempio molto interessante è quello di Food Waste Diary, che vuole aiutare a comprendere il valore economico degli alimenti che, effettivamente non più commestibili, si è costretti a gettare via. L’App permette di scattare una foto del prodotto, annotare le ragioni per cui si decide di gettarlo, i motivi del mancato utilizzo, il luogo dell’acquisto e il suo costo. Nelle intenzioni degli sviluppatori questa App fornisce un utile strumento per evitare di ricommettere gli stessi errori, evitando così di acquistare prodotti che in occasioni precedenti sono stati totalmente o parzialmente sprecati. Su un’idea simile si basa My Food Reminder, che invece permettere di avere sempre sott’occhio i prodotti che si hanno nel frigo e che possono essere visualizzati sul proprio smartphone per data di scadenza, potenziale commestibilità oltre tale termine, valore nutrizionale e diversi altri parametri utili a decidere i propri acquisti.

Sul fronte del cibo ancora consumabile è degna di nota Ricette al contrario, App di cucina sui generis che ribalta la normale modalità con cui si prepara un pasto. Normalmente quando si deve cucinare si sceglie un piatto e si acquistano gli ingredienti necessari alla sua realizzazione. L’App in questione, invece, permette di inserire gli ingredienti già a propria disposizione proponendo, grazie a un database di oltre 9.000 ricette, piatti realizzabili unicamente con tali prodotti, evitando nuovi acquisti e eventuali sprechi. E se manca un ingrediente assolutamente necessario alla realizzazione di un piatto? Se si torna a casa e ci si accorge che la dispensa è totalmente vuota? Se si deve partire e il frigo è pieno di prodotti che una volta tornati saranno immangiabili? In questo caso si può ricorrere a Ratatouille, applicazione che permette di condividere i cibi in eccesso con quanti si trovano nelle vicinanze. L’App, in sostanza, crea un network composto da “frigoriferi digitali” dove sono mostrati i prodotti in eccesso che gli utenti desiderano condividere con altri, in modo da evitare sprechi alimentari, economici ed ambientali.

Condividere e donare: quando le connessioni permettono di recuperare le eccedenze

Sul fronte della condivisione nel nostro Paese sono stati sviluppati diversi strumenti che vanno oltre la semplice connettività tra vicini che desiderano non sprecare cibo. Sono infatti numerose le App che si propongono di porre in relazione privati cittadini, esercizi commerciali e associazioni che sostengono le persone indigenti per favorire la destinazione del cibo a chi ne ha veramente bisogno. In questo caso, dunque, non si parla più di semplice contrasto allo spreco alimentare ma di vero e proprio recupero delle eccedenze da destinare a chi non ha la possibilità di acquistare prodotti necessari al proprio sostentamento. Nelle scorse settimane, ad esempio, vi avevamo raccontato di Breading piattaforma che si propone di mettere in contatto l’offerta di pane avanzato con la domanda di chi quotidianamente è impegnato ad aiutare chi ha fame, permettendo il recupero di una parte delle oltre 1.300 tonnellate di pane invenduto che quotidianamente finisce in discarica.

Con la stessa idea è nato Bring The Food, applicazione web/mobile che permette di porre in contatto eventuali donatori con chi raccoglie e ridistribuisce gli alimenti tra i più poveri. Singoli cittadini ed esercizi commerciali grandi o piccoli attraverso la rete possono così indicare la disponibilità di eccedenze alimentari favorendo l’interconnessione con le realtà non profit che sostengono gli indigenti, aprendo canali di recupero altrimenti difficilmente percorribili. Questa App, sviluppata da Aaron Ciaghi e Pietro Benedetto Molino, ricercatori della Fondazione Bruno Kessler, prima di essere messa online è stata sperimentata nell’area di Trento grazie alla collaborazione con il Banco Alimentare, che ne ha confermato l’efficacia. Attualmente l’App favorisce il recupero e la distribuzione del cibo, principalmente attraverso la rete del Banco Alimentare, nell’area di Trento, Genova, Roma e Milano.

Sulla stessa linea c’è anche IfoodShare che pone direttamente in contatto chi desidera donare cibo con chi ne ha bisogno senza coinvolgere necessariamente organizzazioni che fungano da intermediarie. La piattaforma favorisce la condivisione anche di piccolissimi quantitativi di prodotti (anche solo una confezione, bottiglia o busta) ma permette anche di donare grosse quantità proponendosi direttamente per il recupero delle stesse, che poi saranno messe a disposizione attraverso un emporio online.

Nuove tecnologie e contrasto allo spreco: quali prospettive?

Molte di queste App e piattaforme digitali attualmente sono ancora in fase di sviluppo e/o perfezionamento e, pertanto, il loro contributo diretto nel contrasto alla povertà alimentare risulta ancora molto limitato. Tuttavia, come sottolineato all’inizio, con l’andare del tempo questi strumenti potranno senza dubbio giocare un ruolo importante su diversi fronti. Senza la pretesa che queste innovazioni tecnologiche risolvano una questione che ha ormai raggiunto numeri spaventosi – oltre 4 milioni di persone nel nostro Paese sono oggi costrette a ricorrere a forme organizzate di sostegno alimentare – è chiara la possibilità di migliorare le condizioni in cui si combatte la povertà alimentare.

