Istat: in Italia 723 mila bambini in povertà assoluta, la metà al Sud

Il 40 per cento delle famiglie non ha a disposizione 800 euro per una spesa imprevista e l’11 non può assicurare pasti proteici adeguati nell’arco settimana. Sabbadini: ”Nel 2011 grosso aumento di questa deprivazione”

ROMA –  “Le statistiche hanno aperto una nuova fase in cui i minori non sono più invisibili. Sappiamo che il grosso dei problemi è al sud per i bambini,  ma anche al nord soprattutto nelle famiglie immigrate”. Lo ha sottolineato Linda Laura Sabbadini, direttore del Dipartimento statistiche sociali dell’Istat, intervenendo a Roma alla presentazione del Rapporto sul benessere dei bambini. “Le situazioni più problematiche si riscontrano  nelle famiglie dove le donne non lavorano, soprattutto marocchine e albanesi. Mentre in alcuni casi va meglio, come per  filippini e romeni. Qui il segno della povertà è più bassa, perché i bambini arrivano in una seconda fase, dopo il consolidamento del lavoro i familiari fanno il ricongiungimento”.

Sabbadini ha poi ricordato che il nostro è un paese dove ci sono molti bambini in una situazione di povertà assoluta, non solo relativa. Questi bambini poveri sono 723 mila, la metà dei quali vive al sud. “Il 2011 è stato l’anno in cui si è verificato un grosso aumento di questa grave deprivazione, che tocca le famiglie con minori:  quasi la metà di queste famiglie non ha svolto una vacanza, il 40 per cento non ha a disposizione 800 euro per una spesa imprevista e l’11 per cento ha problemi per permettere ai figli di fare pasti proteici adeguati nell’arco settimana – continua Sabbadini. Il secondo aspetto è quello della scuola: siamo stati portati a modello per numerosi anni nel mondo, ma non siamo ancora riusciti a sciogliere il nodo dei tre anni successivi alla scuola primaria. Già al primo anno delle superiori il 20 per cento dei ragazzi viene bocciato. Anche qui il  problema riguarda il sud, le famiglie immigrate del nord e le classi sociali più basse”.

Rispetto a questo ultimo aspetto la dirigente dell’Istat ha sottolineato che la “scuola non riesce a svolgere un ruolo di riequilibrio sociale: l’estrazione sociale dei bambini pesa troppo sui percorsi di studio degli studenti condizionandone i destini e gli siti. Questo  incide a catena nel futuro dei ragazzi anche per la transizione al mondo del lavoro. Anche in coloro che frequentano l’università questo incide – conclude – le distanze sociali non sono diminuite”. (ec)
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Fonte: dirittiglobali.it

  • Articolo pubblicato il 11 Aprile 2013