Lampedusa, dopo la strage: Bossi-Fini, polemiche e le proposte della cooperazione sociale

Il day after della strage di Lampedusa ha aperto dibattiti, polemiche e una richiesta condivisa: rivedere la legislazione sull’immigrazione. La presidente della Camera Laura Boldrini ha detto che “nulla sarà più come prima”. Dalla cooperazione sociale è arrivata, a ogni livello, la richiesta di ragionare su nuove politiche di accoglienza e inclusione di fronte a un mondo in cambiamento: le nuove rotte delle migrazioni parlano di paesi in guerra come la Siria. Giovanardi chiede di ritornare alla legge Turco-Napolitano rivedendo la funzione dei Cie. Intanto il Paese fa i conti con la memoria corta e una componente razzista dentro la società.
La strage del 3 ottobre può rappresentare il punto di non ritorno: “nulla sarà come prima”, ha dichiarato sull’isola la presidente della Camera Laura Boldrini. Proprio un nuovo modo di pensare le politiche di accoglienza è la proposta che arriva dal mondo della cooperazione sociale. Lo ha detto la presidente nazionale di Legacoopsociali Paola Menetti: “le istituzioni, italiane ed europee, la politica, i soggetti sociali ed economici insieme affrontino finalmente il fenomeno dell’immigrazione non come eterna emergenza da cui difendersi, ma come realtà complessa e sofferente di un cambiamento del mondo che coinvolge tutti noi”.

La cooperazione sociale

Un pensiero condiviso da chi opera nelle cooperative sociali e punta il dito contro l’attuale legislazione. Lo ha scritto Andrea Morniroli della coop sociale Dedalus: “perché i tanti politici che ieri si sono pronunciati permettono che nell’ordinamento giuridico di questo Paese compaia ancora la vergogna del reato di clandestinità che, degno delle legge razziali, punisce e reclude non chi commette un reato ma chi si trova a vivere una particolare condizione umana, economica e sociale. Perché, quei politici, non fanno nulla di fronte al fatto che oramai da qualche anno gli unici fondi dedicati all’immigrazione siano quelli finalizzati al contenimento (Cie e dintorni) mentre il fondo per l’inclusione e accoglienza corrisponde a zero. Perché non si sono opposti alle modalità con cui è stata trattata dal Governo l’emergenza Nord-Africa in cui si sono spesi milioni di euro per tenere persone parcheggiate in strutture spesso non idonee, senza nessun progetto e intervento, aprendo così percorsi di abbandono, conflitto  e devianza. Allora perché la poltica non riesce a mettere mano alla normativa sulla cittadinanza o ad una nuova legge sull’asilo”. E ancora lo ha ribadito la coop sociale Agorà Kroton di Crotone: “da questa terra, che vive l’accoglienza in maniera importante, esca una proposta nuova, elaborata assieme agli attori del Terzo Settore che si occupano di politiche migratorie, su possibili modelli di accoglienza alternativi ed efficaci che possano garantire percorsi veloci ed efficaci ai loro bisogni permettendogli di potersi muovere liberamente nel territorio europeo”. Anche la cooperazione sociale emiliana ripete lo stesso concetto: “Sono necessarie da subito una revisione drastica della legislazione in materia di immigrazione, e nuove politiche di accoglienza a livello europeo che non permettano più tragedie umanitarie come quella di Lampedusa. Anche l’Europa deve fare la sua parte, ispirandosi a quei principi di solidarietà che le popolazioni italiane, e quelle siciliane in particolare, stanno dimostrando”. A sugello di questa voce che si è levata dal mondo delle coop sociali è arrivata la memoria che Giancarlo Rafele, cooperatore sociale calabrese, ha rispolverato ricordando “la tragedia di Capo Palos a Cartagena del 1906 dove morirano decine di emigranti italiani”.

Bossi-Fini e dintorni

Chi vuole cancellarla e chi no. Chi ne reputa la causa di questi disastri e chi un mezzo per continuare a difendere le nostre coste. Una cosa è certa: alcuni pescherecci, come avvenuto il 3, disobbediscono le leggi del mare per evitare guai nel soccorrere i naufraghi e i sopravvisuti vivono anche la beffa di essere indagati per reato di clandestinità. Nel Pdl si è levata la voce del senatore Carlo Giovanardi che vuole tornare alla Turco-Napolitano, riformando i Cie. Il Pd vuole cancellarla: – “La legge Bossi-Fini non è riformabile e le normative sull’immigrazione vanno superate. Serve, inoltre, una legge organica sul diritto all’asilo. È assurdo che le persone scampate alla strage di Lampedusa, per effetto della Bossi-Fini, siano incriminate per il reato di immigrazione clandestina e i civili che hanno prestato soccorso, rischino di esserlo per favoreggiamento”. È quanto dicono in una nota congiunta Danilo Leva e Marco Pacciotti, responsabili Giustizia e Immigrazione del partito. Eppure nel Pdl frenano, a iniziare dal vicepremier Angelino Alfano. In mezzo ci sono gli insulti costanti della Lega al ministro Cecile Kyenge e un pezzo del nostro Paese che si rende protagonista di atti razzisti. Ieri le curve di Torino (Juventus) e Roma (Lazio) hanno cantato l’inno nazionale durante il minuto di silenzio, mentre sui social network non si contano frasi e commenti xenofobi dopo la strage.

Le nuove rotte siriane

“Le reti libiche ed egiziane del contrabbando sono tornate al lavoro, grazie soprattutto alla forte richiesta di mobilità dei profughi siriani in fuga dalla guerra e diretti in Europa. Lo dicono i numeri. Dall’inizio dell’anno al 30 settembre 2013, secondo le Nazioni Unite, sono giunte via mare in Italia 30.100 persone, di cui 3.000 somali, 7.500 eritrei (fin qui niente di nuovo) e – soprattutto – 7.500 siriani. È questo il principale elemento di novità. È il disastro siriano il principale volano delle nuove rotte del contrabbando verso l’Europa”. Così racconta il giornalista Gabriele Del Grande su Redattore sociale. Del Grande, esperto di migrazioni e animatore di Fortress Europe, aggiunge: “Secondo le Nazioni Unite, la guerra in Siria ha causato 4 milioni di sfollati interni e 2 milioni di rifugiati. I rifugiati vivono tutti nei campi profughi allestiti nei paesi confinanti con la Siria: in Libano, Turchia, Iraq, Giordania ed Egitto. Ma la guerra va avanti da ormai tre anni e una parte di essi ha deciso di tentare di raggiungere l’Europa per chiedere asilo politico. Finora sono una percentuale sparuta: 7.500 su oltre 6milioni, sì e no lo 0,1%. Per loro, come per eritrei e somali, il mare è l’unica via d’uscita. E in alcuni casi l’unica via di salvezza. Alle spalle si lasciano la guerra, ma nelle ambasciate europee i loro passaporti sono carta straccia. Così non resta che affidarsi alle uniche reti del contrabbando capaci di far viaggiare migliaia di persone verso le coste europee anche senza passaporto”.

Europa, governo italiano e tutte le organizzazioni sociali devono rispondere a un fenomeno di portata storica. In caso contrario, ci sarà poco da fare: come i migranti italiani dell’ 800 e del ‘900 continueranno ad arrivare e sono disposti a morire, e fermare la voglia di libertà o di pace di queste persone è solo un’illusione. (Giuseppe Manzo)

Fonte: nelpaese.it

  • Articolo pubblicato il 31 Ottobre 2013