Sul fronte culturale, ad esempio, il fiorire di applicazioni che permettono di comprendere meglio il valore del cibo non può che essere considerato come un segnale positivo, potenzialmente in grado di cambiare alcuni elementi del nostro agire che attualmente portano a sprecare grandi quantità di alimenti che potrebbero essere facilmente recuperate. Allo stesso tempo, le nuove tecnologie offrono l’opportunità di generare (o rigenerare) rapporti e relazioni che possono favorire sia la condivisione del cibo tra vicini sia, e questa forse la parte più interessante, la connessione con realtà che sostengono i più poveri e che necessitano di sempre maggiori risorse per poter continuare la propria missione. In un periodo storico in cui le relazioni, soprattutto se di vicinanza, sono sempre più deboli e povere il ricorso a strumenti che possano gettare un ponte verso altri individui e persone che condividono preoccupazioni simili è forse un po’ triste, ma a lungo andare potrebbe rivelarsi proficuo.

Fonte: secondowelfare.it

  • Articolo pubblicato il 9 Settembre 2014

Non solo Salerno. Il Centro  Sisaf – sistema integrato socio-ambulatoriale per le famiglie arriva anche in Calabria, a Cosenza. Sostenuto dalla Fondazione CON IL SUD – che ha finanziato anche l’esperienza campana dell’iniziativa – e Fondazione Carical, il Centro fornisce una risposta concreta alle nuove povertà, permettendo di accedere  a visite specialistiche a prezzi calmierati e di usufruire di diversi servizi, come i corsi di ginnastica per le gestanti o i percorsi di sostegno e cura per i problemi legati all’apprendimento o ai disturbi del comportamento alimentare.

Non solo cure mediche, dunque, ma un modello di welfare di comunità innovativo e stimolante che ha il suo punto di forza nella facilità d’accesso, intesa come possibilità di avere a disposizione un’offerta integrata di servizi sia per il sostegno alla persona e alla famiglia sia di cura, in un luogo a cui ci si rivolge per bisogni anche differenti (sociali, sanitari, pedagogico-educativi, psicologici).

Punto di forza del SISAF è la commistione tra la dimensione sociale, sviluppata all’interno del centro, e quella sanitaria costituita da medici specialisti selezionati e coinvolti nell’iniziativa. L’integrazione tra discipline e professionisti diventa così la leva per garantire interventi mirati, attraverso la predisposizione di piani personalizzati e individualizzati.

Il Sisaf è stato individuato e sostenuto dalla Fondazione CON IL SUD come progetto esemplare nel 2012 a Salerno e promosso dalla Consorzio La Rada. Una iniziativa che ha ricevuto nel tempo diverse richieste di replicabilità, la prima delle quali si concretizza in Calabria.

Fonte: www.fondazioneconilsud.it

  • Articolo pubblicato il 9 Settembre 2014
Regione Lazio, bando per iniziative di promozione della sicurezza stradale da realizzarsi a cura di Associazioni operanti sul territorio della Regione Lazio

itisexam.com

sicurezza-stradale

La Regione Lazio, Assessorato alle Infrastrutture Ambiente e Politiche abitative, Direzione Regionale Infrastrutture Ambiente e Politiche Abitative, intende sostenere l’iniziativa di Associazioni senza fini di lucro impegnate sul territorio della Regione Lazio nella promozione dell’educazione alla sicurezza stradale selezionando le migliori proposte ai sensi del presente Bando, finalizzate ad incentivare la diffusione di comportamenti responsabili tra tutti gli utenti della strada e a favorire la formazione di una nuova cultura della sicurezza stradale. Possono presentare proposte per accedere ai finanziamenti previsti nel presente Bando le Associazioni senza fini di lucro impegnate nel settore della sicurezza stradale. Ogni Associazione potrà concorrere al presente bando, a pena di esclusione, con una sola proposta. Le iniziative dovranno essere concluse entro il giorno 16 novembre 2014.
Importo: La Regione Lazio contribuirà con un finanziamento pari al 100% del costo complessivo, fino ad un contributo massimo di € 15.000 per intervento.
Termine: Entro 30 giorni dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del presente bando (2 settembre 2014).

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Fonte: synagosrl.com 

  • Articolo pubblicato il 4 Settembre 2014

logo_MistraIl 16 settembre si terrà a Roma, presso la sede del “Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro” la conferenza finale del Progetto europeo MiStra (Migrant Inclusion Strategies in European Cities), finanziato dal programma LLP e realizzato da un partenariato guidato dal CIOFS-Fp nazionale.
www.pass4suresale.com

Avviato nel marzo del 2013, MiStra è un progetto di mainstreaming, volto al coinvolgimento di decisori politici, autorità locali e stakeholders pubblici e privati, su progetti che mirano all’integrazione di politiche ed interventi mirati (azioni di sostegno per la formazione, l’inserimento lavorativo, la mediazione culturale, le politiche abitative, etc.), individuati come buone pratiche a livello europeo per l’inclusione sociale di migranti, Rom e altre minoranze. Il progetto prevede il trasferimento di quattro buone pratiche (dalle città di Dublino, Berlino, Vienna e Bologna) in quattro città target (Taranto, Burgas, Praga e Budapest) sulle tematiche in questione.
itisexam.com

La Conferenza sarà un’occasione per discutere sulle politiche e le strategie per l’inclusione di migranti e rom, nonché sui processi di trasferimento delle buone pratiche tra tutte le città europee coinvolte.
070-336

Si ricorda alle persone interessate a partecipare che per l’accesso alla sala sarà necessario esibire un documento di identità.

