“Stereotipi, rinunce e discriminazioni di genere”. A parole progressisti, a casa sessisti. Dossier Istat sugli stereotipi di genere

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La maggioranza schiacciante degli italiani (77,5%) è convinta che non debba toccare all’uomo prendere le decisioni più importanti della famiglia, e sempre una percentuale altissima (80%) è sicura che gli uomini non sono affatto dirigenti o leader politici migliori delle donne.

Allo stesso tempo, nonostante per quattro cittadini su dieci le donne subiscano evidenti discriminazioni di genere, un italiano su due ritiene che gli uomini siano meno adatti ad occuparsi delle faccende di casa e la metà della popolazione in fondo trova giusto che in tempo di crisi i datori di lavoro debbano dare la precedenza ai maschi. Non solo: nelle coppie – anche in quelle che litigano per decidere chi carica la lavatrice e porta il bambino dal dottore – sia le donne che gli uomini arrivano alla conclusione che il carico di lavoro casalingo sia equo.

È il ritratto di una nazione ancora intrappolata negli stereotipi di genere quello presentato dal dipartimento Pari Opportunità della presidenza del Consiglio dei ministri e dall’Istat che ha curato lo studio “Stereotipi, rinunce e discriminazioni di genere“. “Sebbene una parte cospicua della popolazione sembra aver lasciato perdere la convinzione che gli uomini debbano prendersi maggiori responsabilità delle donne, continua a esistere uno zoccolo duro che resiste al cambiamento”, commenta la curatrice dello studio Linda Laura Sabbadini, capo dipartimento dell’Istat.

Gli stereotipi contro le donne – più diffusi al Sud, negli anziani e nei ceti sociali meno istruiti – sono maggiormente cari agli uomini: il 60,3% è convinto che una madre lavoratrice non possa stabilire un buon rapporto con i figli come una madre che non lavora. E, in generale, quattro uomini su dieci stima che non esista alcuna discriminazione di genere nei confronti delle donne.

Sorprendentemente sono anche le donne a nutrire gli stereotipi su sè stesse oppure a negarli: se per la maggioranza degli italiani (57,7%) gli uomini godono di una situazione migliore, il 50,6% delle italiane pensa che le donne in Italia non patiscano alcuna discriminazione. Gli svantaggi riconosciuti sono legati al lavoro: le donne sono maggiormente svantaggiate nel trovare una professione adeguata al titolo di studio, nel guadagnare quanto i colleghi maschi, nel fare carriera e conservare il posto di lavoro. Ecco perché moltissime donne (il 44,1% contro il 19,9% degli uomini) ammettono di avere fatto rinunce in ambito lavorativo perché hanno dovuto occuparsi della famiglia e dei figli.

“La politica non può intervenire proponendo una misura legislativa per cambiare l’immaginario degli italiani”, afferma Maria Cecilia Guerra, viceministra al Welfare con delega alle Pari Opportunità. Meglio “fare in modo che la società si faccia carico dei soggetti deboli come i bambini, gli anziani, i disabili” liberando le donne da quel tradizionale compito di cura.

Non esiste invece alcuna differenza di genere nelle discriminazioni che gli italiani (25%) dicono di avere subito, specialmente a scuola e nel lavoro, e legate secondo gli intervistati alla condizione sociale originaria e alla provenienza territoriale (Sud). Una scarsissima mobilità sociale che secondo Lucia Annunziata “è accentuata dalla crisi economica e racconta la rabbia delle persone che sentono di essere escluse dalla possibilità di riscatto”, un senso di impotenza specialmente avvertito nelle regioni del Meridione “che sta anche alla base del grillismo”. Quanto alle donne, la direttrice dell’Huffington Post sente che “ancora faticano a proporsi con sicurezza nel campo delle professioni poiché si sentono in difetto e invece dovrebbero pensare che il lavoro non ha genere”.

È ancora la parte economicamente più debole del Paese a colpire la curatrice Sabbadini: “nonostante la condizione delle donne nel Sud sia peggiore dal punto di vista lavorativo e sociale, la percezione degli stereotipi e delle discriminazioni subite sia molto meno evidente”. Il segno che “la presa di coscienza degli stereotipi è ancora lenta nelle regioni meridionali”. In definitiva, conclude, servirebbe “un barometro delle opinioni” curato dall’Istituto di Statistica per misurare le idee e le percezioni degli italiani sui fenomeni sociali politici. Uno strumento che darebbe il polso del Paese sulle questioni fondamentali.

Fonte: huffingtonpost.it

  • Articolo pubblicato il 11 Dicembre 2013