Decreti correttivi alla Riforma del Terzo Settore: interessano il Codice, le imprese sociali e, in particolare, l’obbligo di revisione contabile. Il Governo recepisce le istanze dei soggetti interessati dalla riforma
Un ottimo segnale in termini di apertura alla partecipazione e un giusto correttivo alla Riforma del Terzo Settore. Il Governo Gentiloni, ormai dimissionario, lascia in eredità ad una incerta nuova maggioranza il compito di completare il processo di riforma, ma non senza i correttivi proposti dagli enti interessati.
Il 21 marzo il Consiglio dei Ministri ha emanato norme integrative e correttive sia sul Codice del Terzo settore che sul decreto n. 112 che riguarda l’Impresa sociale.
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L’esame delle nuove Camere
I testi dei provvedimenti assunti ieri sono stati approvati “salvo intese”: ciò vuol dire che dovranno essere esaminati dalle commissioni parlamentari competenti, formate dopo l’insediamento delle nuove Camere, per la pubblicazione dei testi in Gazzetta ufficiale entro agosto.
È il comunicato stampa del Consiglio dei ministri ad anticipare i contenuti principali dei decreti correttivi, a partire dal Codice del terzo settore, il decreto legislativo più consistente di tutta la riforma, modificato “al fine di un migliore coordinamento con la normativa nazionale e regionale e tenendo conto, inoltre, delle osservazioni formulate dagli stakeholder di riferimento”.
Obbligo di revisione contabile per gli enti del Terzo Settore
La novità più importante riguarda gli obblighi contabili, che saranno proporzionati alle dimensioni degli enti di terzo settore: solo quelli più grandi dovranno sottoporsi alla revisione legale dei conti; in caso di revisione contabile obbligatoria, inoltre, le organizzazioni potranno rivolgersi all’organo di controllo interno, a condizione che in esso sia presente un revisore legale iscritto nell’apposito registro.
Giovanni Parente e Gabriele Sepio (consulente del Governo per la riforma) chiariscono meglio l’introduzione di questo “principio di maggiore proporzionalità”: “lo spirito di fondo” – spiegano – “è di uniformare la soglia spartiacque per definire grandi e piccoli enti. È destinato infatti a salire da 100mila a 220mila euro il limite di entrate annue per gli obblighi di trasparenza sui compensi erogati. Mentre, una volta approvato definitivamente il correttivo sull’obbligo di revisione contabile, basterà un rendiconto per cassa al posto delle scritture contabili per gli enti non commerciali con proventi annui inferiori a 220mila euro (e non entro i 50mila attualmente previsti), in coerenza con il limite oltre il quale scatta l’obbligo del bilancio di esercizio”.
Fisco
Sul fronte fiscale invece, si prevede che gli enti con ricavi superiori ai costi, fino ad un limite massimo del 10%, saranno considerati comunque non commerciali: un intervento che consenta di avere dei margini in considerazione “dell’esigenza di mantenere la qualifica non commerciale dell’attività anche in presenza di lievi scostamenti tra costi e ricavi” sottolineano Parente e Sepio.
È confermata la previsione della non imponibilità delle somme destinate a riserva o al versamento del contributo per l’attività ispettiva, mentre sarà imponibile qualsiasi distribuzione di utili ai soci, anche sotto forma di aumento gratuito del capitale nei limiti delle variazioni Istat. Al fine di allinearsi alla normativa sulle start-up innovative, il comunicato anticipa inoltre che gli investimenti agevolabili dovranno effettuarsi dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 112/2017, e che la qualifica di impresa sociale deve essere acquisita da non più di cinque anni. Inoltre anche le Ipab, ovvero le ex istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza privatizzate, potranno acquisire la qualifica di impresa sociale
Previste inoltre integrazioni e correzioni concernenti la definizione della platea degli enti destinatari delle misure agevolative, anche con riferimento a quelli filantropici.
Volontari nelle imprese sociali
Anche il decreto sull’impresa sociale è stato oggetto di un correttivo che ha preso in considerazione in primo luogo i volontari che operano al loro interno, introducendo limiti più stringenti al loro impiego che dovrà essere “aggiuntivo” e non sostitutivo a quello dei lavoratori
Altre novità
Saranno integrate le attività di interesse generale esercitabili dagli enti non profit; aumenta di quattro unità il numero dei componenti del Consiglio nazionale del Terzo settore (oggi sono 33), al fine di assicurare una più ampia rappresentanza degli enti, comprese le reti associative.
Infine le Organizzazioni di volontariato di secondo livello dovranno avvalersi in modo prevalente di volontari provenienti dalle organizzazioni di primo livello che ne compongono la base sociale.
Fonte: Clara Capponi per redattoresociale.it
Per approfondimenti: Comunicato Stampa del Consiglio dei Ministri