Giovani e no: è possibile un equilibrio tra generazioni?

Giovani contro anziani, un problema molto italiano – ma non solo – su cui è stato detto e scritto di tutto, fatto molto poco. Ma al di là dei luoghi comuni e delle polemiche che spesso accompagnano il dibattito, quali sono queste diseguaglianze? E’ importante capirlo, perché ritrovare l’equilibrio e la coesione tra generazioni è una delle vie dirette per creare delle società solide e sostenibili, oltre che un aiuto per recuperare risorse e superare la fase nera della crisi economica.

Quali tutele per gli anziani italiani?

Cominciamo dal primo punto “spinoso”: le pensioni. Nel 2012 il sistema pensionistico italiano ha erogato 23,4 milioni di prestazioni, per un ammontare complessivo di oltre 270,5 miliardi di euro – corrispondenti ad un importo medio pari a 11.543 euro annui al lordo della tassazione Irpef (Inps, 2013). Di queste, la stragrande maggioranza è costituita da pensioni retributive, ovvero definite in base al livello degli ultimi stipendi percepiti durante l’attività lavorativa anziché dei contributi effettivamente versati e, quindi, tendenzialmente più alte. Circa 9,5 miliardi di euro sono stati invece spesi per i 535.752 “baby pensionati” a cui lo Stato ha concesso tra il 1973 e il 1992 di ritirarsi dopo soli 14 anni, 6 mesi e 1 giorno di contributi (per le donne sposate con figli), 20 anni per gli statali e 25 per i dipendenti degli enti locali. Se consideriamo che l’età media di un baby pensionato si aggira tra i 65,2 e i 69 anni, ci rendiamo conto di quanto questa eredità sia pesante: significa che buona parte di loro riceve una pensione – che si attesta sui 1.500 euro lordi mensili, più di uno stipendio medio – da minimo 20-26 anni e la percepirà indicativamente per altri 15, per un totale corrispondente almeno al triplo dei contributi versati. Aggiungiamo, infine, che tra questi 270 miliardi ci sono i 740 mila pensionati d’oro che incassano più di 3 mila euro al mese e avremo un’idea degli squilibri interni al sistema previdenziale italiano.
Passiamo ad un altro punto, la sanità. Il sistema sanitario nazionale, con differenze a livello regionale, prevede l’esenzione totale per tutti gli over 65 anni con reddito familiare complessivo inferiore a 36.151,98 euro. Indipendentemente dallo stato di bisogno quindi molte prestazioni sono offerte gratuitamente o a costi notevolmente ridotti, e se consideriamo che tendenzialmente la domanda di assistenza cresce con l’invecchiamento, i costi diventano ingenti.

Ma non solo. Negli anni i governi hanno cercato di tutelare la vecchiaia istituendo una serie di agevolazioni che avrebbero dovuto compensare la riduzione di reddito derivante dalla cessazione dell’attività lavorativa e garantire l’accesso a determinati servizi. Il Ministero dei beni culturali, ad esempio, stabilisce che l’ingresso in musei, monumenti, gallerie e aree archeologiche dello Stato è gratuito per tutti i cittadini di età superiore a 65 anni. Sono, inoltre, molto spesso previste riduzioni per cinema, attività ricreative e trasporti pubblici.

Infine, sono ancora validi molti di quei “diritti acquisiti” che enti, pubblici e non, hanno concesso in epoca di prosperità, ma che oggi in epoca di austerity sarebbe il caso di rivedere. Come la carta “CVI P”, che consente viaggi illimitati sul territorio nazionale agli ex dipendenti delle Società del Gruppo Ferrovie dello Stato che abbiano titolo a pensione, abbiano prestato servizio per almeno cinque anni in una società del Gruppo FS e svolto l’ultimo rapporto di lavoro nel Gruppo FS.

Le nuove generazioni tra debiti acquisiti e austerity

Veniamo ora alle condizioni della popolazione più giovane. Pensioni future? Secondo i dati Istat più di un terzo degli under 30 italiani – contro il 12% del dato medio – sono impiegati con contratti atipici (contratti di collaborazione occasionale o continuativa, partita IVA – vera o presunta -, stage, ecc.) che non richiedono alcun versamento di contributi previdenziali – come gli stage – o li prevedono ma ad aliquote inferiori rispetto ai lavoratori regolari. Nell’ultimo decennio, inoltre, è salito il numero di Italiani che hanno completato un ciclo di studi universitari, che ai fini pensionistici tuttavia non sono considerati. Gli anni di studio si possono, però, riscattare ed equiparare agli anni di lavoro. A cifre stellari. La somma da pagare è infatti proporzionata allo stipendio che si percepisce al momento della domanda o, in caso di disoccupazione, al salario convenzionale. Nella migliore delle ipotesi per un anno di corso, è richiesto un importo pari a €.4.926,90. Una cifra insostenibile per buona parte dei neolaureati italiani. Vogliamo un paese con più laureati ma non ne riconosciamo il valore.

Considerando poi che in un sistema di carriere flessibili tra un impiego e l’altro possono trascorrere anche mesi, e che circa il 40% dei giovani è disoccupato, è evidente quanto sarà difficile per questa generazione maturare una pensione dignitosa, con il rischio di avere, un domani, un problema di ordine sociale, quello di una consistente fascia di pensionati in povertà.

E’ infatti in atto un processo di impoverimento ai danni delle nuove generazioni dovuto anche a livelli salariali notevolmente bassi, tra le cui cause viene additato il cuneo fiscale, cioè la differenza tra quanto pagato dal datore di lavoro e quanto incassato effettivamente dal lavoratore. Il valore dello stipendio netto risulterebbe così contenuto anche perché “afflitto” da gravose trattenute necessarie a sostenere il suddetto generoso sistema pensionistico e il sistema fiscale nazionale finalizzato a finanziare, tra le altre cose, anche quei servizi sopracitati di cui, tuttavia, si può beneficiare solo in parte. Le prestazioni sanitarie, ad esempio, vengono pagate in base al reddito e non sono previste esenzioni se non per casi particolari come malati con patologie cliniche, invalidi o disoccupati con un reddito familiare annuo inferiore a 8.263,31 euro (incrementato a 11.362,05 euro in presenza del coniuge ed in ragione di ulteriori 516 euro per ogni figlio a carico) – cioè molto meno di quello richiesto per gli over 65, che è di 36.151,98 euro, più del quadruplo. Tempo libero? Musei e siti statali sono gratuiti per under 18 e, solo in certi casi, esistono riduzioni per studenti o under 25. La scelta è infatti demandata ai singoli esercizi. Trasporti? Anche in questo caso generalmente le riduzioni sono limitate a studenti o disoccupati.

In sostanza, esiste una fascia di popolazione che percependo uno stipendio, per quanto basso, si trova a dover affrontare imposte e tariffe di entità sostenuta per ricevere in cambio servizi spesso insufficienti a livello sia quantitativo che qualitativo.

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Fonte: secondowelfare.it

  • Articolo pubblicato il 19 Settembre 2013