Diventa operativo il progetto nazionale “Ricomincio dal bio” che coinvolge sei strutture in Italia. L’obiettivo: “Migliorare la qualità della vita durante l’esecuzione della pena”.
Con l’arrivo della primavera, negli spazi di sei istituti penali italiani, diventano operativi gli orti sociali del progetto “Ricominciando dal bio”: un’opportunità per minori sottoposti a misure penali. Le sedi di svolgimento sono gli istituti penali minorili di Palermo, Airola (Bv), Roma (maschile e femminile), Pontremoli (Ms) e presso l’Usmm de L’Aquila.
All’interno degli spazi dell’istituto penale di Palermo l’orto sarà allestito su due aiuole di 80 metri quadrati ciascuna per un totale di 34 parcelle. Tra gli ortaggi comuni saranno coltivati lattuga, rucola, zucchine, specie rare di peperoncini piccanti e poi ancora alloro, origano, timo, lavanda, salvia e rosmarino. Il progetto nazionale, iniziato lo scorso settembre, ha la durata di un anno ed è realizzato dall’Aiab (Associazione italiana agricoltura biologica) in collaborazione con gli operatori dei Centri di giustizia minorile (Cgm), degli Istituti penali per i minorenni (Ipm) e dei Servizi Sociali. “Ricomincio dal Bio si pone l’obiettivo di trasmettere ai minori del circuito penale l’amore per la vita, la natura e il lavoro, attraverso la cura dell’orto e l’auto-produzione di alimenti. L’intento è di migliorare la qualità della vita durante l’esecuzione della pena. Attraverso il progetto, si impianteranno nuovi orti biologici e si integreranno quelli già esistenti negli istituti penitenziari per minorenni. Ciò permetterà di ampliare in modo duraturo le attività interne alle strutture detentive e le occasioni di lavoro per i minori. Il progetto avrà una continuità nel tempo: agli istituti resteranno gli orti, ai giovani la soddisfazione di raccogliere e consumare i frutti del proprio lavoro e la passione per la terra. I giovani verranno stimolati a consapevolizzare e riflettere sulla propria attività attraverso la redazione di un apposito diario in cui scrivere e disegnare il proprio punto di vista e le considerazioni sull’esperienza in corso. I sei orti saranno suddivisi in parcelle di 4 metri quadrati, collegate da sentieri di passaggio, in cui verranno realizzate coltivazioni biologiche di ortaggi ed erbe aromatiche mediterranee a ciclo primaverile-estivo e di alcune essenze officinali vivaci. “Credo molto in questo progetto – dice Angelo Meli direttore del Centro di Giustizia Minorile per la Sicilia e per la Calabria e la Basilicata. Ricordo tanti anni fa a Firenze un ergastolano che coltivava con interesse degli ortaggi negli interstizi degli edifici del carcere. A volte la natura è capace di trasmetterci il senso del vivere anche in un contesto difficile e amaro come quello detentivo. Riteniamo quindi che questi progetti siano tasselli importanti, inseriti in un quadro più ampio che è quello del recupero sociale, familiare e lavorativo dei ragazzi che ci vengono affidati. Per ognuno di loro individuiamo un programma personalizzato che prevede un percorso attraverso il quale riscattarsi dal passato per inserirsi coerentemente nella società. Dal un lato i giovani acquisiscono una preparazione del settore agro-biologico dall’altro acquisiscono la consapevolezza del valore del rispetto della natura. Il numero di minori coinvolti è variabile, lo decideremo in corso di svolgimento perché dipenderà anche dalla loro idoneità: è importante che questi minori siano già portatori di un percorso di maturazione idoneo per potere essere impegnati nel progetto”. “Abbiamo sperimentato l’efficacia dell’attività agricola ai fini della riabilitazione – sottolinea Anna Ciaperoni, responsabile del progetto – Aiab – degli adulti in stato di detenzione e adesso anche dei minori. Tra le testimonianze mi piace ricordare che un ergastolano un giorno ci raccontò che la sua passione nei confronti delle piante era tale che sarebbe riuscito a coltivare pure in mezzo ai gusci di noci. Mentre un educatore di Bologna ci ha raccontato come un piazzale cementificato di un istituto penale, trasformato in area verde, faceva identificare nei detenuti che vi hanno partecipato il loro processo di nascita e di crescita. C’era proprio questo specchiarsi. In questo senso l’agricoltura è una marcia in più rispetto ad altre attività. Ai minori, attratti spesso dai guadagni facili, l’agricoltura intesa come nel passato risulta poco appetibile mentre l’agricoltura biologica con le sue valenze sociali inizia ad attrarli”. “Il lavoro nei campi e con i viventi vegetali, mette la persona in contatto diretto con i cicli della vita – aggiunge Aldo Milea, coordinatore del progetto Aiab, consentendogli di sviluppare un più corretto rapporto col fluire del tempo e con il suo impiego ai fini del sostentamento. La capacità di procurarsi il cibo, in modo semplice e diretto, assecondando la natura attraverso il lavoro e il saper attendere, riveste una grande importanza per la crescita dell’autostima e per il maturare di un punto di vista corretto sul rapporto tra lavoro e sostentamento”.
Fonte: ristretti.org