Vèstiti d’arancia! Fibra naturale dagli scarti degli agrumi

Avete capito bene sì. Vèstiti d’arancia, che non significa in questo caso indossare abiti di colore arancione ma… abiti provenienti da agrumi di stagione!

L’idea è venuta ad Adriana Santanocito ed Enrica Arena che, negli spazi dell’iPoint del Polo Tecnologico roveretano di Trentino Sviluppo, hanno dato vita a un’invenzione innovativa che, ce lo auguriamo, potrebbe rappresentare una svolta nell’utilizzo delle fibre naturali per il settore tessile. Certo è che la loro proposta ha colpito nel segno, se pensiamo che è stata già selezionata tra le 10 migliori idee imprenditoriali sostenibili da sviluppare in vista di Expo 2015. Senza contare poi che, proprio recentemente, sono anche salite sul podio dei Macchianera Awards come migliore start-up italiana.

Vediamo più da vicino di cosa stiamo parlando: lo studio condotto ha lavorato alla creazione di una fibra naturale derivante da prodotti alimentari, precisamente di un tessuto, griffato Orange Fiber, ricavato dagli scarti di lavorazione degli agrumi. Un’intuizione che, partendo dallo spunto di dover redigere una tesi di laurea in “processi innovativi”, è approdata a un progetto originale che si basa su un dato: il 25% della produzione totale di arance viene buttato oppure nemmeno raccolto. Come si traduce per l’Italia questa percentuale? Più di 700 mila tonnellate di scarti industriali da lavorazione di agrumi che, guarda caso, producono una sostanza viscosa. Adeguatamente trattata essa può dare vita a un acetato che, abbinato alla seta, permette di creare un vero e proprio “tessuto all’arancia”. Una squadra, quella di Enrica e Adriana, che unisce talento e competenze tecniche, progettualità e coraggio imprenditoriale tutto al femminile, qualità che combinate assieme hanno permesso di presentare per la prima volta un filato morbido, flessibile, piacevole al tatto e adatto ad essere lavorato nelle modalità più varie, disponibile al momento nelle varianti raso tinta unita e pizzo, nei colori naturali, giallo e … arancio!

La filiera di lavorazione si muove al momento tra Spagna (per il trattamento) e Italia (per la tessitura) e nel frattempo le ricerche proseguono, concentrandosi soprattutto sulla resistenza del filato: certo è che, seppur ancora in fase sperimentale, la proposta promette di ottenere il successo che merita. Lo dimostrano i contatti già avvenuti con l’industria della moda, grazie anche a un brevetto già registrato sul mercato italiano e in attesa di registrazione su quello internazionale.

L’attività di impresa che hanno deciso di intraprendere ha sede legale in Sicilia (terra d’origine delle due ingegnere) ma si situa in Trentino, dove ha avuto modo di decollare non solo per un territorio aperto all’innovazione (solletica la possibilità di avviare uno studio simile anche sugli scarti di prodotti tipici locali quali uva e mele), ma anche grazie al sostegno di Seed Money-FESR (fondo utilizzabile a parziale copertura dei costi di avviamento di iniziative imprenditoriali) nonché all’accompagnamento garantito da Trentino Sviluppo.

Un trend in crescita quello delle fibre naturali, che si affianca a tutta una serie di esperienze nate per potenziare la riduzione dell’impronta ecologica che produciamo anche come consumatori di abiti e prodotti tessili. Dalla responsabilità sociale delle imprese che valorizzano la tutela ambientale e combattono l’obsolescenza precoce dei prodotti, garantendo al tempo stesso la tracciabilità dei materiali utilizzati e la trasparenza delle proprie politiche aziendali, alle iniziative di empowerment femminile che coinvolgono stiliste di alta moda e comunità rurali, dalle scelte vegan cruelty freenella produzione di scarpe e accessori quali borse e cinture all’utilizzo delle passerelle come luogo dove accendere i riflettori su questioni di importanza globale a livello politico, ambientale e sociale, non possiamo negare che anche la moda riveste – e deve continuare a giocare – un ruolo imprescindibile nella riduzione delle disuguaglianze e delle disparità e nella presa incarico delle proprie responsabilità.

Fonte: unimondo.org

  • Articolo pubblicato il 12 Dicembre 2014