I dati dipingono una situazione ancora incerta, caratterizzata da un debole miglioramento a seguito della crisi economica: i livelli di occupazione risentono della difficile congiuntura economica e i sistemi di protezione sociale non riescono a soddisfare i bisogni di tutti i cittadini in difficoltà. Come si evince dalla figura 1 l’occupazione in Europa ha risentito della crisi più che in altri paesi, come gli Stati Uniti e la media dei paesi OCSE.Figura 1. Tasso di occupazione in UE e OCSE, anni 2008-2013
Fonte: ESDE 2013, p. 17.La spesa sociale nei paesi europei è mediamente più alta che all’estero: nel 2005 era infatti pari al 25% del PIL, a fronte del 19% dei paesi OCSE e al 16% degli Stati Uniti. Se si include però la spesa sociale privata le differenze si riducono: il 24% dei paesi OCSE e il 26% degli USA si avvicinano al 28% della media UE.
Il lavoro nell’euro zona
Nell’ultimo decennio il mercato del lavoro europeo, seppur con importanti differenze da un paese all’altro, è profondamente cambiato: gli occupati nell’industria e nel settore agricolo sono diminuiti mentre sono aumentati gli occupati nel terziario, specialmente nei servizi alle imprese e nella comunicazione. Il 56% dei lavori nel settore dei servizi sono knowledge intensive, a dimostrazione del grande potenziale occupazionale negli ambiti della ricerca e dell’innovazione tecnologica. La figura 2 mostra i cambiamenti nella skill composition, il livello di istruzione e formazione dei lavoratori europei.
Figura 2. La skill composition dei lavoratori nell’UE, anni 2000-2020
Fonte: ESDE 2013, p. 104.
Ancora una volta, e nonostante il duro colpo inferto dalla crisi, l’analisi conferma l’importanza del fitto tessuto di piccole imprese che sorreggono le economie nazionali. La figura 3 mette in relazione per ogni paese nascita e “morte” delle imprese, mentre la figura 4 ne evidenzia le percentuali per dimensioni dell’azienda. Nonostante le imprese individuali e sotto i 10 dipendenti siano quasi ovunque le realtà produttive più colpite dalla crisi, esse sono al tempo stesso quelle più in grado di “rigenerarsi” così da produrre nella maggior parte dei paesi europei un saldo positivo tra apertura e chiusura di aziende.
Figura 3. Guadagni in termini di occupazione dovuti a nascita e chiusura di imprese, anno 2005
Fonte: ESDE 2013, p. 71.
Figura 4. Percentuali di nascita e fallimento delle imprese suddivise per numero di occupati, anno 2010
Fonte: ESDE 2013, p. 73.
Riferimenti
La notizia sul sito della Commissione europea
Fonte: secondowelfare.it