Consulta il programma della giornata.MB3-861

Per approfondimenti sul progetto consulta il sito MiStra  o scarica la brochure.

  • Articolo pubblicato il 28 Agosto 2014
I dati dell’Osservatorio dell’Imprenditoria femminile di Unioncamere
di Giulia Mallone
24 agosto 2014

Nel 2012 le imprese femminili crescevano, nonostante la crisi. Quando le titolari sono donne – spiegava Maurizio Ferrera, commentando i risultati di una ricerca di Confartigianato – c’è più flessibilità, multitasking, capacità di delegare e di fare gioco di squadra. Certo il nostro Paese, ricordava Ferrera, ha ancora molto bisogno di efficaci politiche di conciliazione tra oneri di cura della famiglia e lavoro per tutte quelle donne – madri, mogli e figlie di genitori anziani – che sempre più spesso entrano nel mercato del lavoro.

Cosa è successo al mondo del lavoro femminile negli ultimi anni? I recenti dati diffusi dall’Osservatorio dell’Imprenditoria femminile di Unioncamere-InfoCamere, aggiornati alla fine di giugno 2014, ci dicono che le donne – benchè siano più della metà della popolazione – rappresentano solo il 21,4% delle imprese che operano in Italia (circa 1,3 milioni su poco più di 6) e il 45,23% degli occupati dipendenti (7,6 milioni sul totale di 16,6 occupati alle dipendenze). Incoraggianti sono però il tasso con il quale si sviluppa l’imprenditoria femminile (+0,73% di nuove imprese femminili tra aprile e giugno di quest’anno, a fronte di una media delle imprese di +0,42%) e i settori maggiormente coinvolti da questa rivoluzione al femminile. Come mostra la tabella 1, le imprese con maggiore presenza femminile si concentrano nei servizi alle persone e alle imprese, nel turismo sostenibile, nel recupero delle tradizioni agroalimentari, e nella tutela del paesaggio e del patrimonio artistico e culturale. Ancora una volta, i numeri confermano l’importanza della presenza femminile nel settore dei servizi, e in particolare alla persona e alla comunità che costituiscono il cuore pulsante del motech o motherly technology,innovazione tecnologica e sociale per aiutare le famiglie a gestire i carichi di cura. Una “vocazione sociale” dell’imprenditoria che si riscontra anche nella scelta della forma organizzativa: il 20,6% delle imprese cooperative operanti nel nostro Paese è guidato da donne.

Tabella 1. Distribuzione settoriale delle imprese registrate al 30 giugno 2014 per incidenza del tasso di femminilizzazione – Valori assoluti e percentuali

 

Fonte: Dati Osservatorio dell’Imprenditoria Femminile, Unioncamere-InfoCamere

Seppur con importanti differenze a seconda del settore produttivo e del profilo professionale, è aumentata la quota di assunzioni per le quali l’azienda non ha preferenze rispetto al genere del candidato (dal 48,5% del 2010 al 52,8% del 2013), e a partire dal 2000 sono nate il 65,7% delle imprese femminili oggi esistenti (solo il 12,4% prima del 1990). C’è però il rovescio della medaglia: quante sono le donne che diventano imprenditrici perché non riescono a trovare un impiego? Nel 65,5% dei casi si tratta di impresa individuale, a fronte della media nazionale del 54%, e il 94,2% delle imprese femminili non supera i 5 dipendenti. La scelta della strada dell’autoimprenditorialità come risposta alla mancanza di opportunità di lavoro dipendente sembra confermata anche dalla concentrazione territoriale delle micro-imprese femminili nel Mezzogiorno. Al 30 giugno 2014, le imprese femminili erano in Basilicata più del 26% del totale delle imprese registrate, in Molise il 28%, e in Sicilia quasi il 24%, a fronte del 17% del Trentino Alto Adige e del 18% della Lombardia, una percentuale che scende fino al 16.3% nella provincia di Milano.

Fonte: secondowelfare.it

  • Articolo pubblicato il 25 Agosto 2014

Il Consiglio capitolino, su proposta del Gruppo del PD, unitamente alla Maggioranza, nel bilancio preventivo 2014 ha inserito 300 mila euro per il Piano cittadino Infanzia e Adolescenza.

Al di là dell’effettiva consistenza, l’iniziativa assume un particolare significato, dal momento che è la prima volta che i fondi della legge 285/97, trasferiti dallo Stato, vengono integrati con risorse proprie della città di Roma.